[88] m'inginocchierei per te

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Il telefono di Simone aveva trillato per tutta la durata dell'allenamento, che non era stata delle più brevi. Il suo pensiero, però, non era corso subito a conclusioni affrettate, ma leggere che Mirko fosse andato a casa sua e avesse chiesto di lui gli aveva fatto dubitare che fosse effettivamente al sicuro, soprattutto dopo le cose sul suo conto che aveva appreso da Luna.

Quando Simone uscì dallo spogliatoio, con un quarto d'ora di ritardo rispetto ai suoi soliti allenamenti da due ore e mezza, non si stupì di essere rimasto l'unico nello spiazzo dove parcheggiava la vespa. Si sorprese però di trovare di fianco alla sua due ruote bianca un'altra moto, rossa, con appoggiato il proprietario. Mirko era andato a prenderlo, perché suo padre non riusciva a non stare in silenzio per più di due minuti quando si trattava di lui, e non riusciva a non spiattellare a chiunque i propri fatti privati.

"Che ci fai qui?" chiese Simone, sistemandosi il borsone in spalla e tirando fuori il telefono, intenzionato a chiamare subito Manuel, per dirgli di sbrigarsi, per dirgli che gli andava bene che andasse a prenderlo e che non vedeva l'ora che arrivasse.

"Perché non mi rispondi al telefono? Che t'ho fatto?"

"Ma niente, che m'hai fatto. Sono stato impegnato, come vedi oggi gli allenamenti sono finiti tardi, stanno finendo così tardi da un po' di giorni. Non ti ho ignorato di proposito."
"Non ti credo. Non mi hai risposto ai messaggi, alle chiamate, mi hai pure tolto il follow su twitter e instagram. Che t'ho fatto? Te lo richiedo, magari me rispondi. Rispondimi."

"Mirko basta, fammi andare a casa che già sto in ritardo."

"Tuo padre capirà che t'ho fatto ragionare e che sei uscito con me, dai. Chiariamo questa cosa, che sicuramente ho capito male e nun hai fatto niente perché nun me volevi vedere più," disse Mirko con un sorriso seccato sul volto, avvicinandosi a Simone e iniziando a strattonarlo dalla manica sinistra della sua giacca blu.

Intanto, Simone riuscì a scorgere il faro di un'altra moto che si avvicinava, riconoscendo subito il rombo del motore di Manuel, che non fece nemmeno in tempo a scendere dalla sella e togliersi il casco che già stava marciando verso Mirko, con i capelli spettinati e le mani intente ad alzarsi le maniche del giacchetto.

"Che cazzo fai, eh? Grandissimo coglione," cominciò ad inveire Manuel, tirando via Simone dalla stretta di Mirko e spingendoselo alle spalle. "Che cazzo de diritto c'hai de venì qua? Dimmelo dai, che s'è buono nun te do un pugno. Uno solo però, gli altri venti te li prendi tutti."

"Ma che vuoi fa'? Te mancano i giorni in cui te menavo? Potevi venire a chiedermelo che lo faccio sempre co piacere per te," rispose Mirko, andando incontro a Manuel e mettendogli le mani addosso.

"Manuel, lascia st-"

"No Simo', non lascio sta' un cazzo. Sto coglione se permette de venì a casa tua e mettese a urlà per tutto il giardino e poi te viene pure  a cercare, nun me pare na persona che sta bene ma me pare invece qualcuno che deve imparà come ce se comporta con gli altri."
"E sei tu che me lo vuoi insegnare? Ma te senti quando parli? Nun sei bono con le parole, te l'ho detto pure quando leggevi le cose tue in classe. Nun fa per te cercà de parlà agli altri."
"Dai, continua a sparà merda su de me, tanto nun me fai niente. Nun me scalfisci proprio, lo capisci che vuol dire o è troppo aulico come termine per te?"

"Simone, di' all'amico tuo che bella poesia t'ho scritto per quel sogno che avevo fatto su di te. Tanto lo so che l'hai vista."

"Ma che stai dicendo?" chiese Simone, sbiancato in volto. Lui sapeva per certo che Mirko non poteva essere versidispersi, che non aveva né le capacità, né la voglia di fare quello che qualcun altro riusciva a fare benissimo: entrare dentro di lui e riscrivergli la vita con parole più dolci.

versi dispersi (socmed simuel)Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang