XVI. STRANI EVENTI

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Albert e Hermann partirono qualche giorno dopo. Osservai la nave che si allontanava ferma su uno scoglio, l'abito bianco che mi si bagnava degli spruzzi di salsedine. L'angoscia mi opprimeva il petto. Herman mi aveva dato la pistola, certo, ma io non avevo intenzione di usarla. Perché avrei dovuto? Io non ero una guerriera, non ero Lotte.

I problemi cominciarono la sera. Sapevamo che sull'isola si sarebbe abbattuta una tempesta. Il vento già scuoteva i vetri. La cosa mi preoccupava. Tutto ormai mi preoccupava. Ero nervosa, ansiosa, paurosa. Io che non ero mai stata coraggiosa, ora ero terrorizzata. Margaret mi evitava. La cosa non m'infastidiva, al contrario, mi piaceva stare lontana da lei. Lotte volteggiava di qua e di là. Era felice di essere la reginetta del nostro piccolo mondo. Dopo la cena, in cui mia cugina parlò tutto il tempo di nuove mode, ci accomodammo in salotto. Io presi un libro, con la scusa di leggerlo ai bambini. Avevo bisogno di fare qualcosa. Mi sentivo infatti inquieta e molto nervosa. Margaret ricamava, ascoltando Lotte che raccontava altre sciocchezze.

Era ora di andare a dormire quando la luce andò via. Sobbalzai. Vecchi ricordi si fecero strada in me. La guerra. Compresi solo in quel momento come mi aveva rovinata. Bastava che mancasse la luce e io già pensavo a quelle giornate lontane, il cuore salito in gola.

-Cosa succede?- chiese Rose, con la sua vocina un po' lamentosa.

-Niente- allungai la mano per attirarla a me, per stringerla, per rassicurarla -stai tranquilla, piccola, non è niente-

-Forse c'è stato un guasto- tentò Margaret.

-Vado a prendere le candele- rispose invece Lotte. La sentii muoversi nell'ombra.

Io sbattei le palpebre, cercando di abituarmi a quell'oscurità che mi opprimeva, procurandomi quasi un dolore fisico. Rose mi strinse ancora di più a sé. Fuori il vento si lanciava contro la finestra. La sentivo vibrare.

Qualche minuto dopo vidi delle fiamme brillare a mezz'aria, dietro le quali intravidi il viso di Lotte, per metà in ombra. Aveva gli occhi socchiusi, pensierosi, turbati. Percepiva la gravità della situazione, proprio come la percepivo io.

-Oh, che disastro- stava invece dicendo Margaret, con voce squillante, frivola.

Non capiva la gravità della situazione? Eppure anche lei aveva vissuto una guerra, anche lei aveva provato quella paura che non conosceva nome.

-Non credo che tornerà questa sera- disse Lotte. C'era qualcosa di non detto nelle sue parole. Non tornerà neppure domani, ecco cosa mia cugina non disse, ma il pensiero alleggiò nell'aria.

Quella notte andammo a dormire con le candele accanto al letto. In caso di necessità avremmo potuto accenderle.

-Hai la pistola?- mi chiese Lotte, in un soffio.

M'irrigidii. Il buio era spesso, soffocante, mia cugina non poteva guardarmi in viso. -Quale pistola?- domandai, cercando di avere un tono sorpreso.

-La pistola che ti ha dato Herman... e non chiedermi come lo so-

Certo, Lotte sapeva sempre tutto. Sbuffai, in modo che lei potesse sentirmi. -Nel primo cassetto del mio comodino-

-Tienila più vicina-

-Credi che dovremo usarla?-

-Chi lo sa... magari proprio sulla cara Margaret, quella è una che impazzisce facilmente- disse.

Mi tirai su e ricercai il viso di Lotte nel buio. L'ombra le copriva gli occhi. Era bellissima. -Non possiamo spararle- protestai.

-Non fare la santarellina, lo vuoi più di me-

-Non è vero- protestai.

-Abbassa la voce- controbatté -e poi quella donna ti odia... se potesse spingerti giù dalla scogliera lo farebbe subito... se sapesse poi che Herman ti ha dato la pistola... - lasciò la frase sospesa.

-Da chi lo dovrebbe sapere... da te forse?-

-No, io non dirò nulla-

Un urlo m'impedì di rispondere. Erano i bambini. Corremmo da loro. Questa volta la causa delle grida era Rose. Se ne stava aggrappata al davanzale, i capelli che le coprivano il viso, il corpicino tremante, avvolto nella leggera camicia da notte.

-Rose, tesoro- l'abbracciai.

-Non riuscivamo a calmarla- disse Julien, lì accanto. Era sconvolto.

-Ho visto una donna- gemette mia figlia, appendendosi alle mie spalle con le manine piccole.

-Dove?-

-Là fuori- indicò la finestra.

Lotte guardò fuori. Restai immobile, Rose stretta a me, un istante che parve durare un secolo. Non riesco a dire con esattezza cosa provai in quel momento. Paura, ansia, incredulità. Un insieme di emozioni che mi confondevano, mi turbavano, mi facevano male.

-Non c'è nulla- disse infine Lotte -proprio nulla-

-Prima c'era una donna- protestò mia figlia, il viso premuto contro il mio petto -una donna dai capelli rossi che guardava su-

-Qualcuno dell'isola... non so come abbia fatto a superare i cancelli- disse Lotte, il tono deciso, di chi sa qual è la soluzione. Un'altra persona avrebbe creduto che non avesse dubbi. Io sapevo che non era così. Lotte era piena di dubbi. E neppure a lei era piaciuta quella cosa. Stava succedendo qualcosa, ormai era chiaro.

-Non voglio dormire da sola- si lamentò Rose.

Riflettei, poi sospirai. -Unite i letti, io e Lotte ci fermiamo qua-

La notizia rassicurò mia figlia e perfino Julien e Adam parvero sollevati. Mia cugina coprì la finestra con delle vecchie lenzuola.

-Tanto per essere certi che nessuno sbirci dentro

Annuii, senza parlare. Ero troppo nervosa. Passammo la notte lì, il verso dei gufi in lontananza mi mettevano i brividi. Non riuscii a chiudere occhio.

La principessa e la cocotte III: per amore e per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora