.Incipit 3

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Nonostante fossero passati all'incirca dieci minuti dalla loro uscita dalla pizzeria, Gabriele sembrava ancora irritato per l'invadenza di Lucrezia.

Grazia poteva ben sentire quella rabbia dato che lui le stava ancora stringendo la mano, aumentandone la stretta di quando in quando all'arrivo di qualche pensiero che lo irritava ancora di più. Stanca di quel silenzio e della silenziosa conversazione che l'uomo stava facendo con i suoi pensieri, la giovane studentessa si fermò costringendo l'amico a fare lo stesso. Finalmente si degnò di guardarla.

«Vuoi calmarti adesso?» lo ammonì lei in un tono a metà tra il seccato e la comprensione.

Gabriele, al suono della sua voce, sembrò ridestarsi. Scosse la testa e sbuffò. «Hai ragione, scusa, è solo che Lucrezia è così...»

«Arrogante?- provò ad indovinare Grazia –Presuntuosa? Inopportuna? Sfacciata?»

Lui rise riuscendo finalmente a scrollarsi di dosso la tensione. «Hai reso l'idea.»

«Neanche lontanamente, fidati!» lo rassicurò sorridente.

Ripresero finalmente a camminare a passo lento, anche se Gabriele si ostinava ancora a tenere stretta la mano di lei. Quel contatto, anche se era difficile ammetterlo, risultava essere più piacevole di quanto Grazia volesse, ma nonostante le piacevoli sensazioni lo interruppe immediatamente. Quella stretta di mano, per quanto innocente poteva sembrare, poteva essere interpretata da Gabriele come un incoraggiamento a progredire nel suo corteggiamento. La ritrasse velocemente fingendo di dover cercare il cellulare nella borsa. «Scusa Gabriele- disse –ma credo che sia meglio che io torni a casa. Domani devo studiare come una pazza; lunedì ho un esame!»

Fingendo di non notare l'evidente tentativo di fuga di Grazia, Gabriele maledisse ancora una volta Lucrezia. Se lei non si fosse intromessa come una serpe, le cose tra lui e Grazia sarebbero procedute per il meglio. Prima che la bionda si avvicinasse al loro tavolo, Grazia era persino parsa più serena e con le difese più abbassate.

Ora invece era tornata ad alzare un muro tra di loro. L'uomo annuì alla richiesta dell'amica. «Certo.- convenne a malincuore –Vieni, ho parcheggiato l'auto dall'altra parte della strada.» indicò un punto non definito nel buio.

In grande fretta, Grazia si mosse per attraversare la strada. Troppo sovrappensiero per accorgersi dell'auto che stava rischiando di investirla. Accadde tutto molto in fretta e lei non ebbe nemmeno il tempo di capirne la dinamica. Vide solo i brillanti fari dell'auto che le stava andando incontro, accecandola e confondendola ancora di più.

Sentì Gabriele urlare il suo nome, un suono che risultava molto distante nonostante i due fossero abbastanza vicini; poi sentì qualcosa colpirla sulla destra e in un battito di ciglia si ritrovò distesa sul freddo cemento al lato della strada, la gente che urlava tutta intorno e Gabriele disteso su di lei.

Convinta di essere stata investita, si stupì nello scoprire a provare appena un leggero dolore alla testa.

«Grazia- la chiamò allarmato Gabriele, ancora piegato su di lei –stai bene? Sei ferita?»

L'uomo le prese la testa tra le mani scrutando il suo volto e i suoi occhi in modo estremamente attento, poi prese a controllarle le gambe e la schiena alla ricerca di qualche ferita o frattura. Non trovò nulla.

«Sto bene Gabriele.- ansimò lei, finalmente resasi conto di non essere stata investita. Gabriele si era lanciato su di lei prima che l'auto potesse colpirla –Ho detto che sto bene!» quasi urlò nel notare l'insistenza di lui nel tastarla alla ricerca di qualche trauma. Aiutandosi sul braccio che lui le stava porgendo, Grazia si rimise in piedi tirando un sospiro di sollievo nel notare che riusciva ancora a reggersi sulle proprie gambe. Solo allora notò la folla di gente che si era radunata intorno a lei ma che, nel vederla rialzarsi sana e salva, si diramava sempre più.

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