Parte 1: Madrepatria

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Il maestoso palazzo era degno di uno Zar. Il color crema e gli abbellimenti marroni lo distinguevano da tutti gli altri. All'interno vi erano dodici stanze per la servitù e ventotto per la nobiltà. In una di queste stanze, c'erano due uomini intenti a discutere del proprio futuro. La "Stanza delle torture formali", così la chiamava Aleksei, poiché quando veniva fatto un annuncio ufficiale o venivano tenute delle riunioni lì dentro, ne uscivano tutti cambiati, sconvolti. Quel giorno era stato chiamato lui stesso, sarebbe cambiato lui questa volta.

-Sei stato a letto con mille ragazze diverse. Ora dimmi, Aleksei, che differenza fa per te una donna in più?- domandò un uomo di mezz'età con gli occhi azzurro chiaro, iniettati di sangue.

-Ne fa, padre. Mi state chiedendo di sedurre una donna per Voi; per i Vostri affari di lavoro. Ho venticinque anni, non mi sposerò adesso.- rispose il ragazzo di fronte a lui, alzando la testa.

A dividerli, l'enorme tavolo ovale che poteva ospitare più di trenta uomini in affari pronti ad essere manipolati. I loro sguardi si incontrarono e l'uomo sbuffò mentre si alzava. Si diresse verso il ragazzo, posò una grande mano sulla sua spalla e questo si inginocchiò davanti a lui, chinando la testa.
-Io ti ho accolto in casa come un figlio.- cominciò l'uomo -Ho rispettato te e tua madre, nonostante mi avesse tradito mettendo al mondo un bastardo come te. Non fare l'ingrato.- aumentò la stretta sulla spalla del ragazzo e continuò: -Ti sei tatuato quel numero sul petto per non dimenticare mai di essere stato un carcerato.- l'uomo pizzicò il mento del ragazzo con le dita e lo costrinse ad alzare lo sguardo. I loro occhi si incontrarono nuovamente.

-Non dimenticare mai nemmeno da chi sei stato liberato!- tuonò.

Mi hai liberato perché avevi bisogno di me, bastardo!, pensò il ragazzo. I suoi occhi tremolarono furiosi, impercettibili.

-Io, te e tua madre, partiremo domani mattina per l'Italia; non discuteremo di questo nuovamente.- indicò al ragazzo di alzarsi.

E lui così fece, ma tenne ancora il capo chino. L'uomo si voltò e disse: -Tu, ragazzo, sarai un grande uomo; perché sei figlio di un grande uomo. Il signor Johnson mi ha assicurato di avere una figlia meravigliosa in cerca di un uomo attraente e benestante.- disse orgoglioso Ruslan. -Sei tu quell'uomo, ragazzo!- lo raggiunse e gli diede una pacca sulla spalla, come se fosse fiero di lui, come se non gli avesse urlato contro un secondo prima.

-Io non posso assicurarvi che la figlia del signor Johnson mi piacerà. E non posso assicurarvi che ci andrò a letto. Sapete almeno cosa stiamo rischiando? Non conoscete quell'uomo. Potrebbe farci fuori, ci avete pensato?- domandò il ragazzo, preoccupato.

-Certo che ci ho pensato.- ammise l'uomo, ma non sembrò scoraggiato. -Ecco perché, in caso qualcosa andasse storto, gli dirò che io non ne sapevo nulla e che tu sei un bastardo genetico; in tutti i sensi.-


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