05; Dieci modi per uccidere nel sonno.

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«Cammei ti prego! Guarda quanto sono lunghi! Una foto soltanto!», preghiere da parte di Sara.
Casa Iodice, foto scattata da Camilla.

Alla fine, Camilla aveva chiamato la prof, che non le aveva sbranate come pensavano, ma tre volte peggio.
Non solo erano arrivate in ritardo, si erano sorbite una ramanzina davanti a tutta la classe e non solo da una prof, ma ben due!
Dopo un'ora e mezzo spesa tra ramanzine ed indicazioni stradali, la professoressa convinse tutti a scaricare le valigie dall'autobus e a trascinarsele dietro.

«È stata l'ora più brutta di tutta la mia vita.» borbottò Sara, trascinandosi dietro la valigia ed inceppando ogni tanto in qualche sassolino maledetto.

«La prossima volta la chiamate voi, non si discute!» si difese prontamente Camilla, ripensando all'espressione infuriata che aveva assunto la loro prof.

«La prossima volta non ci si fida dei biondi.» affermò con cattiveria Marten, lanciando uno sguardo di puro odio a Sara, che scosse i capelli biondi sfoderando un sorriso angelico.

«Camilla, Martina! Siete arrivate!» al sentir pronunciare i loro nomi, le due ragazze rabbrividirono, sotto lo sguardo divertito di Sara

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«Camilla, Martina! Siete arrivate!» al sentir pronunciare i loro nomi, le due ragazze rabbrividirono, sotto lo sguardo divertito di Sara. «Siate puntuali e non perdetevi, non fateci fare brutta figura!» raccomandò la professoressa mentre Marten e Camilla la fissarono attente, con gli occhi intrisi di dispiacere.
La videro suonare al campanello e nominare con tranquillità il nome della scuola.
Marten nel frattempo si guardava attorno.
La casa era di un giallino pallido, macchiata dal tempo, con i balconi pieni di piante e fiori, una casetta carina ed accogliente, perlomeno da fuori.
Tornò alla realtà quando ricevette una gomitata bene assestata dalla sua futura compagna di casa, al che la guardò confusa. Quando Camilla le indicò con un cenno la porta della casa, quasi non ci poteva credere.
Camicia a quadri, aria da eroinomane. Era il ragazzo che avevano incontrato quella mattina. Si girò immediatamente e cercò lo sguardo di Sara, che purtroppo mancava accanto a se, vi lesse una punta di divertimento, mista a rabbia e rancore.
Di certo, la reazione da parte del ragazzo, non fu molto d'aiuto. Non appena le vide, i suoi occhi azzurri s'accesero di divertimento, e mentre la professoressa dialogava col ragazzo e lui ascoltava lei con attenzione, Marten stava pensando già ad almeno dieci modi per ucciderlo nel sonno: d'altronde, ne avevano la possibilità, perché sprecarla?

«Perfetto ragazze, vi lascio nelle sue mani.» esclamò la professoressa sfoggiando un sorriso raggiante e battendo velocemente le mani, richiamando a sè il resto dei loro compagni. «Domattina farò di nuovo il giro delle case, vi passeremo a prendere e poi visita guidata. A domani ragazze!»

«A domani...» quello fu l'ultimo borbottio che emesse Camilla, prima di seguire il ragazzo all'interno della casa.
Marten invece, restò fuori.
Non si fidava mai delle persone, mai.
Si fidava ciecamente di Sara e di Camilla, le conosceva come le sue tasche. Stava costruendo un minimo di fiducia con i ragazzi della sua classe, ma solo all'idea che avrebbe dovuto dormire in casa con uno sconosciuto di cui lei non si fidava per niente, le faceva venire l'ansia.

«Se vuoi dormire fuori, non ci sono problemi.» l'accento napoletano la colse alla sprovvista. Alzò velocemente lo sguardo e colse il misterioso ragazzo dagli occhi blu, accendersi una sigaretta.
Aspettò qualche minuto, il tempo di arrivare alla metà della sua sigaretta, lì cercò di nuovo di introdurre un discorso. «Come ti chiami?»

«Non credo che ti interessi.» lo disse in un sibilo, freddamente, prendendo la valigia e trasinandola dentro, decidendo di non voler restare con quel ragazzo un minuto di più. Seguì a tentoni la voce di Camilla, che stranamente parlava al telefono con il fratello, ed entrò in una stanza ampia contenente un letto matrimoniale.
Sarebbe stata la settimana più lunga della sua vita.

***

«Io direi che essere a meno di cinquanta metri dalla casa dove abbiamo depositato Marten e Camilla è un bene.» Sara sospirò pesantemente, lasciandosi cadere sul letto matrimoniale che la signora Iodice aveva gentilmente ceduto a loro due, avvertendole che suo figlio ne avrebbe fatto sicuramente a meno per quella settimana. «Voglio uccidere quel biondino da strapazzo, è stato davvero poco gentile da parte sua!».

«Però è carino.» fece spallucce Asya, la sua compagna di casa. Erano abbastanza amiche. Certo, con lei non aveva il rapporto profondo che aveva con le sue due migliori amiche, ma erano sulla buona strada per costruirne uno così bello e profondo.

«A me sembra un drogato.» dichiarò Sara, aprendo velocemente la valigia ed estraendo da un paio di calzini ripiegati un pacchetto nuovo di Marlboro.
Lo aprì con cura e buttò le cartacce, estraendo una sigaretta ed uscendo fuori dal balcone, seguita immediatamente da un'Asya particolarmente assorta.

«Come ha detto che si chiama suo figlio?» chiese la sua amica, mentre Sara le chiese silenziosamente se volesse un tiro, ma rifiutò con un gesto della mano.

«Alessio, tipo.» affermò Sara, tirando dalla sua sigaretta un tiro fin troppo lungo. «Pensa se è carino.»

«Te lo cederei volentieri, ho chiuso con le relazioni ben tre anni fa, se non ricordi male.» non volle sentire ragioni, Asya, alzando le mani in segno di resa e facendo ridere la bionda.

«Cammei ha mandato un messaggio: stasera usciamo di nascosto e andiamo da loro.» le comunicò la bionda, leggendo dal telefono. «Ha detto di portare i super alcolici.»

«Non ci pensare nemmeno, noi non scapperemo di casa la prima sera e non ti ubriacherai.» le impose Asya, guardandola male con i suoi enormi occhi verdi. Sara fece per dirle che l'ultima volta non era ubriaca, ma l'amica troncò la sua protesta sul nascere. «Sì, Sara, eri fottutamente ubriaca e parlavi con un cazzo di palo.» il rimprovero della sua amica la fece ridere.

«Asya, ti voglio bene, lo sai vero?»

«Qualcosa mi dice che farai come cazzo ti pare e che io ti seguirò.» sospirò Asya, con aria afflitta.

«Brava ragazza.» Sara le diede un paio di pacche sulla spalla, prima di buttare l'ormai filtro, giù dal balcone, ritenendo che avere il balcone che dava sulla strada fosse la miglior cosa del mondo.
Dopodiché rientrò dentro, cominciando a tirar fuori dalla valigia la bottiglia di vino rosso che aveva abilmente rubato dalle scorte di sua nonna.
Decise di aprirla e di bere un po' perché erano solo le cinque del pomeriggio e Camilla le aveva detto di uscire almeno verso le dieci. Sospirò e bevve un sorso.

Se si fosse resa conto di aver preso l'aceto e non il vino, di certo adesso non si sarebbe ritrovata a sputare in faccia al povero disgraziato che aveva appena varcato la soglia della stanza.


Cieeeeu.
Come va?
A me tutto bene, grazie mille!
Ho notato che lo scorso capitolo non è stato commentato come gli altri e mi sto sul serio chiedendo se aggiorno la storia troppo frequentemente, perciò vi chiedo, care lettrici, dovrei aggiornare una volta a settimana? O comunque in un giorno fisso?
Ditemi voi, perché per me non ci sono problemi, visto che è una storia poco impegnativa che mi porta via poco tempo.
Ve lo chiedo giusto per capire se magari devo dare più tempo per commentare e votare.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, vi mando un bacino ed un abbraccio.
xoxo renashair.

School Trip. || Urban StrangersWhere stories live. Discover now