Capitolo 14

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SARAH

Quando lasciamo Letizia a casa, in auto cala una tensione difficile da ignorare. Simone riparte a razzo, guidando in silenzio mentre stringe così forte il volante da farsi diventare le nocche bianche. Lo guardo di sbieco, un po' impaurita. Non l'ho mai visto così nervoso; non ha mai guidato con tanta distrazione.

Non dice niente. Guarda fisso davanti a sé ma non sta davvero facendo caso alla strada. La vena sul collo gli pulsa e muove nervoso la gamba della frizione. All'incrocio di casa mia, sgomma e inchioda davanti al portone e io mi paralizzo sul sedile. Spegne l'auto e, senza guardarmi, dà due colpi sul volante.

«Perché hai voluto farmi fare questa figura di merda davanti a tutti?» chiede a denti stretti.

«Che figura?»

«Non prendermi per il culo, Sarah» urla. «Non sono mica uno scemo»

«Eppure lo sembri» ribatto a muso duro. Finalmente si volta. Ha gli occhi fuori dalle orbite, tanto è arrabbiato, ed io torno ad avere paura. Non l'ho mai visto violento, non penso sia un violento, ma in questo momento non sta ragionando.

«Da quanto va avanti?»

«Che cosa?»

«Non prendermi per il culo» urla ancora ed io sussulto. «Vi ho visti. Vi ho guardato tutta la sera. Parlate tra voi e sembrate stare da soli. Di che cazzo parlate?»

«Di libri, te l'ho detto» ribadisco, nonostante un tremolio impercettibile tradisca altro. Non c'è altro, in realtà. Parliamo davvero di libri, a volte mi lamento e lui mi ascolta, raramente siamo andati un po' più a fondo, ma principalmente ci confrontiamo sulle nostre passioni.

«E devi parlarne con lui?»

«Vuoi che ne parli con te che non leggi nemmeno il libretto d'istruzioni del televisore? Non sai niente di cosa mi piace» La mia sottile ironia non lo diverte anzi, questa volta un pugno arriva dritto allo schienale del suo sedile. Chiudo gli occhi in automatico, come per non vedere ciò che mi sta succedendo intorno.

«Siamo amici. Solo amici» ribadisco.

«Amici? E da quanto?»

«Non lo so, abbiamo parlato qualche volta. Stai facendo una tragedia sul nulla, sembra quasi che non ti fidi di me» lo provoco. Lui, improvvisamente, sembra cambiare. Da un momento all'altro sparisce il Simone nervoso, rosso di rabbia, e i suoi lineamenti si addolciscono in un sorriso comprensivo.

«Non fidarmi di te? Ma che dici? Io mi fido di te, è di lui che non mi fido...» Strabuzzo gli occhi. Come può non fidarsi di Joseph?

«Non ti fidi del tuo migliore amico?»

«Proprio perché è il mio migliore amico, conosco lati di lui che non... approvo, diciamo... soprattutto con le ragazze» rimane sul vago.

Sospiro amareggiata. Questa situazione è colpa mia, ho alimentato qualcosa che non dovrebbe nemmeno esistere e Simone ha ragione. Mio padre ha ragione. Anche Letizia, con i suoi occhi carichi di rimprovero, ha ragione. Ho cercato in qualcun altro, qualcosa che avrebbe dovuto darmi Simone. Ma io non conosco Joseph, non so niente di lui. Simone, al contrario, lo conosce da anni, sono amici, sa tutto di lui. E vuole solo mettermi in guardia. È così sbagliato?

«Hai ragione» sussurro. «Sono stata una sciocca, un'ingenua. Non pensavo ci fosse qualcosa di male, sono stata superficiale» ammetto. Lui mi accarezza dolcemente il viso, portando via una lacrima solitaria sfuggita al mio controllo.

«Vuoi raccontarmi?» chiede, anche se più che una domanda sembra un'imposizione. Non penso di avere davvero scelta. Vuole sapere, e glielo devo.

«Sai quel giorno che hai mandato lui a prendermi a scuola?» annuisce convinto e io, a fatica, provo a continuare. «L'ho invitato a pranzo» confesso e lui strabuzza gli occhi.

«Perché?» Mi stringo nelle spalle. La risposta a questa domanda sembra così stupida, adesso.

«Non amo mangiare sola. È tutta la vita che pranzo sola»

«D'accordo. Non sono arrabbiato con te, davvero. Ma questo è il suo modo di fare. Fa sempre così»

Non so a cosa si riferisca. Sembra descrivere Joseph come un predatore, uno che si fa amiche le donne per un tornaconto. Come posso non essermene mai accorta? «Mi dispiace» sussurro, come un automa. Non mi dispiace davvero, continuo a non vedere il problema. Ma lui lo vede e, in questo momento, i suoi sentimenti contano più dei miei.

«Non è colpa tua» ribatte, aprendo le braccia e invitandomi su di lui. Accolgo la sua richiesta e, ignorando la scomodità dell'auto, mi siedo sulle sue gambe lasciando che mi avvolga in un abbraccio. «Hai solo diciassette anni, non conosci il mondo e non conosci lui»

«Non trattarmi come una bambina» ribatto irritata, dimenticando per un momento la mia accondiscendenza. «Ho diciassette anni, non cinque. Non sono una sprovveduta»

«Non volevo dire questo. Ma non hai mai avuto a che fare con persone come lui, non sai di cosa è capace. Fa tutto per nutrire il suo ego» confessa. Arriccio un po' il naso, confusa dalle sue parole. Io non parlerei mai così di Letizia, nemmeno dopo la peggiore delle litigate.

«Come puoi essere amico di una persona che descrivi così?» La mia non è una provocazione, voglio una risposta sincera.

«Perché ha anche dei lati positivi. E poi, ci conosciamo da una vita. L'ho aiutato tanto» spiega. Annuisco, ma questo discorso inizia a non piacermi. Mi accoccolo un po' a lui, sperando di chiuderla qua. Non so cosa succederà domani, ma per ora non voglio più parlarne.

«È tardi» sussurro. Faccio per scansarmi, ma lui mi tiene stretta, iniziando a baciarmi in un modo per niente casto. Lo lascio fare qualche secondo, prima di provare a divincolarmi ancora.

«Non vuoi stare un po' con me?» sussurra. Sento sotto di me la sua eccitazione crescere, come la sento nella sua voce affannata. Il sesso è ancora un tabù tra noi. Io sono vergine, non sono pronta e lui non mi ha mai fatto pressioni. Adesso, però, sembra tutto diverso. Le sue braccia mi stringono come una morsa da cui vorrei solo fuggire. Non mi sento a mio agio, mi sento costretta mentre la sua lingua viaggia indisturbata dal mio collo alla mia bocca.

«È tardi» ripeto, ma non sembra ascoltarmi. Sento le sue mani addosso, sempre più giù. «Smettila Simo» ripeto ancora. Chiudo gli occhi, paralizzata in un momento che non voglio vivere. Chiudo gli occhi e vedo Joseph. Il suo sorriso avvolgente, la voce pacata che mi tranquillizza, quelle carezze sussurrate e spontanee. Respiro in affanno, il petto che sale e scende come impazzito. E finalmente lo scanso; mentre le sue mani stanno per raggiungere posti in cui, per ora, non le voglio, una forza sconosciuta si impossessa di me e lo spingo contro il sedile quasi con violenza, togliendomi da lui e tornando sul sedile passeggero. Mi risistemo, prendo la borsa e, mentre lui mi ripete delle scuse a cui non crede, lo saluto e scappo via.

Non doveva accadere così. Non doveva provarci nemmeno. Non era il momento, non era il luogo. Voleva davvero fare sesso in una squallida macchina sotto casa mia?

Calde lacrime invadono il mio viso truccato. Sento il trucco sciogliersi e i singhiozzi travolgermi. Non posso rientrare adesso, non in questo stato. Passeggio per l'androne, provando a calmarmi, e prendo il cellulare, facendo partire una chiamata verso l'unica persona con cui, adesso, voglio davvero parlare.








Buongiorno bellezze!

Siamo davvero a un punto di svolta. Joseph inizia ad essere una presenza ingombrante tra Sarah e Simone, nonostante la ragazza non voglia ammetterlo.

Come vedete Simone? Vi fidate delle sue parole? Gli credereste?

Fatemi sapere che ne pensate e, se vi va, lasciate qualche like.

Ci rileggiamo lunedì col prossimo capitolo.

Buon weekend e grazie per ogni singola lettura, mi riempie davvero il cuore!

Sai di nuvola // Holdarah Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora