XIV. TOPI NEI MURI

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Ebbi occasione di parlare con Lotte più tardi. Stava pulendo la cucina. Mi avvicinai senza sapere cosa fare, dire, perfino pensare. Scivolai, una bambola che non aveva più controllo sulla propria vita.

Mia cugina lanciò uno sguardo sopra la spalla. -Eccoti qua-

-Ciao- mormorai.

-Solo ciao?- tornò a guardare davanti.

-Grazie- mormorai.

Lei scrollò la testa. I capelli scuri erano ogni volta irreali su di lei. -Ti ho coperta questa volta, ma non lo farò sempre- mentì. In cuor mio sapevo che avrebbe continuato a proteggermi. -E poi quell'uomo non mi piace, mi mette i brividi- rabbrividì teatralmente, da brava attrice com'era stata fin da bambina. -Non so cosa ci vedi in lui, davvero, per quanto mi sforzi io non ci vedo nulla, è solo uno sciocco con manie di grandezza- sbuffò e scosse la testa -comunque questa storia finirà presto-

Sobbalzai. -Cosa vuoi dire?-

-Presto arriverà la moglie e tu smetterai di rincorrerlo-

Margaret. La gola mi si strinse. Certo, sarebbe tornata la moglie. Fu come ricevere un pugno nello stomaco. Mi piegai in avanti.

-Forse è meglio così-

Annuii. Forse era meglio così. Il fatto però che i nostri incontri sarebbero stati più pericolosi non ci avrebbe impedito di vederci. Forse avrebbe solo peggiorato la cosa. Mi morsi l'interno della guancia. Il dolore esplose. Lo ignorai.

Avrei voluto evitare Herman. Mi ripromisi che non sarei stata da sola. Non fu possibile. Mi raggiunse nel pomeriggio.

-Dobbiamo parlare- mormorai.

-Le due parole che più odio- mi sorrise -dimmi tutto-

-Non possiamo continuare così, arriverà tua moglie-

Herman sospirò.

Una fitta al cuore. Voleva forse dire che l'amava?

-Non la amo, lo sai- sostenne, come se mi avesse letto nel pensiero.

-Questo cambia qualcosa?- gemetti.

-Cambia tutto- scivolò avanti e le sue mani m'incabbiarono il viso.

Non risposi. La gola si strinse. Possibile che non capisse? Non riusciva a comprendere? Mi faceva stare male. Non sapevo cosa fare. Non sapevo cosa dire. Non sapevo come poter sopravvivere a tutto quello che stava succedendo.

-Se tu non fossi stata sposata io avrei sposato te- Herman mi sorrise e il mondo scomparve.

Accolsi il suo bacio.

L'arrivo di Margaret con il pancione in bella mostra e la figlia Gwen peggiorò la situazione. Ora la donna non faceva il minimo tentativo di piacermi e cercava in tutti i modi l'attenzione di Lotte. Gwen era una bambina chiusa, che non parlava mai e che attirò l'attenzione di Adam. Lui la scrutava con attenzione, cercando in lei chissà cosa. L'atmosfera diventò in pochissimo tempo tesa. Non si respirava.

L'unica che pareva divertirsi era Lotte. Rideva, ballava, cantava. Dava insomma il meglio di sé.

-È la solita- borbottò Albert. I suoi occhi però erano fissi su di lei.

E Lotte ballava, rideva, scuoteva i fianchi. Una creatura uscita da una fiaba.

Riuscii a vedere meno Herman. Fu inevitabile. Margaret ce lo impedì. Faceva di tutto per tenerci lontani.

-Forse è meglio così- gli sussurrai un giorno.

Herman mi accarezzò il braccio. -Per me non è meglio così-

Non mentiva. Me lo sentivo in ogni parte di me. E avevo paura di questa sensazione.

In quei giorni i rumori della casa erano più forti. Forse c'erano dei topi nei muri.

-Topi belli grossi- commentò Lotte.

-Non ci credi nemmeno tu

-No che non ci credo, non sono stupida

-Che facciamo?

-Aspettiamo,  che altro vuoi fare?

Ci sarebbe stato molto da fare, ma mi sentivo sommersa dai problemi.

La principessa e la cocotte III: per amore e per vendettaWhere stories live. Discover now