Capitolo Sette

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«Che cosa ci fai tu qui?» La voce del ragazzo mi parlò in italiano, lasciando l'allenatore del pugile confuso per qualche istante a cercare il senso delle sue parole

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«Che cosa ci fai tu qui?» La voce del ragazzo mi parlò in italiano, lasciando l'allenatore del pugile confuso per qualche istante a cercare il senso delle sue parole.

Hugo mi colse alla sprovvista, prendendomi in braccio da dietro e facendomi sedere sulla sua spalla: «Il mio portafortuna!» Urlò, facendo partire una serie di macchine fotografiche verso di noi. Mi guardai intorno, non trovando più Charles, ma Max, che mi aiutò a scendere dalla mia posizione.

Cercai di sorridere, ancora confusa per l'apparizione di lui. Camminammo tutti insieme verso lo spogliatoio del pugile, incontrando all'interno tutta la sua famiglia e i suoi amici. Hugo mi aveva parlato di loro, aveva detto che erano soprannominati i fantastici otto, ma non mi ero mai domandata chi fossero.

Ora, contando nella mia mente, Charles doveva far parte di loro.

«Direi di cambiarci e uscire a cena!» Mormorò il vincitore, ricevendo consensi da parte di tutti. Era stata una serata intensa e decidemmo che per festeggiare in un locale avremmo aspettato un altro giorno. Hugo tornò con la sua famiglia, io invece uscii dalla palestra al fianco di Max.

Osservai da lontano Charles guardarmi nel parcheggio privato, ma poi si voltò e salì sulla sua auto, io e l'olandese invece tornammo nella Ferrari rossa.

«Ho ancora il tuo telefono.» Mormorò il biondo, tirandolo fuori dalla tasca del suo giubbotto e lo scrutai sorpresa. Non mi era mai capitato di essere così presa da un evento da dimenticarlo completamente. Lo ringraziai, rimettendolo a posto e osservando Monaco al buio.

«È stato un bellissimo incontro. Era da tanto che non andavo a vederne uno.» Il pilota si passò una mano tra i capelli biondi, abbassando leggermente i finestrini e mettendo un dito fuori.

«Prima di Hugo, non avevo mai seguito nessun incontro, ma lui è davvero bravo.» Sorrisi al ricordo della felicità del pugile ogni volta che vinceva e, ultimamente, era successo parecchio.

«Se hai freddo dimmelo, io ho questo problema di dover sentire il rumore della strada...» Iniziò Max, confondendomi e forse per il mio sguardo su di lui riprese a parlare: «Abituato alla monoposto, al rumore del motore, delle frenate in curva, non riesco più a guidare senza i finestrini abbassati. Mi rende consapevole di dove sono.» I miei occhi rimasero su di lui.

Era una cosa particolare, ma il fatto che me l'avesse raccontata non riuscivo a capire come mi facesse sentire. Dai suoi occhi era come se fosse a disagio per la confessione.

Sembrava la mia fissazione di dover costantemente aprire le finestre di mattina, l'odore di chiuso mi dava così tanto alla testa da causarmi attacchi di ansia. Mi sentivo in una scatoletta così compressa da non riuscire a respirare.

Tutt'ora non riuscivo a capirne il motivo.

«Puoi abbassarlo tutto se vuoi.» Appoggiai le dita sul suo braccio, come per trasferire i miei pensieri. Lui si voltò, i suoi occhi blu erano così intensi che dovetti girarmi dal lato opposto. Lasciai che l'aria fresca di dicembre mi rinfrescasse il viso arrossato.

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⏰ Last updated: Apr 18 ⏰

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Marriage Avoided | CL16 Where stories live. Discover now