Capitolo 97

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Estratto

Lo guardo e lo riguardo.
'Perché?'
Stiamo insieme da molto, abbiamo imparato a comunicare, a esprimere più chiaramente ciò che proviamo e desideriamo, ormai la nostra relazione non è più scandita dal caos ininterrotto dei litigi.
Quindi, perché non me l'ha chiesto?
Sbuffo.
«Ora mi sente» dico, cercando il suo numero fra i preferiti del cellulare.
A braccia conserte, aspetto irritata che lui risponda.
Sento le chiavi girare nel portone e, accompagnato dalla suoneria, Aidan entra in casa. Indossa una camicia bianca e i primi tre bottoni ribelli lasciano intravedere i pettorali scolpiti, ricoperti di tatuaggi. Vederlo comparire su quella soglia è da sempre un balsamo per il mio cuore agitato.

Rientriamo dal lavoro più o meno alla stessa ora tutti i giorni. In settimana non ci vediamo e non ci sentiamo dal mattino presto fino alla sera prima di cena, a meno che non ci siano urgenze o occasioni speciali. E ci fa bene. Ci serve mantenere i nostri spazi.

Mi mostra il telefono che squilla imperterrito, mentre il mio nome lampeggia sullo schermo, accompagnato dalle emoji di un diavolo e di un girasole. Impedisco a un sorriso divertito di tradire il nervosismo che il mio viso vorrebbe esprimere.

«Che succede?» domanda, poggiando la giacca sul divano.
«Perché è lì?»
«Cosa?»
«Il quadro. Quel maledetto e orribile quadro» ringhio. Un'opera d'arte inestimabile, regalo di qualche suo cliente, che di arte non ha nulla.

«Oh, ti riferisci a quel quadro» commenta beffardo.
«Già. Perché lo hai appeso lì senza chiedere il mio parere?»
«Da qualche parte dovevamo pur metterlo, no?»
«Sì, ma avremmo dovuto pensarci insieme e invece, tanto per cambiare, hai deciso tutto tu».
Aidan rotea gli occhi.

«Sei noiosa, Aria. Che differenza avrebbe fatto da un'altra parte? Sono sicuro che anche insieme avremmo scelto di metterlo qui».

«Ti sbagli. Per quella parete avevo in mente qualcos'altro, un nostro ritratto magari. O una delle fotografie che ho scattato nel nostro viaggio in India. Parole al vento, devi decidere sempre e solo tu». Alzo il tono di voce, dando libero sfogo alla frustrazione.

È sempre stato così, fin dall'inizio della nostra convivenza, un anno fa. Voleva stabilire quale casa prendere, in quale zona. Persino lo stile di arredamento. Lui è troppo minimalista, al limite dell'asettico, e io, a detta sua, troppo barocca, troppo passionale. C'è voluto tempo prima di trovare un equilibrio. Equilibrio che quel dannato quadro rischia di rompere.

«Sul serio vuoi discutere per un quadro?» L'ilarità che gli leggevo in volto fino a poco fa scompare, lasciando posto a un'ombra di fastidio.
Alzo un sopracciglio.

«Andiamo in palestra» decreto. Rimane ancora oggi un ottimo modo per scaricare la tensione.
«Un'ultima battaglia. D'accordo» acconsente, sbottonandosi i polsini della camicia per rimboccare le maniche.
«Non preoccuparti. Non sarà l'ultima» ribatto, avviandomi.

Raggiungiamo la palestra in un baleno. Apro la porta e punto lo sguardo deciso sul ring.

«Che cos'è quella...?» sussurro, improvvisamente distratta da un particolare inusuale.

I nostri guantoni personalizzati sono già lì, al centro del tappeto, e vicino a questi noto qualcos'altro, qualcosa di estraneo.

Salgo e riesco a mettere sempre più a fuoco quello che vedo. Trovo il disegno dell'alba che avevo iniziato a tratteggiare sulla spiaggia, appena arrivata a Villa Harrison, in quella che sembra ormai una vita fa. Ma non è tutto.
Mi chino confusa.

«Aidan, che significa?» Afferro la scatolina in velluto bordeaux.
«Sposami» dice lui, semplicemente.

Il respiro mi si mozza in gola.
«C-cosa?» Cerco di voltarmi verso di lui, ancora piegata a terra. Se mi alzassi probabilmente le ginocchia cederebbero.
«Sposami, Aria Davidson» ripete, raggiungendomi sul ring.

Si inginocchia di fronte a me. Allora, nella luce dorata del tramonto di Miami, che filtra dalle finestre, incontro i suoi occhi.
La mia anima si perde nel verde di quella foresta.
È sempre stato un luogo insidioso, a tratti oscuro, pieno di pericoli, demoni pronti a rivelarsi per allontanarmi. Eppure, io non ho mai avuto paura di loro, anzi, li ho trovati subito familiari, ci ho riconosciuto i miei. Per questo sono pericolosamente sua: siamo legati persino da ciò che ci rende più letali l'uno per l'altra.
Proprio lì, in quelle iridi, ormai trovo il senso di ogni cosa, trovo la mia casa.
«Sì».

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Buonasera cari lettori!
Come state?
Come vi avevo anticipato su Ig, questo è l'estratto del capitolo 97, che prossimamente troverete completo e disponibile nella nuova tiratura di stampa di Dangerously Mine (la dodicesima edizione). Restate connessi su Ig, in cui comunicherò la data di uscita della nuova edizione di DM.
Mi sono divertita tanto a tornare da Aidan e Aria, con i loro caratteri difficili e i loro piccoli bisticci. Spero che anche per voi sia stato così <3

Un bacino
Auri

Dangerously mine || Saga HarrisonWhere stories live. Discover now