18. You and me and a lot of bad decisions

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                              Capitolo 18:

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                              Capitolo 18:

«You and me and a lot of bad decisions»

Ci sono dei momenti nella vita in cui ti senti persa, momenti in cui l'unica cosa che riesci a fare è arrancare verso il giorno successivo, vivendo in modo così apatico che ti senti chiusa in una gabbia da cui non puoi fuggire. Senti come se la tua stessa pelle fosse stretta, la tua mente una scatola chiusa da cui niente può fuggire, diventi la copia sbiadita di chi volevi essere. Erano mesi che mi sentivo così, o forse addirittura anni, e la notte appena passata aveva segnato il punto più basso.

Svegliarmi da un incubo con il nome del nonno di Ezra sulle labbra era stata la dimostrazione del fatto che c'era qualcosa che non andava in me. Ricordavo poco e nulla del sogno e quel poco mi era bastato a capire che qualcosa era accaduto, però non riuscivo a ricordare cosa, neanche se mi sforzavo. Ci avevo provato ma mi ero procurata solo un fastidioso mal di testa.

Mi ero appena infilata un paio di leggings neri e una maglietta viola e guardavo il mio armadio aperto alla ricerca di vestiti diversi dai soliti leggings per andare in palestra quando una voce alle mie spalle mi fece prendere un colpo.
«Come ti senti questa mattina?»

Mi voltai di scatto e vidi Ezra appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Quella mattina non indossava le sue solite camicie ma aveva una morbida felpa verde che gli fasciava il torace e un pantalone della tuta nero che gli esaltava le cosce muscolose.

Con il cuore a mille lo guardai e quel muscolo bastardo saltò un battito, come se fosse felice di vederlo.

«Meglio, non ho avuto più incubi.»
La notte precedente Ezra, dopo essersi accertato che non ricordassi perché avevo nominato suo nonno, mi aveva dato la buonanotte per poi sparire.

«Molto bene» si staccò dallo stipite ed entrò nella camera. Di colpo, sembrava che l'ambiente si fosse ristretto.

«Si...» sussurrai, con la salivazione a zero mentre lui continuava ad avvicinarsi, quegli occhi di ghiaccio puntati nei miei.

«Perché ti allontani da me?»
Gettai uno sguardo alle mie spalle e notai di essermi avvicinata al letto, un passo alla volta.
«Non mi sto allontanando!»
«Bugiarda...» mormorò con quella voce roca.

Se al mondo c'era un uomo che era capace di mandarti in pappa il cervello solo con la voce, quello era Ezra, ero più che convinta che avesse fatto un patto con il diavolo.

Ad un passo da me, allungò una mano e mi sfiorò le labbra con le dita, un fuoco prese vita nel mio basso ventre e le immagini del bacio sotto la pioggia e della doccia iniziarono a susseguirsi nella mia mente.

«Sei arrossita» disse mentre mi sfiorava la guancia.
«Ho solo caldo» puntualizzai, non avrei mai ammesso che lui agitava il battito del mio cuore e le mie facoltà mentali. Lo aggirai e mi diressi alla porta quando mi afferrò per un braccio e mi attirò al suo petto. Il respiro mi morì nei polmoni. Cos'aveva intenzione di fare?

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