Capitolo 12

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Entro nella mia stanza, barcollando. Il mondo attorno a me sembra girare, girare e girare, senza mai fermarsi. Mi lascio cadere accanto al tavolo, e per sbaglio faccio precipitare a terra un vaso che vi era sopra, rompendolo in mille pezzi.

L'immagine di Roxy sull'ambulanza mi ritorna subito in mente. "La situazione è critica" Gridava qualcuno della scorta di dottori di Mark. "È in grave pericolo"
"Potrebbe non farcela". "È meglio se resti qui, Damon".

Ho cercato di entrare in macchina, prendendo a pugni due uomini che mi impedivano di salire, ma mi hanno fermato e non sono riuscito a raggiungere l'ambulanza, restando solo a guardarla sfrecciare via con gli occhi pieni di dolore.

Così tanta sofferenza...non potevo sopportarlo. L'alcol non mi sarebbe bastato, questa volta. Non avrebbe soffocato il male e la tristezza che mi impedivano di ragionare.
Perciò ho deciso che prendere un po' di quell'invitante polvere bianca dal magazzino dei Johnson mi avrebbe aiutato a stare meglio. E in effetti è servito a stordirmi, a tal punto da non capire più niente.

E pensare che ho sempre creduto di non poter provare più niente di minimamente umano. Oltre a....Eveline. Non ricordo nemmeno cosa le ho appena fatto, cazzo. Rammento solo di essere andato in camera sua e...lei era lì. Quel suo splendido viso angelico e così perfetto aveva assunto un'aspressione preoccupata, quando mi aveva visto entrare nella sua stanza.

Le avevo chiesto se era un angelo. Un angelo venuto a salvarmi da tutto questo, dalla mia vita e da me stesso. Ma poi mi sono ricordato che è stata proprio lei a rovinarmela, la vita...

La camera continua a girare, le mie gambe sono come paralizzate, non riesco a muoverle, mi fanno male. Mi guardo le mani. Le vedo... ruotare, come delle spirali. Mi rilassa. Mi aiuta. Mi distrae da questa situazione di merda, mi distrae dal pensiero di ciò che potrebbe star passando il mio migliore amico Roxy.
La mia testa cade all'indietro, senza che io possa controllarla più. Appena appoggio il capo alla gamba del tavolo sotto cui sono caduto, l'oscurità mi abbraccia, portandomi in un tempo lontano.

Sono all'orfanotrofio, in mensa. Come tutti gli altri bambini, sono seduto al grande tavolo, solo che non ho nessuno vicino a me. Nessuno che mi parli e nessuno che mi faccia scoppiare a ridere, come ha appena fatto il bimbo dall'altra parte del tavolo con il suo amico.

Harry e i suoi amichetti mi guardano, dandosi gomitate e ridacchiando crudelmente in continuazione. Mi danno fastidio. Mi fanno sentire come se non riuscissi più a controllare me stesso, e sono obbligato a calmarmi, ogni volta. Ho voglia di fargli provare dolore. Dolore fisico, mentale. Vorrei distruggerlo.

Non l'ho detto allo psichiatra che è venuto a farmi visita ieri, perchè ho pensato che non sarebbe stata proprio una buona idea. Non credo che avrebbe reputato normale il fatto che un bambino di tredici anni ha voglia di porre fine alla vita del suo compagno di stanza. Ho pensato quindi che forse avrebbe rovinato il mio piano. E io non avrei più potuto avere la mia vendetta, se fosse saltato tutto all'aria in quel modo.

Abbasso lo sguardo, attirato dal coltello scintillante accanto al mio piatto. È appuntito, affilato e splendente. È perfetto. Quasi è un peccato sporcarlo.

Appena ho finito di mangiare il mio piatto di pasta, sono pronto a farlo. Prendo il coltellino e lo avvolgo intorno al tovagliolo, poi me lo infilo nella tasca della mia felpa.
Vado verso Harry, che si sta alzando con il suo vassoio in mano, e lo spintono con la spalla ,prendendolo in giro con lo sguardo. Lui dilata le narici come un toro e sbatte il suo piatto sul tavolo di fianco a lui, mentre io gli faccio segno con la testa di venire verso il bagno.

Appena entriamo cerca di saltarmi addosso, ma io mi sposto, ridendo.
Lui ringhia e mi afferra per le spalle, spingendomi contro il muro. Rido di più, le mani ancora infilate in tasca.

"Pensi che sia divertente, brutto malato del cazzo? Allora è vero che hai problemi di testa, come dicono tutti. È per questo che sei ancora qui. Nessuno ti vuole." Ringhia, schernendomi.
Smetto di ridere all'improvviso, tirando fuori lentamente il coltello dalla tasca, e lo fisso negli occhi. "Non credo che nessuno voglia neanche te. Beh, almeno io avrò la possibilità di uscire di qui, mentre tu.... No!" Grido infine, trapassandogli lo stomaco con il coltello.

Una sensazione liberatoria mi percorre il corpo quando sento il suo urlo di dolore e vedo la sua smorfia, le sue lacrime.Tiro fuori la lama, sentendo la mano già sporca, e la infilo di nuovo. Il suo corpo cede e lui, con gli occhi sbarrati e bagnati di lacrime, cade all'indietro.
Lo seguo a terra e continuo a provare il mio coltellino su ogni parte del suo corpo. Mi diverte. Mi fa stare bene, sì. Sul petto, sulla pancia, sul collo, sulla faccia, negli occhi, sulle braccia.....ovunque. Dappertutto.

Il sangue continua a schizzarmi in faccia ad ogni colpo, ma io non ci faccio caso. Mi piace vedere quel delizioso liquido rosso scuro sgorgare da ogni profondo buco che gli ho procurato.
Dopo che ho finito il mio capolavoro mi alzo, esaminandolo e provando un moto di orgoglio ed eccitazione per ciò che ho creato.

Lo osservo accuratamente, come si fa con un'opera d'arte, partendo dall'alto: suoi occhi sono saltati fuori, e giacciono accanto alla sua faccia sfregiata. Sul collo ha tagli e ferite da cui continua ancora a schizzare sangue, e le pugnalate sul petto lo stomaco ormai scoperti, e una gamba, formano un'unica e ben evidente parola, scritta di traverso:

Vendetta.

Sorrido, inspirando e poi espirando per rilasciare tutta la tensione e la paura provata negli ultimi anni, che mi ha procurato quel pezzo di umano steso di fronte a me. Rido, asciugandomi una goccia di sangue dall'occhio destro. Non sembra neanche un umano, ormai, ma solo un pezzo di carne ridotto in pezzi. Una nullità.

Il. Nulla.

Inizio a ridere istericamente alla mia battuta, facendomi inevitabilmente sentire dagli altri fuori. Due maestre entrano di corsa e appena vedono Harry a terra, gridano e scoppiano a piangere, gli occhi terrorizzati che saltano da me , al coltello, e poi ad Harry.

Io le guardo, continuando a ridere mentre parlo. "Avete visto? Lo avete visto?" Lo indico con un cenno vago, il coltello insanguinato in mano. Loro piangono e urlano ancora, allontanandosi. "Prima ho pensato a lui come un umano, ma...guardatelo! Guardatelo, mio Dio! Sembra un pezzo di carne dimenticato a terra, non è neanche più un essere umano!" Urlo, divertito.

Ma loro continuano a gridare, attirando anche l'attenzione degli altri, fuori. "Non è esilarante?! Non vi fa morire dal ridere? Dovrei fare il comico, da grande!" Continuo ad esclamare ridacchiando, con gli occhi sgranati.

Poi, qualche attimo dopo, entrano degli uomini che mi disarmano del mio coltellino e mi infilano una siringa nel collo, trascinandomi via.
"Ho avuto la vendetta....la mia vendetta. È questo che importa....io....ho vinto." Mormoro, prima di cadere in un sonno forzato.

Senza Cuore - L'inganno -Where stories live. Discover now