Capitolo VI

245 26 9
                                    

L’aveva chiusa in fretta la porta di casa, Manuel.

Con la stessa fretta con la quale aveva salito le scale senza neanche attendere – forse per la prima volta da quando abitava lì – l’arrivo dell’ascensore.

Doveva correre.
Doveva sbrigarsi.
Doveva chiudersi quella porta alle spalle prima che dentro casa entrassero anche i suoi desideri.
Doveva chiudersi quella porta alle spalle prima che le gambe – oltre che la mente – gli suggerissero di scendere di nuovo giù e correre a baciare ancora Simone.

«Ho fatto ‘n casino, Cremi’! – disse, non appena entrò dentro casa, con la voce affannata di chi aveva salito più piani di scale a piedi, al suo fedele amico a quattro zampe – Ho fatto ‘n casino. L’ho baciato! Capisci? L’ho baciato. Cioè, no. Lui ha baciato me, ma io me so’ fatto bacia’. ‘N c’ho capito più niente, ‘n so’ riuscito a scansamme. ‘N me so’ voluto scansa’»

Ché era la prima volta che Manuel provava un’emozione così autentica, reale.

Quel bacio non era stato uno di quei suoi soliti sogni ad occhi aperti in cui si vedeva sposato con prole al seguito.

Quel bacio era stato, sì, un sogno, ma di quelli piacevoli che, puntualmente, vengono interrotti dal suono della sveglia.

E in quel caso, non era stata la sveglia ad interromperlo, bensì quel briciolo di buon senso che gli era rimasto.

«Scusa…io…io ‘n posso, Simò. Perdoname»
«No, scusami tu. Non so cosa mi sia preso, non…insomma, tu sei il fidanzato di Jacopo, io non mi sarei dovuto permettere e-»
«N’è successo niente, okay? – cercò di rassicurarlo, Manuel – Anzi, io…so’ arrivato a casa. Grazie p’avemme accompagnato»
«Grazie a te per la compagnia – rispose Simone, imbarazzato – è stato un piacere»
«Pure pe’ me. Ah, questo è tuo – esclamò Manuel, restituendo la giacca a Simone – Grazie»

E poi si erano sorrisi prima di voltarsi uno nella direzione opposta dell’altro.

E da quel momento, da quel sorriso, un vortice di dubbi e domande aveva preso possesso della mente di Manuel impedendogli di ragionare lucidamente.

La prima domanda che si era posto, tra l’androne del palazzo e i primi cinque scalini, era e mo’ come me devo comporta' co' Simone?

Ché un bacio dato con quell’intensità, con quella passione, mica era cosa da niente.

Ma c'era sempre quella bugia, quella stupida, maledetta bugia, che lo teneva legato mani e piedi, ancorato a quella storia che aveva – e che si era – raccontato.

Tra la seconda e la terza rampa di scale, poi, si era soffermato a pensare proprio a ciò.

Dire o non dire la verità?

In entrambi i casi, avrebbe perso tutto.

Ché anche se lui avesse scelto di tacere, un giorno Jacopo si sarebbe svegliato e ci avrebbe pensato lui a far crollare tutto.

Avrebbe perso la famiglia che lo aveva accolto e che, dopo anni, gli aveva impedito di sentirsi ancora solo.
Avrebbe perso Jacopo che, nonostante non lo conoscesse così a fondo come aveva millantato, anche solo tramite i racconti della famiglia Balestra, aveva iniziato a sentirsi legato a lui e non più solo come avveniva nei suoi sogni.

Ma, soprattutto, avrebbe perso Simone.

Simone, il quale aveva fatto di tutto per metterlo in difficoltà e demolire la sua rete di menzogne, non lo avrebbe mai perdonato.

E quel pensiero se lo portò fin dentro casa.

Rimase incastrato tra mente e cuore senza alcuna possibilità che riuscisse ad uscire di lì.

Un amore tutto suoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora