Capitolo 12

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SARAH

I giorni si rincorrono frenetici e il tempo sembra volare. Anche ottobre sta finendo, il caldo è definitivamente scomparso e i cappotti stanno facendo capolino nella vita quotidiana di tutti. Dopo quel confronto con Letizia, le cose tra noi sembrano migliorate. Il nostro tacito accordo è di non parlare di Simone, mai. Lei non chiede, io non racconto. Da un po', non nomina nemmeno più Joseph e questo, per me, è un sollievo. Perché continuiamo a passare tanto tempo insieme, io e lui, siamo sempre più in sintonia e spesso, anche in mezzo agli altri, ci isoliamo nei nostri discorsi. Nessuno sembra essersene accorto, comunque. Nessuno fa caso a noi.

«Ti va di venire a cena, stasera?» chiedo a Letizia mentre la campanella dell'ultima ora segna la fine delle lezioni e l'inizio del weekend. Sto organizzando la serata e vorrei che, per una volta, uscisse con me, invece di rimanere chiusa in casa.

«Con tutti gli altri?» domanda, scocciata. Sbuffo.

«Sì, con tutti gli altri. Lo sai» quasi la rimprovero. Lei mi guarda annoiata. «Simone non lo vedo mai» la imploro. So che vorrebbe passare del tempo con me, da sole, ma non può chiedermelo nell'unica serata della settimana in cui posso vedere il mio ragazzo. È da egoista.

«D'accordo» risponde semplicemente, senza dare alcuna soddisfazione al mio entusiasmo. Vorrei che cambiasse idea, che ci vedesse insieme. «Ci sarà anche Joseph?» chiede dopo un po'. Annuisco convinta. Lui c'è sempre.

Uscendo in cortile, scorgo subito mio padre appoggiato alla sua auto, nel parcheggio di fronte scuola e mi accorgo di come tutte le ragazze stiano parlando di lui.

«Perché deve sempre attirare tutta questa attenzione?» mi lamento. Letizia ridacchia.

«È un bono pazzesco, accettalo!» La guardo schifata.

«È mio padre, finiscila» la ammonisco. Lei sorride ancora, mi saluta con un abbraccio veloce e si incammina verso la fermata, mentre io raggiungo papà.

«Non puoi aspettarmi in auto?»

«Ciao anche a te, ovolina»

«E smettila di chiamarmi così» continuo, dandogli un bacio veloce e salendo in macchina.

«Fa troppo caldo in macchina, vuoi farmi morire? Comunque, dove vuoi andare a mangiare?» Se mia madre ai fornelli è un perpetuo "rimandata a settembre", mio padre il posto fisso del "non classificato" non lo molla. Lui nemmeno ci prova a cucinare un piatto di pasta o una fettina ai ferri. Semplicemente, mi porta a pranzo fuori. Da quando ha intrapreso questa nuova vita da single, non mangia più a casa, tranne quelle rare volte che viene a cena da noi. Non credo sia salutare questo stile di vita.

Guida per un po', finché non arriviamo in un ristorantino tipico, non molto distante da scuola. Parcheggia ed entriamo e io, appena l'odore forte di cucinato mi investe, inizio a pregustare l'amatriciana che tra poco mangerò. Il proprietario ci conosce, sa quali sono le nostre ordinazioni, non deve nemmeno venire a chiedercele e infatti, appena ci sediamo, arriva la cameriera con acqua e vino e mio padre conferma le sue ipotesi: due amatriciane abbondanti e due porzioni di patate al rosmarino.

«Allora, come vanno le cose?» chiede, rimanendo sempre sul vago, mentre riempie di vino il suo bicchiere e ne mette un po' anche a me, come quando avevo dieci anni e mi faceva assaggiare un goccio. Ridacchio.

«Tutto bene»

«Anche con... con...» sta per avere una sincope. Piuttosto che dire "ragazzo" si fa venire un infarto adesso.

«Simone?» lo aiuto. Lui annuisce, terrorizzato. La sua bambina con un fidanzato, le sentite le sue lacrime? «Anche con Simone tutto bene. Non abbiamo ancora fatto sesso, se è questo che ti preoccupa» lo tranquillizzo e lui quasi si strozza con il vino. Ridacchio e gli verso un po' d'acqua nel secondo bicchiere.

«Non volevo saperlo, ma ok»

«Tu come stai, invece? Come va questa nuova vita da single?»

«Ecco... a proposito...» Guardo in alto, divertita da quanto sia scontato quest'uomo. Non ha resistito nemmeno un mese.

«Hai conosciuto la donna della tua vita?» lo schernisco.

«Non è facile stare soli» mi rimprovera infastidito.

«Ehi» dico, alzando le mani a difesa, «non ti sto rimproverando. È solo... divertente»

«Insomma, sai... ho trentatré anni e non ho ancora trovato una stabilità emotiva» continua a giustificarsi.

«Pensi che la stabilità emotiva arrivi solo con una relazione?» gli chiedo retorica. So già la risposta ed è un no secco e categorico. La stabilità emotiva la ottieni quando sei in pace con te stesso, col mondo che ti circonda, con le persone a cui tieni. E quando raggiungi una maturità tale da non ricercarla per forza in un partner. Una maturità a cui probabilmente mio padre non arriverà mai.

«Una relazione può aiutare» afferma convinto. Mi stringo nelle spalle... contento lui! «Come sta tua madre?» chiede dopo un po'.

«Perché non lo domandi a lei?»

«Perché lei dice sempre tutto bene e io voglio la verità. Si vede con qualcuno?»

«No, tranquillo»

«Sarei tranquillo in ogni caso»

«Sì, come no...» lo schernisco. Lui abbassa lo sguardo senza aggiungere altro. Sa che ho ragione come sa che io so che farebbe carte false per tornare con mia madre. Da piccola volevo organizzare qualcosa stile "Genitori in trappola" per farli tornare insieme. Ho sempre visto un amore latente e mai finito in loro, un amore che oggi potrebbe funzionare, un amore che mi ha cresciuta serena, nonostante la separazione. Erano davvero troppo giovani perché funzionasse quando ero bambina. Erano loro i primi bambini. Erano due adolescenti in crisi a cui la vita aveva messo di fronte un ostacolo più grande di loro. Non sono stati egoisti e hanno deciso di dare a me tutta la loro parte matura, di concentrarsi sulla mia crescita e non sul loro amore. Si sono persi per strada senza mai perdersi davvero, complice anche la figlia in comune. Saranno sempre legati, e questo è uno dei motivi per cui mia madre non ha più avuto una relazione seria e per cui mio padre cambia donna ogni mese. Non sono mai cresciuti sentimentalmente.

«Sai... nell'ultimo periodo ho fatto amicizia con un ragazzo» mi ritrovo a dire d'improvviso. Non so perché gli stia parlando di Joseph, ma credo sia, al momento, la parte più interessante della mia vita. «È un amico di Simone. Parliamo di libri, mi ascolta quando ho qualche problema...»

«Un amico di Simone? Pensi sia saggio?» chiede con un'espressione seria che raramente gli vedo in volto.

«Pensi di no?» Alza le spalle dubbioso.

«Non lo so... dipende»

«Da cosa?»

«Da come tu vedi questo "amico di Simone" e da come lui vede te, suppongo»

«Siamo amici» ribadisco, con un tremolio nella voce che non mi aspettavo. Lui annuisce tranquillo, un sorrisetto sereno sul volto e due occhi comprensivi che mi invitano a continuare. Lo faccio. Riprendo il discorso mentre un nodo allo stomaco mi toglie l'appetito. Forse non è davvero saggia, quest'amicizia. Forse sto sbagliando tutto. Forse... al diavolo! La verità è che ho diciassette anni, e non ho per niente voglia di seguire la via della saggezza.

Sai di nuvola // Holdarah Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora