15 - Khvicha

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«Ok questo è un cinema» mi dice quando le tolgo la benda e poi mi guarda perplessa. Ovviamente non capisce perché tutto questo teatrino per un semplice cinema. «Guardiamo un film?» chiede poi. 
«No» la fermo subito e mi avvicino al suo viso. «Guardiamo il film» specifico e lei fa un sorrisetto divertito.
«Ok... cioè?»
«Questo non è un cinema normale, ho girato tutta Napoli e provincia per trovarlo.»
«Cosa dobbiamo guardare, Khvicha?» è quasi spaventata dalle mie idee e io sono sempre più eccitato per ciò che sta per vivere.
«Il Re Leone.»

Mi fissa battendo le palpebre più volte senza dire nulla per poi scoppiare a ridere.

«Il Re Leone? Sei serio?» 
«Sì» annuisco deciso.
«Tutto questo casino per Il Re Leone?»
«Mi stai prendendo in giro? Il Re Leone è il film più importante della mia vita! Mi ha insegnato praticamente tutto.»
«No, assolutamente no. Lo capisco, so che è un bel film...»
«Il più bello che abbiano mai fatto. Non l'hai mai visto?»
«No. Da piccola in orfanotrofio non avevamo le videocassette e da grande poi non l'ho mai visto.»
La ascolto e sorrido alla fine, sono felice di poter essere con lei alla sua prima visione di questo capolavoro.
«Oggi lo vedrai.»
«Va benissimo, sono pronta.»
«Anche io. Finalmente un'ora e mezza senza sentire la tua voce fastidiosa» dico facendo urtare il mio gomito al suo braccio. Lei fa un'espressione sbalordita e mi tira uno schiaffetto sulla spalla.
«Scemo guarda che posso anche tornarmene al convitto eh...»
«No devi guardare il Re Leone e piangere come abbiamo fatto tutti noi. Ti tocca.»
«Non piangerò.»
«Invece sì» la sfido e lei assottiglia gli occhi per poi alzare le spalle. 
«Vedremo.»

Ci mettiamo seduti al centro del piccolo auditorium in provincia di Napoli, che ho trovato dopo giorni e notti di ricerche, e dopo pochi secondi calano le luci. Siamo letteralmente da soli e a farci compagnia ci sono solo i nostri popcorn e un addetto alla sala. In pochi minuti il film parte e io lo guardo come se non l'avessi già visto cento volte prima. Lei lo guarda attenta, segue ogni scena, ogni tanto mangia un popcorn e mi dice qualcosa all'orecchio. Poi arriva la scena in cui Scar fa cadere Mufasa giù dal dirupo uccidendolo e i miei occhi sono puntati su di lei che guarda la scena impassibile e immobile. La guarda tutta, fino all'ultimo istante e poi una lacrima le riga una guancia. Una sola lacrima, solo una. La asciuga in fretta e furia con un dito e fa finta di nulla.

«Ho vinto io» dico soddisfatto e lei mi guarda male incrociando le braccia sotto al seno.
«Il tuo scopo era farmi piangere?»
«Farti commuovere più che farti piangere.»
«Missione compiuta» mi dice e poi mi fa segno di fare silenzio perché deve continuare a guardare il film. Un'oretta dopo il film finisce ed usciamo dalla sala.
«Ti è piaciuto?» le chiedo subito.
«Molto. Mi sento un po' scombussolata ora...» sospira, si vede che il film l'ha colpita davvero, come è successo a chiunque lo vede per la prima volta.
«È finito bene però, no?»
«Sì, ma Mufasa non c'è più e Simba non avrà mai più un papà.»
«È vero ma ha tanti altri amici che gli vogliono bene.»
«Mhmh» annuisce e la vedo ancora un po' triste, e infatti quando siamo in auto si appoggia con la testa sulla mia spalla e chiude gli occhi. 
«Va tutto bene?»
«Andiamo da te? Voglio rilassarmi un po' prima di tornare in convitto» mi chiede e anche se non era programmato e non me lo aspettavo accetto subito.
«Certo, andiamo» metto in moto e guido per un quarto d'ora abbondante con lei che resta sempre con la testa sulla mia spalla e poi finalmente arriviamo da me. 
Salutiamo il portiere e saliamo all'ultimo piano con l'ascensore.

«Benvenuta» apro la porta di casa mia e le faccio segno di entrare prima di me. Lei fa due passi dentro e mi sorride. Le faccio fare un giro veloce dell'appartamento e ci soffermiamo sulla camera degli ospiti dove ci sono tutte le sue cose.
«Hai sistemato proprio bene» mi dice vedendo tutte le sue cosa appese nell'armadio e le maglie coi pantaloni nei cassetti.
«Sono una persona molto ordinata» rispondo. 
Restiamo lì ancora qualche minuto poi mi dice di volersi sdraiare un po' sul divano. 
«Prima tu e poi io» mi dice e io annuisco. Vuole davvero sdraiarsi con me sul divano? Wow.
Mi sdraio e lei si mette accanto a me. Ci sfioriamo solamente, non si appoggia al mio petto e non intreccia le sue gambe con le mie ma a me questa cosa piace da morire lo stesso.
«Sicura che va tutto bene? Mi dispiace se il cartone ti può far stare male, non era mia intenzione.»
«Ma no, tranquillo» mi passa una mano sul petto che poi ritrae subito. «Sono solo stanca e ora quando torno lì mi aspetta un'altra mezza giornata di studio, preghiere, socialità e cose varie che non avrei nessuna voglia di affrontare» spiega e chiude gli occhi.
«Ok, allora adesso pensa solo a rilassarti, al convitto ci pensi dopo» le dico e lei annuisce. Si avvicina leggermente a me e io, quasi senza farlo apposta, inizio ad accarezzarle i capelli, cosa che la fa rilassare subito. E ha lo stesso effetto anche su di me.

Me ne resterei così per tutta la serata, lo giuro. I suoi capelli ricci e morbidi mi passano tra le dita come se fossero fatti di seta, e il loro profumo mi fa sentire come se fossi in un giardino stracolmo di fiori. 

«Secondo te li devo tagliare un po'?» mi chiede dopo un po', non mi ero nemmeno accorto che si era svegliata.
«No, sono bellissimi così.»
«Ti piacciono così tanto? Oggi le ragazze hanno quasi sempre i capelli liscissimi e io le ho sempre invidiate...»
«Tu sei diversa anche in questo, i tuoi capelli sono bellissimi e il fatto che non sono come quelli della maggioranza delle altre ragazze è una cosa positiva, non negativa. Tu non sei loro.»

Mi guarda perplessa per qualche secondo poi fa roteare gli occhi.

«Perché odi le donne? Che ti hanno fatto?»
«Ma no, che dici, mica le odio? Anzi, io amo le donne. Ma ci sono donne e donne, ecco.»
«Certo forse non sei stato fortunato con quelle che hai incontrato fino ad ora, ma non devi essere prevenuto» la interrompo perché sta dicendo una inesattezza colossale.
«Nono, io sono stato molto fortunato, invece.»
«Da come ne parli sembra di no.»
«Tu hai dato mille punti alla categoria» le dico sorridendo e lei sbuffa tirandosi su mettendosi seduta sul divano girata verso di me.
«Tu la devi finire con questi complimenti... non ti porteranno a niente con me, lo sai?» lo dice col sorriso sulle labbra ma non mi piace lo stesso ciò che ha detto.
«Non ti faccio complimenti perché voglio ottenere qualcosa, te li faccio perché lo penso davvero. E se dopo tutti questi mesi che sto con te senza averti fatto la minima pressione su nulla tu stai ancora pensando che io abbia doppi fini con te mi fa capire che tu di me non hai capito nulla. Nulla» mi alzo dal divano e lei mi segue con lo sguardo.
«Non volevo dire quello, perdonami. Stavo scherzando sul fatto che comunque diventerò suora e tutti i tuoi sforzi per conquistarmi sono inutili. Anche perché mi hai già conquistato dalla prima volta che mi hai detto 'ciao' sulla scogliera» mi dice seria.
«Sì?»
«Sì, l'unico ragazzo che mi conquisterà mai» continua e io letteralmente mi sciolgo. Non è una che dice cose carine di solito, quindi  quando lo fa mi fa davvero piacere.
«Ok, va bene, ti credo. Però ci tengo a precisare questa cosa: tu mi piaci e se sto facendo tutte queste cose con te è perché davvero mi fa piacere fartele vivere e passare del tempo insieme. Non ho altri fini, non ho altri scopi.»
«Lo so bene» si alza e mi sorride per poi continuare «Anche perché non sei stupido, no?»

Mi fa capire per l'ennesima volta che oltre quello che stiamo facendo non ci sarà e il mio cuore perde per l'ennesima volta un battito.

«Non sono stupido.»
«Ok... la prossima volta cosa facciamo?»
«Cena qui con i miei amici, ci stai?»
«Ci sto» mi sorride ancora e poi si alza sulle punte lasciandomi un bacio leggerissimo sulla guancia.

Povero me, in che grandissimo guaio mi sto cacciando...

Destinati | Khvicha KvaratskheliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora