15. Finalmente a destinazione

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Lentamente mi avvicino al gruppetto appostato sotto l'enorme ponte levatoio della fortezza.

E' strano vedere Raz'Kum senza il solito panno bianco di seta che gli avvolge i fianchi, infatti si è cambiato per il viaggio e indossa la classica tenuta da Mercenario: pantaloni neri, maglietta attillata nera e giubbotto antiproiettile. Ai piedi porta un paio di anfibi e non sembra per nulla contento mentre discute con un uomo.

«Assolutamente inaccettabile. Io sono il capo di un'armata, non posso confondermi con dei soldati qualsiasi.» esclama strattonandosi la maglietta.

«Mio signore, è fondamentale che si confonda con il resto del gruppo.. non possiamo far intendere agli uomini del Sistema Anti-Sorveglianza che lei è il capo dei Mercenari.» risponde l'uomo cercando di persuadere il suo capo.

Non appena si volta verso di me mi irrigidisco. Sono passate poche ore da quando ha scoperto chi sono in realtà e mi ha minacciata. E' meglio fare come se nulla fosse ma non mi viene molto facile, cosa che invece a lui sembra venire naturale.

I suoi occhi verdi ipnotizzanti si posano su di me, e come se il suo sguardo fosse un artiglio che mi afferra vengo automaticamente scossa da dei brividi e la pelle d'oca appare sulle mie braccia. Le sue palpebre si stringono come se non si fidasse del mio silenzio e quello sguardo basta e avanza dal levarmi dalla mente di parlare della sua minaccia a John.

A quanto pare è dotato del sesto senso di fiutare la paura, perché il suo viso si rilassa e le labbra si inarcano nel suo solito sorrisetto malizioso.

Facendo appello a tutta la mia forza interiore abbasso lo sguardo nonostante tutti i miei sensi mi urlino di fissarlo ancora. E' come vedere una creatura estremamente esotica e rara dal vivo. Sai che forse sarebbe meglio non fissarla per non provocarla, ma i tuoi occhi sono completamente calamitati da quell'enorme forza letale che hai davanti.

«Jane, eccoti.» mi  salva John avvicinandosi a me. «Stai meglio ora? Vedo che riesci a camminare per fortuna.»

«Oh si, mi sono ripresa abbastanza bene.» gli rispondo forzando un sorriso. Sento due laser verdi smeraldo puntati sulla schiena. Raz'Kum è davvero insopportabile. «Non sarò un peso nel viaggio, promesso.» aggiungo scherzosamente. Ma John non ride, anzi sembra commosso e preso da uno strano slancio di tenerezza che non è nella sua solita indole di uomo che cerca di nascondere i propri sentimenti mi abbraccia.

In effetti dopo la conversazione minacciosa con Raz'Kum, l'incontro con Chuck e Drake e la scoperta su Matt non avevo più pensato a quanto doveva essere in pena John per me. Chissà cosa avrà pensato quando mi ha vista piena di sangue, pelle scorticata e svenuta.

Così anche se inizialmente mi sono irrigidita mi lascio andare e ricambio l'abbraccio. Mi fa strano, dopotutto anche se il contatto con altre persone non mi è più così estraneo un abbraccio è cosa nuova per me. Ma è una bella sensazione. John è più alto di me, posso nascondere il viso nel suo petto e fingere di essere al sicuro per qualche secondo.

Quando John mi lascia andare fa un passo indietro con un'aria sorpresa e imbarazzata. E' dolce vederlo arrossire leggermente e portandosi una mano alla testa borbotta un «Vado a vedere come stanno gli altri soldati.» E si allontana.

Sto ancora ridendo tra me quando vedo che in lontananza ci stanno raggiungendo Vika, Matt e una figura piccola ed esile sorretta dal ragazzo.

Il sorriso svanisce dal mio volto, mentre li fisso avvicinarsi. Certo, nella mia mente io avevo perdonato Matt, ma vederlo davanti a me è tutt'altra cosa. Per non parlare di Vika.

Quando me li ritrovo davanti la ragazza piega leggermente la testa di lato «Stupefacente.» mormora, fissando il marchio sul mio collo che nell'arco di una giornata si è già cicatrizzato.

Stronger than I was - I sopravvissutiWhere stories live. Discover now