Prologo.

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Era una giornata piovosa.
Dei nuvoloni grigi ricoprivano tutto il cielo, non facendo uscire neanche un piccolo spiraglio di luce.
Era strano che pioveva, dato che in Tailandia era molto raro.
Ma non mi dispiaceva, dato che mi ricordava il luogo dai cui provengo.
Sospiro, mentre finisco l'ultima goccia di the verde rimasta nella tazza.
Guardo ancora un po' il cielo, stretta nella mia coperta, mentre poso accanto alla lampada la tazza vuota.
La laverò domani.
Porgo il mio sguardo verso l'orologio.
Le 9.30.
Chiudo le tende e la luce mentre mi vado subito dopo a coricare.
Quando poso la testa sul cuscino, cercopiteco  di prendere sonno, imponendomi di non pensare al casino in cui sono.
Mi rigiro e rigiro sotto alle coperte, quando, scocciata, lascio fuoriuscire dalla mia bocca uno sbuffo, guardando il soffitto bianco.
E i pensieri cominciano a tornare a galla.
Mi manca tutto.
La mia vita.
Il mio lavoro.
Una lacrima riga lentamente la mia guancia.
Io non avrei mai fatto del male alla mia patria, distruggendo uno dei suoi beni più preziosi che più la caratterizzava.
Non ne sarei mai stata capace.
E i ricordi di quel giorno si fecero vivi dentro la mia testa.

Ero da poco entrata nei servizi segreti americani, e mi consideravano già una delle più capaci lì dentro.
Ero più agile e forte rispetto alle mie coetanee, che spesso mi lanciavano sguardi di gelosia e di odio, ma non importava.
Quel giorno stavo dormendo tranquillamente, quando la porta cadde all'improvviso, ed entrarono subito dopo degli uomini con delle tutte e delle pistole, che mi ordinarono di alzarmi subito dal mio letto.
Io, ancora intontita, chiesi cosa stava succedendo.
Mi dissero che stavo per essere arrestata.
Mi portarono dal mio superiore, che mi guardava con uno sguardo di falso dispiacere.
James McCann era uno stronzo.
Mi odiava solamente perché ero la più capace in mezzo e mi considerava molto pericolosa.
Mi spiegò che qualche ora dopo che avevo lasciato il mio posto di lavoro, la Statua della Libertà era stata fatta esplodere.
Rimasi sorpresa, ma ancora non capivo il motivo per cui io ero lì.
Mi spiegò anche che Zayn Malik, mio collega e anche il mio ragazzo, era stato trovato morto, colpito da una pistola.
La mia pistola.
Delle lacrime stavano per uscire dai miei occhi, ma cercai di contenerle, non volevo essere vista come una debole.
Continuò il discorso dicendo che nel mio armadio, dentro a delle borse, erano state trovate delle bombe ancora non terminate.
Mi consideravano colpevole dell'uccisione del mio collega e per l'atto terroristico.
James ordinò di portarmi alla mia cella, ma subito dopo che fummo fuori dal suo ufficio, la rabbia prese il sopravvento.
Misi KO i due omoni che mi trattenevano, e fuggì da una uscita di emergenza.
Non lo so ancora come feci a trovare un guidatore di aerei che era disposto a portarmi in Tailandia anche con il divieto di volo messo dal presidente, dato che il terrorista poteva essere ancora lì, nessuno doveva entrare e nessuno doveva uscire.
Ma riuscì a scappare.

Mentre ripensavo a quel giorno, mi asciugavo delle lacrime residue rimaste sulle mie guance.
Quando, di sotto, sentì un rumore di vetri rotti.
Andai subito in allerta.
Mi andai a nascondere nel mio armadio, per potere osservare meglio il mio avversario che avrei dovuto affrontare.

"Piccola Carter, dove sei?"
Cazzo, quella voce no.
Non potevano aver mandato Harry Styles.
Liam Payne, Calum Hood, ma perfavore, non lui.
Stava salendo le scale, mentre continuava a parlare.
"L'hai fatta grossa eh? Distruggere la Statua della Libertà, non me ne capacito ancora che una stupida come te abbia distrutto il simbolo degli Stati Uniti."
Mi morsi il labbro e strinsi i pugni, cercando di trattenermi dal prenderlo a calci in culo.
Quando aprii la porta della mia stanza, uscii dal mio nascondiglio e in modo lento, mi nascosi dietro la porta.
Lui si girò verso il mio letto, e io subito dopo che si era girato completamente gli diedi un calcio sulla schiena, facendolo cadere sul materasso.
Sorpreso, cercò di alzarsi, ma per impedirglielo, mi misi a cavalcioni su di lui.
Sorrise.
"Già passiamo alla maniere forti, piccola?"
Alzai gli occhi al cielo, e cacciai da sotto al mio comodino delle corde.
Gliele mostrai e feci un piccolo sorriso strafottente.
"Ora ci divertiamo."

Quantico » Harry StylesOnde histórias criam vida. Descubra agora