Uno

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Non aver mai paura di uno scontro.Anche quando i pianeti collidono,dal caos nasce una stella.

Charlie Chaplin

Strinsi con le mani il bavero del piumino che indossavo, cercando di coprirmi anche le orecchie. Non smettevo di tremare per il freddo e continuavo a chiedermi come facessero alcune tipe a stare lì ferme senza congelarsi.


<Chiara smettila di fissare quelle ragazze!> mi ripetè Micol.


<Non le sto fissando! È solo che non so come facciano a resistere a gambe nude all'aperto con questo freddo!> esclamai pentendomi di non aver indossato anche il berretto di lana.


<Potevi metterti la gonna anche tu, invece! Lì dentro si morirà di caldo!> disse osservando i miei pantaloni neri super coprenti. <Comunque sei bellissima stasera! Sono così contenta che tu sia qui con me!> aggiunse raggiante, attraversando accanto a me l'ingresso del locale. <Davvero Chiara, non riesco ancora a crederci che tu finalmente mi abbia chiesto di portarti ad una festa! Quasi non ci speravo più.> continuò entusiasta senza darmi modo di parlare. <E poi credimi se ti dico che stasera stenderai tutti i ragazzi da quanto sei bella!>

Nemmeno io avrei mai pensato di ritrovarmi all'ingresso di una discoteca all'una di notte con lei. 
Rividi nella mia testa immagini limpide degli ultimi giorni appena trascorsi, ma mi obbligai a scacciare subito il pensiero perché volevo godermi la serata che mi aspettava. 
Ed era tutto tranne che nelle mie abitudini il fatto di trovarmi lì. 
E ancora meno il fatto che io fossi "agghindata" per uscire di casa. Nonostante il mio poco interesse per apparire un po' più carina quella sera, Micol mi aveva comunque obbligata a sottopormi ad un'ora di "seduta di bellezza", come la chiamava lei. 
Aveva lisciato i miei lunghi e arruffati capelli castani con la sua piastra potentissima sostenendo che, con una chioma ordinata, il mio viso si sarebbe finalmente visto. 
Era poi passata al make-up, sfoggiando abilità da vera e propria truccatrice di star holliwoodiane.


<Non ho intenzione di attirare l'attenzione di nessuno Michi e lo sai. Vorrei solo stare con te e divertirmi mentre balliamo come due matte.> dissi con un filo di speranza nella voce mentre mi guardavo intorno, esplorando il locale.


Lei si avvicinò a me e mi schioccó un bacio sulla guancia.
 <Ti conosco bene. Lo so che non sei una mangia uomini. Anche se pagherei per vederti un giorno fare la gatta morta con un ragazzo.> disse ridacchiando mentre io iniziavo già ad arrossire al solo ridicolo pensiero di me in versione seduttrice. <Però devi renderti conto che sei uno schianto truccata così! E per una sera hai bisogno di pensare ad altro.> continuò cambiando leggermente tono di voce e diventando più seria. <Quindi non trattare male ogni ragazzo che si avvicinerà.> mi sorrise e capii che dentro quelle parole c'era la voglia di passare una serata insieme. C'era la necessità di divertirci e lasciare da parte per un momento i miei problemi e il mio passato.
 Le ricambiai il sorriso e le strinsi forte la mano.


<Di questo non ti devi preoccupare perché verranno tutti da te!> esclamai facendole uno sberleffo. <Sei talmente bella! Sembri uscita direttamente da una copertina di quelle insulse riviste di moda che leggi sempre.>

Era davvero bella Micol. Ai miei occhi sembrava una modella. In miniatura però, perché non era molto alta.
 Aveva una corporatura minuta ma proporzionata. Un viso tondo grazioso e grandi occhi blu che lei esaltava sempre con una quantità esagerata di mascara. 
I capelli color caramello le arrivavano alle spalle con delle onde sempre ordinate e lucenti. 
Era la mia migliore amica e questo era un motivo in più per considerarla bella. Ma rimaneva il fatto che, ovunque andassimo, era la prima a farsi notare e a raccogliere l'approvazione dei ragazzi.
 Ci conoscevamo dal primo anno delle superiori perché eravamo nella stessa classe. Ma il momento in cui inizió davvero la nostra amicizia fu a metà anno scolastico. Per la precisione dal giorno in cui la nostra professoressa di matematica obbligò Micol a spostarsi dall'ultimo banco al primo facendola sedere a fianco a me. 
Disturbava troppo durante la lezione, rideva sempre con i compagni dell'ultima fila e questo, di certo, non poteva essere accettato da una professoressa severa come quella di matematica. 
Il silenzio in aula era obbligatorio durante le sue lezioni se non volevi beccarti un'insufficienza.
 Il risultato, però, fu che Micol trasmise la sua energia incontenibile a tutta la prima fila e le lezioni continuarono a non essere silenziose.
 Pur avendo due caratteri diversi a poco a poco diventammo sempre più unite, tanto da passare molto spesso anche il nostro tempo libero insieme.
 Eravamo originarie di Viterbo, dove vivemmo fino alla fine delle superiori.
 Decidemmo di frequentare entrambe il Polo Universitario della Sapienza di Roma, io nella facoltà di Medicina e lei in quella di Psicologia.
 Valutammo l'idea di fare la vita da pendolari ma alla fine, grazie all'aiuto delle nostre famiglie, trovammo un minuscolo appartamento a Roma.
 Aveva un soggiorno piccolissimo, una cucina minuscola, due camere da letto di dimensioni quasi normali ed un bagno. Era davvero piccolo ma noi non avremmo potuto chiedere di meglio per la nostra nuova "avventura romana". 
Nel giro di tre anni, come prevedibile, Micol conobbe tantissima gente. La maggior parte erano studenti incontrati alle feste a cui partecipava settimana dopo settimana. 
Io invece, come da manuale, rappresentavo la classica ragazza studiosa riservata e noiosa, abituata a passare serate intere sui libri a studiare per vincere un immaginario premio di studentessa modello.
 Micol mi conosceva bene e sapeva quali fossero le mie abitudini. 
Quasi ogni sera entrava nella mia stanza urlando: <Chiaaaaraaaa!!! Sei ci sei batti un colpo! Vieni con me alla festa stasera?>

<No Michi devo ripassare.>

<Lo so che un giorno sarai tu a venire da me per implorarmi di uscire! Lo so!> diceva.

E quel giorno, infatti, era arrivato.

Non volevo ma mi trovai, mio malgrado, a ripensare al motivo per cui quella sera mi ritrovavo in quel locale con Micol. Al perché le avevo chiesto aiuto per distrarmi dallo studio.
 Non commettevo errori se si trattava di compiti, interrogazioni ed esami. Era tutto calcolato. Ogni esame era preparato alla perfezione, con scrupolosa attenzione.
 Mi rinchiudevo giornate intere nella mia camera ricoprendo la scrivania e le pareti di appunti, immagini e post-it colorati. Sembrava l'ufficio di un detective investigativo a caccia di indizi per ricostruire un caso.
 E ci uscivo solo poco prima dell'esame, pronta ad affrontare la prova come un carro armato in terreno di guerra. 
Proprio per questo motivo capii che in me c'era qualcosa che non andava quando, pochi giorni prima, avevo deciso di saltare quell'esame.

Dunque ero lì, fuori dalla mia camera, dalla mia casa, pronta a lasciarmi andare alle sorprese che quella lunga notte mi avrebbe portato.

L'unica stellaWhere stories live. Discover now