Foulard Rosa E Capelli Dorati

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Nella società contemporanea, caratterizzata dalla globalizzazione e dell'incertezza del futuro, si fa spazio timidamente l'arte e tutto quello che la rende unica nel suo genere

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Nella società contemporanea, caratterizzata dalla globalizzazione e dell'incertezza del futuro, si fa spazio timidamente l'arte e tutto quello che la rende unica nel suo genere. Nel corso dei secoli, grandi menti eccelse, si sono presentate al nostro cospetto senza chiedere niente in cambio se non la nostra predisposizione verso il nuovo e l'accettazione di esso. L'arte, fonte di inesauribile di creatività e di espressione di sé, ci insegna che tutto può esserlo. Nella sua trasposizione più sublime non può certo mancare la bellezza femminile. Una bellezza che incarna l'ingenuità e l'audacia ma anche intelligenza e intraprendenza nonché la prosperità. Tutte qualità che ricercavo anch'io in una donna. Doveva essere come un'opera d'arte. Bella, ingannevole, intelligente, perspicace e devota. Una devozione da salmo ma senza chiesa annessa. Non volevo vivere per sempre ed espiare i miei peccati, ma soprattutto, reprimere la mia voglia di godere di quello che la vita mi aveva donato dopo aver strappato la mia anima in mille pezzi. Nessuno vuole recriminare sulle scelte di mio padre e le bassezze delle sue azioni, ma non era stato facile essere stati abbandonati in un giorno di Maggio. L'avere perso quel padre che tanto amavo e che tanto venerava mia madre, fu un macigno su entrambi. Un macigno appesantito ulteriormente dalla nascita di quel bambino che mi avrebbe tolto il sonno la notte nonché portato ad un servilismo muto. Un atteggiamento di sottomissione che mirava a ricevere in qualche modo, quella forma di amore e approvazione umiliante, ma utile alla mia sopravvivenza.

Sopravvivere a quel nuovo dominio e ai suoi seguaci.
Sopravvivere alla mancanza di un padre.
Sopravvivere sapendo di essere messo da parte in un mondo che sembrava post-apocalittico.

In tutto questo, era interessante notare come quel bambino, con il sangue uguale al mio ma gli occhi color ambra, avesse cercato, con la sua ingenuità, di scalfire il mio cuore algido. Non aveva paura di mostrarsi e sottolineare la sua presenza scomoda tra le stanze e i miei giochi divenuti suoi come per incanto. Aveva quel sorriso sornione e gli occhi vispi come la madre, ma possedeva anche l'impulsività dei LaCroix e la loro arroganza. Non so quanti siano quelli che sopravviverebbero in questa situazione angusta, ma considerando anche la mia età anagrafica e l'incapacità di elaborare qualcosa di buono verso quel fratello usurpatore, mi dedicai a quello che sapevo fare meglio tra conflitto, intenso lavoro e servilismo: suonare il piano. Suonare il piano mi rilassava più di una preghiera misericordiosa recitata ai piedi del letto. Ogni punto di partenza delineato da quei tasti era una sorprendente distinzione tra realtà e illusione che inevitabilmente si mischiano tra loro creando un fallace mondo distorto ma dalla quale ne avevo giovamento. La Valse d'Amélie risuonava nelle mie orecchie come per tutta la stanza dandomi quel pizzico di tranquillità interiore. Mi persi tra quelle note vellutate immaginando il suo volto di porcellana e gli occhi acquamarina. Una bellezza eterna, irreale, quasi irraggiungibile per un comune mortale, ma da cui ne e scaturiva la bramosia e l'inganno dei sensi.

Come poteva aver toccato la mia carne senza neanche averla sfiorata?

Non mi davo pace. Non concepivo quel invaghito sentimento in quei pochissimi secondi passati in sua compagnia, e inoltre, non capivo per quale ragione avevo saziato i miei impulsi più reconditi in così poco tempo e senza ponderare le attenuanti.

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Otto Secondi Where stories live. Discover now