Trentunesimo

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La porta scorrevole alle spalle di Steve emise un rumore lieve e veloce, attirando immediatamente la sua attenzione.
Tony ed il medico curante di Bucky entrarono nella stanza cupa, con sguardo serioso.
Rogers ricambiò immediatamente quelle occhiate severe, mantenendo un apparente calma.
«Abbiamo delle domande da fare a James, la invito ad uscire, capitano.» il dottore si avvicinò a passo spedito verso Bucky, informando il biondo, che lo guardò in silenzio.
«Non è necessario.» ringhiò autoritario.
«Invece sì, Steve. Non possiamo fidarci delle sue confessioni sdolcinate di quando eravate ragazzini. Non possiamo rischiare che uccida ancora.» Stark incrociò le braccia, guardando fisso il paziente ed il medico focalizzarsi a vicenda.
«Ascoltami, James, sei sicuro di aver ricordato ogni cosa?» domandò il medico con voce quasi infantile, probabilmente, per sembrare meno severo possibile agli occhi di Bucky.
«Si.»
«Bene, sono felice per te, ma, sei anche sicuro di poter riuscire a controllarti se qualcuno ripetesse quelle parole...?» lasciò la frase in sospeso, facendo sussultare immediatamente il soldato, che si allarmò.
Bucky fece silenzio per alcuni secondi, e poi scrollò il capo rassegnato:
«No.»
L'uomo si avvicinò di più, con in viso un'espressione neutra:
«E se ti dicessi che noi potremo aiutarti? Se avessimo una cura per la tua mente, saresti disposto ad accettarla?»
Steve si fece avanti, seccato:
«Adesso basta, non può...»
Bucky interruppe sul nascere quella discussione, rispondendo serenamente: «Si.»
Cap aggrottò la fronte, rivolgendosi al moro; «Non sei costretto a farlo, Buck, non sei costretto ad ascoltarli.»
«Loro possono curarmi Steve. Possono aiutarmi.».
Il medico si rimboccò le maniche, trovando uno spazio per spiegare dopo un lungo momento di silenzio sconvolto da parte di Steve.
«Eccellente, il trattamento non è nulla di lungo o troppo impegnativo; consiste in un siero iniettato endovena della quantità di circa 80mg, che agisce direttamente alle cellule "malate" del suo cervello, costringendole a cancellare quel comando imposto inconsciamente. La somministrazione è abbastanza dolorosa, e come ogni altro medicinale quest'ultimo presenta degli effetti collaterali, quali: perdita di memoria, perdita dei sensi, oppure... La possibilità che possano ritornare le sue vecchi crisi...» il tono dell'uomo diventò immediatamente freddo.
«Significa che potrei perdere ancora una volta i miei ricordi? Potrei tornare il Soldato D'inverno?»
Lui annuì, lasciando cadere sul petto di Steve un grosso macigno, di ansie e paure.
«Okay.»
Quell'affermazione inghiottì in un silenzio assordante tutti i presenti in quella stanza.
«Capisci che potresti perdere di nuovo ogni cosa?!» Cap si fece avanti sbraitando ad alta voce.
«È un rischio che sono disposto a correre.» annuì serio James.
«No! Potresti ricominciare una vita normale! Possiamo farlo insieme!»
«Devo essere sicuro, sicuro di poter controllare quello che c'è nella mia testa.»
«Come puoi esserne sicuro se cerchi di tirarlo fuori in ogni modo!» Rogers alzò in modo agitato il tono di voce, facendo chinare il capo a Bucky.
«È una mia decisione. Ti prometto che andrà tutto bene.»
Tony affiancò il medico, consegnandogli fra le mani una valigetta nera.
«Bene James, se si sente pronto, possiamo iniziare anche adesso.» la ventiquattrore conteneva una boccetta di vetro con il tanto agoniato farmaco, una flebo ed alcuni cerotti disinfettanti.
Il soldato annuì.
«Tu puoi fare qualcosa, Tony! Puoi convincerlo di quanto sia pericoloso!» Steve strinse la spalla di Stark, che si voltò con freddezza verso di lui:
«Non possiamo permettere che ci siano altre vittime per mano sua. Io non posso permetterlo.»
Cap si ammutolì; si sentì tradito, in quel momento, solo contro tutti, e non poteva far nulla per cambiare le cose.
La cella in cui era chiuso Bucky si aprì, continuando, comunque, a tenerlo immobilizzato.
L'uomo alzò la manica della maglietta che copriva il braccio di carne di James, stringendolo con un laccio emostatico, così da poter trovare la vena, dove inserì l'ago.
Le vene verdi del soldato si fecero immediatamente sporgenti, ancora di più, quando il liquido oleoso colò lungo il piccolo tubo trasparente collegato al suo braccio.
Strinse immediatamente i denti non appena quella medicina gli entrò dentro, provando un intenso dolore sotto la pelle, che, gradualmente, iniziò ad aumentare, sempre di più, mentre le gocce continuarono a scorrere nel suo corpo, con lentezza.
Il suo respiro si fece pesante, e nel suo volto si leggeva chiaramente una smorfia soffocata di dolore.
Gli faceva male, un dolore molto forte, incredibilmente simile a ciò che i trattamenti dell'HYDRA gli facevano provare.
A denti stretti, Bucky iniziò a trattenere inutilmente dei lamenti istintivi causati da quella sensazione quasi insopportabile.
Per poter descriverlo meglio, era come se dell'acido corrosivo camminasse con cautela nelle sue vene, che pulsavano e si gonfiavano, piano.
Il dosaggio non arrivò neanche a metà della provetta, quando, senza controllo, Bucky iniziò ad urlare.
Gli occhi strizzati in un misto fra dolore e paura, per quel dolore dannatamente forte, che iniziò a fargli battere il cuore fortissimo, come un martello pneumatico nel suo petto.
Steve si avvicinò immediatamente a lui, in ginocchio, gli prese il viso con le mani, sentendo quel calore focoso e i tremolii incontrollabili del soldato.
«Basta!» alzò la voce, che venne a fatica percepita, sovrastata dalle urla di James, che continuò a dimenarsi contro la sedia che lo teneva imprigionato.
«Non ha ancora terminato tutto il dosaggio!» il medico si avvicinò al capitano.
«Non mi importa! Fermatevi, adesso!»
Cercando di mantenere più calma possibile, l'uomo interruppe, finalmente, quel terribile dolore, liberando Bucky da quel calvario.
Il mercenario riprese a respirare con difficoltà, cercando di sincronizzare il suo fiato al battito accelerato del suo cuore, ancora innaturalmente pulsante contorto la sua cassa toracica.
«Bucky! Bucky, guardami! È tutto finito, sta calmo.» gli occhi terrorizzati di Steve squadrarono dalla testa ai piedi il corpo tremolante del compagno, che, con un sorriso innocente e gli occhi semichiusi, sussurrò con tutte le sue forze, per cercare di non perdere i sensi, per sentire ancora la voce di Steve;
«Faceva più male di quella volta in cui mi sono rotto le costole e la caviglia cadendo dalla nostra collina.»
Quel ricordo paralizzò Cap, che rivisse ogni singolo istante di quel momento.
«Non accadrà più Buck, capito?» sorrise, ingenuamente, stringendo più forte le braccia del soldato, provando un brivido di freddo quando avvinghiò la presa sulla protesi metallica, gelida e dura.
James chiuse gli occhi, alcune ciocche lunghe gli andarono lungo il viso, incollandosi al collo sudato, e poi, il suo peso cadde morto, privo di sensi su se stesso.
Il dottore scansò con preoccupazione Steve, liberano il polso del soldato dalla cinghia.
«Chiamate subito rianimazione! È in arresto!»
Il terrore paralizzò senza pudore Steve, il grande e grosso Captain America, l'eroe della nazione, messo a nudo, ogni sua paura esposta alla luce del sole; ripensò immediatamente a ciò che gli avevano detto i medici durante i primi giorni di ricovero di Bucky:
"L'elettrocardiogramma ha stabilito gravi danni al cuore. Altri violenti crolli mentali potrebbero stroncarlo."
Una spinta lo riportò alla realtà, come se i suoi pensieri lo avessero inghiottito e portato via.
Bucky era su una barella, inerme, circondato da gente, ancora una volta. Ma questa volta, nulla assicurava che Steve lo avrebbe ancora rivisto.
Tremò ripensando a quante volte aveva rischiato di perderlo, rassicurato poi dal fatto che, in un modo o nell'altro, lo avrebbe riavuto indietro. Ma non in quel momento.
Non si trattava di una missione in guerra, di una caduta da un vagone merci: Bucky stava morendo realmente davanti ai suoi occhi.
Cercò di seguire la folla di paramedici che trasportarono la barella di Bucky via, probabilmente in qualche stanza di rianimazione.
Le gambe del biondo tremarono, quasi non le sentì più.
E nel buio della sua mente, nel ronzio del vuoto, Bucky rivide Steve. Lo stesso ragazzino asmatico che aveva riempito la sua vita.
Il ragazzo di Brooklyn indossava una camicia bianca, i capelli biondi con un ciuffo chiaro sulla fronte, ed il corpo esile e pallido.
Sorrise non appena vide la figura burbera e spaventosa del Soldato D'inverno, con il braccio di metallo e la sua espressione cupa.
Si avvicinò di più a lui, allungandosi in punta di piedi, in modo tale da arrivare all'altezza sufficiente per accarezzargli il viso.
«È solo un sogno, Buck.» Steve si preoccupò, come se stesse percependo tutta quella situazione, avvicinandosi alle labbra carnose di James, che socchiuse gli occhi, stanco di tutta quella sofferenza, stanco di tutta quella vita di dolore, spinto dal desiderio di rimanere per l'eternità in quell'oblio silenzioso in compagnia del suo Steve;
«Allora non voglio svegliarmi mai più.» rispose Names, che si spinse con dolcezza più vicino a quel viso scarnito, socchiudendo gli occhi ed aspettando quel bacio, mentre chinò la schiena per arrivare meglio all'altezza del minore.
Le mani candide di Rogers gli si poggiarono sul petto, fermandolo.
Bucky lo guardò confuso, con gli occhi stanchi:
«No, svegliati.» quelle parole così forti rimbombarono nella sua mente.
«Bucky, svegliati.» la voce di Steve fu come un eco, fra realtà e sogno.
«Bucky.» provò paura, confuso da quel richiamo: «Apri gli occhi
L'acuto rumore di macchine ospedaliere si placò, ritornando a segnare i normali parametri vitali di Bucky.
Cap gli si avvicinò, sfiorandogli la fronte sudata.
James aveva gli occhi chiusi ed una mascherina sul viso, che gli permetteva di respirare.
«Svegliati Bucky.» lo sussurrò Steve con paura: «Svegliati.»

Take me to Brooklyn ||Stucky|| ✔Where stories live. Discover now