Paradiso E Autoreggenti

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Avete mai avuto la sensazione di essere nati nel posto sbagliato o addirittura in un'epoca che non vi appartiene?

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Avete mai avuto la sensazione di essere nati nel posto sbagliato o addirittura in un'epoca che non vi appartiene?

Quella sensazione di essere nel posto sbagliato e di vivere una vita che non vi soddisfa. Ebbene, se la risposta è sì, la sensazione che vi attanaglia si chiama Eramnsia. Così l'aveva definita la cara psicologa in uno dei nostri incontri dopo l'accoltellamento da parte del nostro eroe.

Era come se mi volessi dissociare da quel mondo in cui vivevo, spingendomi oltre quello che poteva essere una vita relativamente tranquilla in un mondo non consono ai miei gusti. Certamente, non ero stato io a volere il coltello piantato nell'addome, come non volevo un fratellastro dalle magnifiche qualità. Di certo, il romanticone di mio padre e la sua idea sull'amore, avevano fatto storcere più di un naso, iniziando da quello rifatto della sua prima moglie. Lei, di una bellezza glaciale, non aveva tollerato quel mio arrivo improvviso come le nozze subito dopo. Il mandrillone innamorato, del tutto soggiogato dalle grazie di mia madre e dalla sua bocca famelica, non aveva esitato a chiedere il divorzio. Sposò mia madre incinta di otto mesi, davanti a tutta Parigi e al naso rifatto di Sofia. Ed è qui che entra in gioco la domanda che tutti si sono fatti in questi anni dal valore di un milione di dollari o di euro, se vi piace più la valuta europea.

Perché cazzo si era risposato?

I più cinici arrivarono alla conclusione che mia madre gli avesse succhiato il cazzo così bene, fa fargli il lavaggio del cervello. I più ottimisti invece, avevano azzardato l'ipotesi che mio padre si sentisse veramente legato a quella donna dagli occhi nocciola e dalle tette enormi. Ma la verità era solo una, signori miei: Lui si era fottutamente innamorato di lei. Ovviamente, voleva anche darmi il cognome ed essere un vero LaCroix, ci mancherebbe, ma la rondella che aveva fatto girare l'ingranaggio del cervello di mio padre era stato l'amore. L'amore con la A maiuscola, quella con gli uccellini che cinguettano insieme al tuo di uccello e ti fanno credere che il cuore abbia quell'aspetto a forma di culo al contrario e non di pugno nello stomaco. In tutto questo "meraviglioso" amore e disagio, io avevo trovato un po 'di pace e tranquillità solo nella musica e nella lettura. Era come se mi chiudessi nel mio mondo e lasciassi fuori tutti problemi. Come una camera insonorizzata dove riusciva a passare solo la musica. Era in quel mondo che avevo scoperto Ernest Hemingway e Oscar Wilde tra le note di Chopin e Mozart. Era in quel mondo che avevo scoperto la bellezza della scrittura e della musica e ne avevo fatto tesoro. Un tesoro inestimabile che avevo fatto mio e volevo difendere a tutti costi. Non avevo la presunzione di sembrare il nuovo Dante Alighieri, ma avevo intenzione di riscattare tutti i miei debiti verso la vita e verso quella famiglia che non aveva mai capito un cazzo di me. Proprio come quelle due signorine che stazionavano a ridosso del mio cazzo in quel letto King dalle lenzuola pregiate. Non sapevano nulla di me, eppure si erano convinte a seguirmi in quel hotel di lusso dove avevano fatto di tutto per compiacermi. Due amiche, due donne mature, due facili prede. Due amanti senza pudore e senza legame di nessun genere, pronte a godere con quello sconosciuto senza scappare dopo piangendo. Due voraci bocche pronte a saziare la loro sete e fare di me l'uomo predestinato. Un aspetto della mia vita che non mi faceva rimpiangere quel mondo di lustrini in cui vivevo, ma che rendeva tutto più sopportabile. L'unica pecca di tutta la serata, era stata la signorina Santamaria e i suoi denti sul mio labbro inferiore. Sorrisi sgomento guardando il soffitto bianco della suite principesca, toccandomi il labbro ancora gonfio e dolente. Nessuna mai aveva osato tanto, e la cosa mi sconvolse più della tenuta del mio uccello per tutta la serata con le signore. In quel momento di vicinanza era riuscita a farmi abbassare la guardia e alzare il cazzo. Era riuscita nell'intento di infilarmi la lingua in bocca e io come un coglione avevo acconsentito. Di certo, non si poteva dire che la signorina non sapesse il fatto suo. La sua lingua era spietata. Avanzava dentro la mia bocca senza timore e senza freni. Aveva il gusto della ciliegia, il calore di un caminetto acceso e la sua pelle profumava di vaniglia. L'avrei mangiata volentieri se non fosse che mi aveva sbranato lei per prima. Aveva affondato quei cazzo di denti proprio sul più bello. Mi aveva messo fuori gioco con una mossa sleale innescando in me una voglia assurda di fargliela pagare a modo mio. In quel modo che tanto mi piaceva e mi faceva apprezzare i tavoli da salotto in legno massello.

Otto Secondi Where stories live. Discover now