20.

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Umanità


Avevamo percorso più di un chilometro in silenzio, quando una voce allarmata mi portò a lasciare andare la mano di Justin per fermarmi. Annie era circa qualche metro più indietro, seduta sul prato con le braccia incorciate.

-Che fa?
Chiese Justin, dando voce ai miei pensieri.
-Non lo so.
Senza dargli troppa retta, mi diressi in direzione della bambina. Mi sentivo in colpa. Ero stata così tanto distratta da Justin che l'unico ad accorgersi che si era fermata era stato Stivie, che adesso stava con lei e le chiedeva cosa fosse succeso, Annie, però, rimaneva in silenzio. Una volta arrivata mi inginocchiai davanti a lei e feci segno a Stivie di lasciarci sole, perché sapevo che quell'espressione della bamina significava solo una cosa: non avrebbe parlato in presenza di nessuno, se non mia.
-Quinn, io voglio scappare, ma se ce ne andiamo poi non riuscirà a trovarci.
Disse mettendo il broncio. Non ne riuscivo a cogliere il significato.
-Tesoro, Daniel non ci deve trovare. Non vorrai di certo tornare in qel posto.
Le accarezzai la testa mentre lei alzò il viso nella mia direzione. Mi chiesi come facesse a non provare freddo con le gambe nude per terra.
-Ma non Daniel. Io parlo di Fhara. Se andiamo via quando tornerà non ci troverà più.
Mi sentii un colpo al cuore. Come avrei potuto dirglielo? In quel momento avrei voluto che Stivie fosse di nuovo accanto a me per darmi una mano. Di certo non potevo contare su Justin, che prima di Annie, probabilmente, non lo aveva neanche toccato, un bambino.
-Quinn, dobbiamo muoverci. Ci hanno scoperto. Ho appena ricevuto un messaggio da Chirag
Justin correva nella nostra direzione. Mi alzai istintivamente. Non sarebbe successo. Io sarei scappata. Non sarei tornata lì, dove sicuramente mi avrebbero ucciso, anzi ci avrebbero uccisi tutti e quattro.
-Annie, alzati.
Chiesi disperata, lei mi ignorò.
-Annie, muoviti.
Dalla mia voce trapelava solo la disperazione. Ripensai a quel serpente, a quelle mura, a Daniel. Ero troppo confusa, spaventata, e probabilmente urlai perché Justin mi si fiondò addosso, abbracciandomi.
-Silenzio, no.
Disse stringendomi a sé.
-Sei al sicuro con me. Non permetterò che ti accada nulla di male. Mai più. Capito?
Mi scosse, ma io riuscivo a pensare solo ai soci di Daniel che correvano dalla nostra parte e noi fuggitivi che rimanevamo fermi.
-Annie, vieni, ti prego.
-No, dobbiamo aspettare Fhara.
Disse secca, con tono autoritario.
-Smettila di fare i capricci bimba, dobbiamo andare.
Justin guardò verso di Annie, dopo più lontano, in direzione della società e alla fine cercò i miei occhi con un'aria di richiesta. Quello non era un vero e proprio capriccio, un capriccio lo fa un bambino che vuole un gelato per parnzo, o uno che vuole un giocattolo nuovo mentre ne ha già tanti, ma quello di Annie non poteva essere definito capriccio. Se io avessi saputo che Fhara era ancora là dentro, l'avrei aspettata. Ma lei non riusciva a capire che non era così. Fhara era morta.
Afferrai Annie per un braccio e la costrinsi ad alzarsi in piedi. Vedevo degli uomini che si guardavano in torno in cerca di noi nel buio non riuscivano a distinguerci bene, ma presto le loro torce ci avrebbero illuminati. Fortunatamente il cielo era dalla nostra parte. Aveva fatto scuro in fretta e la luna era coperta dalle nuvole.
-Dobbiamo aiutare Fhara.
Urlò Annie.
-Smettila di urlare, bimba.
Si innervosì Justin, pensai che le stesse per mollare un pugno, ma alla fine rimase immobile scrutando l'orizzonte nell'oscurità della sera.
-Mi chiamo Annie, antipatico.
Lo disse con un tono così innervosito che mi portò a pensare che "antipatico" fosse l'insulto più pensante che conoscesse. Sbattè il piede a terra e strinse i pugni. Era diventata tutta rossa per la rabbia.
-Aspetteremo Fhara nel rifugio, va bene?
La mia voce la fece sembrare quasi una preghiera.
-No, lei non sa dove siamo.
-Andiamocene.
Ripeté Justin indietreggiando, aveva ancora gli occhi fissi su quelle figure lontane che si stavano disperdendo per cercarci in tutti i possibili luoghi in cui ci potessimo trovare. Mi afferrò per una mano e mi costrinse a seguirlo. Vidi Annie persa, si guardò in torno con la bocca spalancata. Pensai che stesse per scoppiare in un pianto disperato e a quel punto ci avrebbero sicuaremnte scoperti, invece mi sorprese. Si sedette sull'erba a gambe incrociate e cominciò a giocare con una ciocca di capelli. La guardavo e mi rendevo conto di non poterla abbandonarla lì.
-Io non la lascio.
Avevo paura che mi potessero scoprire, che mi riportassero là dentro, ma avevo bisogno di Annie con me. Non l'avrei abbandonata a sé stessa. Con tutte le forze combattei l'istinto che mi portava a lasciarla lì e mi liberai da Justin. Corsi verso la bambina e la presi in braccio di forza. Lei comincò a tirarmi pugni sul collo, dicendo di lasciarla, ma io non l'avrei fatto. Riuscii solo a raggiungere Justin e lasciai la bambina a terra. Non ce l'avrei fatta a scappare con lei in braccio. Pesava davvero poco, ma io non mangiavo da due giorni e la paura, l'ansia mi stavano togliendo tutte le forze che mi rimanevano. Ripresi fiato.
-Io non vengo.
Annie si sedette di nuovo a terra e mi guardò con aria di sfida. Da chi aveva imparato quell'espressione? Da me? Da Fhara non di certo.
-Eccoli.
Una voce in lontananza mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. In quel momento capii. L'unica soluzione era quella di lasciare che ci prendessero. Alla fine Daniel mi avrebbe ucciso, ma io avrei cercato un modo per evitare che facessero del male anche ad Annie. Non potevo rispedirla là dentro da sola. Mi sarei potuta aspettare di tutto una volta uscita dalla botola, ma non che sarei tornata in quell'inferno per un incidente del genere.
-Dobbiamo andare, Quinn. Lasciala qui. Non vuole venire.
Mi urlò contro Justin, era chiaro che non volesse perdermi di nuovo. Guardai di nuovo Annie, dpo gli uomini che correvano verso di noi e alla fine chiusi gli occhi, mi sedetti e urlai con tutte le mie forze. Speravo che così ci avrebbero raggiunto prima che potessi cambiare idea.
Quello che accadde dopo fu davvero inaspettato. Justin afferrò Annie e la caricò in spalla, come se fosse un sacco. La teneva dai piedi e lei tirava pugni contro la sua schiena. Mi alzai e cominciai a correre dietro di loro, seguita da Stivie che cercava di sparare in direzione degli uomini. Loro erano armati, adesso riuscivo a vederli meglio, ma non attaccavano. Probabilmente Daniel ci aveva richiesti vivi. Con mio grande rammarico mi accorsi che Stivie non riusciva a colpire nessuno, non era mai stato bravo con le armi. Sapeva come usarle, ma nella società lui era addetto all'archvio, nulla di più. Corsi nella direzione di Stivie e gli tesi una mano.
-Dammi una pistola, un coltello, qualunque cosa.
Urlai per farmi sentire nonostante gli spari. Lui mi ignorò.
-Stivie, ti aiuto io.
-Quinn, lascia stare, seguimi e basta.

Urlò Justin davanti a noi.
-Stivie.
Urlai di nuovo per attirare la sua attenzione. Mi passò la pistola che aveva in mano e lui ne tirò fuori un'altra da sotto la giacca. Mi voltai verso in nemici, erano quattro. Ne colpii due senza problemi, dopo mi accorsi che le pallottole erano finite. Gli altri due continuavano a seguirci, ma allora avevamno quasi raggiunto le case.
Non sapevo se fosse una città o villaggio, ma tutto sembrava malandato, sarebbe stato più facile seminarli lì. Allungammo tutti e tre il passo, mentre correvamo per le vie di quel luogo. Speravo che Justin sapesse dove andare, ma presto mi accorsi che ci muovevamo sempre per le stesse vie in circolo, forse prima avremmo dovuto seminare i dueper evitare che venissero a conoscenza del nostro rifugio.
Non riuscivo più a respirare per quanto avevo corso, i piedi mi si muovevano meccanicamente, non li sentivo più, ma i polpacci in compenso erano in fiamme. Magari li avevamo seminati. Mi voltai per guardardi alle spalle, anche loro sembravano affaticati, ma erano dietro di noi. Improvvisamente sentii un ostacolo che colpì il mio piede, la terra girò di centottanta gradi e la mia guancia colpì l'asfalto, troppo velocemente per rendermene conto. Non mi ero accorta di aver bisogno di fiato fino al momento in cui non fui stesa per terra. Non mi potevo arrendere. Guardai dietro di me, i due erano quasi arrivati. Nonostante tutti i muscoli urlassero di dolore, mi costrinsi ad alzarmi. Sapevo che mi avevano quasi raggiunto, ma non ne fui convnta finché non sentii qualcuno toccarmi la spalla. Lo spinsi via con una gomitata e ricominciai a correre, dopo circa qualche passo, però, sbattei contro qualcosa o per meglio dire, qualcuno. Pensai subito che mi avessero accerchiato. Sentii due spari accanto al mio orecchio. Probabilmente il ragazzo contro cui avevo sbattuto mi aveva colpito. Senza neanche guardarlo in faccia, abbassai gli occhi sul mio corpo, non mi era successo nulla. Confusa alzai il viso. Era solo Justin, mi guardava e il suo respiro era pesante, anche lui era stremato per la corsa.
-Grazie.
Sussurrai. Del resto aveva rischiato di essere catturato raggiungendomi, ma lo aveva fatto per proteggermi. Non aveva ucciso i ragazzi, li aveva solo feriti, spaventati si diedero alla fuga. Non c'era più pericolo. Mi appoggiai contro il suo torace e chiusi gli occhi, mi senntivo al sicuro. Lui mi cinse tra le sue braccia. Avevamo bisogno di stare un po' fermi e di respirare. Era una consolazione sentire il suo cuore battere e vedere il suo torace alzarsi e abbassarsi sempre più piano.
-Se eri così bravo a usare le armi in corsa, perché non l'hai fatto prima?
-Non volevo rischiare di ucciderli.
Mi allontanai dal suo corpo e lo guardai in cerca di spiegazioni.
-Se Daniel venisse a sapere che sono stato io me la farebbe pagare, con la morte forse. E' contro il codice uccidere i dipendenti delle altre società. Io adesso sono in debito con lui.
Mi guardai intorno, la strada era deserta.
-Non ti ha visto nessuno e poi non l'hai uccisi.
Lo rassicuarai.
-Non è detto.
Lanciò un'occhiata ai due corpi stesi a terra.
-Andiamocene prima che sia troppo tardi.
Propose, mi afferrò la mano e cominciammo a camminare lungo la via stretta e solitaria. Annie ci aspettava qualche isolato più lontano, Stivie la teneva per mano.

**

Entrammo in quello che doveva essere il nostro rifugio. Era solo una casetta abbandonata e da fuori sembrava anche decadente. All'interno, però, non era messa tanto male, era modesta. Sulla destra c'era l'angolo cucina e la piccola stanza su cui si apriva la porta era occupata solo da un divano e una poltrona. Apparte le cose essenziali, non mi soffermai molto sull'abitazione, perché il posto a sedere aveva catturato la mia attenzione. Mi diressi verso il divano e mi ci sedetti, appoggiando la testa al bracciolo.
-Stanca?
Mi chiese Justin.
Avevamo corso per moltissimo tempo, non avevo mangiato ed ero quasi stata attaccata da un socio di Daniel, la risposta mi sembrva abbastanza ovvia.
Justin mi venne incontro e stava per sedersi accanto a me, quando Annie corse nella mia direzione e si diede lo slancio per salire sul divano, cominciò così a giocare con i capelli. Ero troppo stanca per dirle di smettere.
-Ehy, mi stavo sedendo io lì.
Protestò Justin. Annie non rispose, era uno di quei momenti in cui non riusciva a vedere nulla oltre la tenda di capelli che le scendeva dalla fronte sul viso. Mi voltai verso Justin, che decise di sedersi accanto a lei, visto che il posto al mio fianco era già stato occupato. Non avevamo parlato molto da quando eravamo usciti dalla società. Ci amavamo, questo era certo. Ma non ero convinta che tutto non potesse tornare esattamente come prima, io avevo bisogno di spiegazioni da parte sua. Quando saremmo stati soli me le avrebbe fornite, ne ero convinta.
Mentre osservavo Justin lui si voltò dalla mia parte e io, imbarazzata, abbassai gli occhi su Annie.
-Perché mi guardavi?
Chiese.
-C'è qualcosa che non va?
Sembrava preoccupato.
-Nulla.
-So che ti devo delle spiegazioni, è inutile nasconderlo. Ti spiegherò tutto, ma prima pensiamo a mangiare.
Annuii distrattamente proprio quando ci raggiunse Stivie che, essendo stato in cucina, aveva preparato dei panini per cena. Era tanto che non mangiavo qualcosa di così buono. Anche Annie sembrò piacevolmente sorpresa da quel gusto ottimo e definito. Definito, sì, non era di certo come quelle zuppe, quei miscugli, che ci davano nella società.
Mi sentii sollevata quando Annie sorrise verso Stivie.
-E' buonissimo.
-E' solo un panino.
Osservò Justin, come se la piccola fosse una stupida che non riuscisse a capire.
-Smettila di rivolgerti così a lei.
Sbottai. Riusciva distruggermi i nervi con quell'atteggiamento. Cosa gli aveva fatto Annie? Assolutamente nulla, era solo una bambina, ma probabilmente lui neanche sapeva cosa fosse una bambina.
-E' colpa sua se ho dovuto uccidere quegli uomini. Ci ha fatto perdere tempo. E' colpa sua se io avrò per sempre un conto in sospeso con Daniel.
Posò il panino sul bracciolo del divano. Sembrava angosciato e preoccupato. Mi sarei infuriata con lui in altre circostanze, ma probabilmente c'era qualcosa che mi stava nascondendo, qualcosa che io non riuscivo a capire. In quel momento non avevo neanche la voglia di sapere cosa fosse. Mi avrebbe fatto preoccupare di nuovo, proprio adesso che mi ero riuscita a calmare. Sperai solo che non fosse in pericolo davvero.
-Non ho fame.
Dichiarò subito dopo. Annie mi guardò con occhi desideranti. Non capii subito.
-Posso prenderlo io?
Mi chiese supplichevole.
-Certo, credo.
Mi voltai verso Justin, che aveva già il panino in mano e lo stava porgendo ad Annie. Lei lo afferrò e cominciò a divorarlo con velocità. Justin allungò una mano verso di me e mi accarezzò il braccio con delicatezza.
-Ti amo.
Disse semplicemente.
-Anche io.
Non sapevo come gli fosse venuto in mente, forse i sensi di colpa per aver provato ad abbandonare una bambina in mano di un uomo spietato, o forse perché si sentiva davvero in pericolo a causa di Danuiel.
Annie finì in fretta il panino, dopo ricominciò a giocare con i capelli.
-C'è qualcosa che mi vuoi chiedere?
Le dissi, se stava in quel modo significava che c'era qualcosa che non andava. Lei mi ignorò, io le afferrai le mani, costringendola a concentrarsi su di me.
-C'è qualcosa che non va?
-Perché dovrebbe avere qualcosa? Non sta d certo piangendo.

Disse Stivie.
-Se Quinn dice che c'è qualcosa che non va, è vero.
Justin mi difese, Stivie rimase in silenzio, perché anche lui era al corrente delle mie lezioni prese con Luke per imparare a riconoscere i segni del corpo.
-Allora Annie?
Chiesi scuotendola per i polsi.
-Perché non hai voluto aspettare Fhara? Perché avete litigato?
Chiese. Ricordai che l'ultima conversazione con Fhara era quasi degenerata in un litigio.
-No.
Dissi semplicemente, al pensiero che non era lì con noi, che non ero riuscita a salvarla, mi sentivo un fallimento e il cuore tornava a pezzi.
-Allora perché?
Non sapevo cosa dirle, perché credevo che mi sarei messa a piangere anche io se avessi detto ad alta voce ciò che realmente era accaduto.
-Perché...
Mi bloccai subito, quando i miei occhi si inumidirono, mi morsi il labbro con tutte le mie forze per non piangere.
-Annie...
Stivie era chinato verso la bambina e la guardava con occhi seri.
-Vedi, piccola, non abbiamo aspettato Fhara perché lei non può venire con noi.
Stivie era così umano. Sapeva come comportarsi con gli altri, anche con i più piccoli. Avrei voluto che Justin imparasse, anzi, io stessa sarei voluta essere brava copme lui.
-Perché no?
Annie era preoccupata.
-Lei è in cielo adesso, ma sta bene. Capito?
Stivie sorrise per tranquillizzarla. Adesso ero sicura che se glielo avessi detto io, l'avrei traumatizzata a vita con i miei probabili pianti isterici. Annie mi guardò in cerca di spiegazioni, feci finta di nulla e mi concentrai su Stivie.
-Non ho capito.
Disse lei scuotendo la testa.
-Bimba, è morta.
Disse Justin con una tale semplicità che mi ricordò che la gente muore tutti i giorni, anche se per me la morte della mia migliore amica era stata lacerante, il mondo andava avanti, come faceva da duemila anni e come avrebbe fatto per altri millenni.
Annie si voltò di nuovo verso di me. Il punto forte di Justin non era di certo la delicatezza, lui aveva sempre convissuto con le morti, aveva addirittura visto l'assassinio di sua madre di fronte a lui quando aveva solo un anno, ma non riusciva a capire che ci fossero bambini che non capivano cosa fosse la morte.
-Mamma mi ha detto che lei sarebbe tornata, quindi anche Fhara tornerà. Io non vi credo. Siete bugiardi.
Ci accusò.
-Annie, hai visto che Fhara aveva il sangue addosso? Non tornerà.
Disse Stivie storcendo la bocca.
-Stava solo dormendo.
Urlò lei a pieni polmoni.
Accadde l'impossibile. Inaspettatamente Justin appoggiò una mano sulla testa di Annie e la accarezzò.
-So come ti senti, bimba, anche io ho perso la mia mamma e il mio papà, ma devi accettarlo. Non torneranno più. Credi che se ci fosse stata la possibilità di riportare qui Fhara Quinn non l'avrebbe aspettata?
Annie si voltò verso Stivie che annuì, alla fine mi guardò. Aspettava solo una mia conferma, ero l'unica di cui si fidasse.
-E' vero.
Dissi semplicemente. Mi aspettavo che si mettesse a piangere, invece, come al solito, cominciò a giocare con i capelli. Justin mi guardò confuso, lo ignorai e afferrai i polsi di Annie.
-Non devi tenerti tutto dentro. Piangi.
Il mio sembrò quasi un ordine, ma Annie mi ignorò. Mi guardava con occhi persi, come se fosse lontana anni luce da me.
-Piangi.
La scossi. Finalmente una lacrima le solcò il viso.
-Posso piangere davvero?
Mi chiese.
-Perché no?
-Mamma mi aveva detto di non piangere prima di andare da Daniel.
-E tu non hai mai pianto da allora?

Annie scosse la testa e un'altra lacrima scese per la sua guancia. Era così buona e ubbidiente.
-Quindi lei non tornerà come Fhara, vero?
Mi morsi il labbro e annuii. Fu allora che tutte le lacrime che Annie aveva custodito per così tanto tampo, adesso vennero fuori. Cominciò a singhiozzare, aveva la guance rosse e le mani sugli occhi. Le poggiai una mano sulla schiena in silenzio. Mi chiesi perché la madre fosse stata uccisa, cercava di proteggere la figlia? Di certo non era una domanda che avrei posto alla bambina, visto che c'era anche una buona probabilità che non sapesse rispondere. Ero consapevole che sarebbe rimasto per sempre un dubbio. Mi sentivo il dovere di dare una famiglia ad Annie, una bambina che era stata sempre sfortunata. Io solo da grande avevo dovuto affrontare quella vita nella società, lei era così debole,indifesa e non aveva mai pianto, mi faceva tenerezza e avrei voluto che Justin la aiutasse, tanto quanto facevamo io e Stivie, forse più Stivie che io.
Dopo almeno una buona mezz'ora Annie era ancora disperata, piangeva rumorosamente, tipico dei bambini, e piano piano si era accasciata sulle mie gambe. Io le accarezzavo la testa e speravo che si rispendesse velocemente.
-E' mezza notte.
Disse Justin improvvisamente. Da quando Annie aveva cominciato a piangere nessuno aveva più parlato, ci eravamo solo lanciati degli sguardo prima sorpresi, poi tristi e alla fine preoccupati.
-Annie, dobbiamo dormire.
Le dissi tirandola su, lei si asciugò le lacrime, ma di fatto stava ancora singhiozzando.
-Come fai a non piangere sapendo che Fhara non tornerà da noi?
Chiese con tono d'accusa. "Non piango, ma sto morendo dentro." Questo avrei voluto rispondere, invece quella sua voce acuta che mi accusava mi fece ripensare a tutte le colpe che avevo nel non averla salvata e mi uscì solo un mugulio, seguito subito da un mare di lacrime. Mi accovacciai sul divano con le gambe incrociate e appoggiai la testa sul bracciolo, come se guardare un punto lontano della stanza mi avrebbe aiutato.
-Ehy.
Disse Justin di punto in bianco. Sia io che Annie ci voltammo verso di lui. Ero convinta che si riferisse a me.
-Bimba, ascolta.
Sicuramente avrebbe peggiorato la situazione con una delle sue frasi fuori luogo. Era un campione a non capire come comportarsi in quelle situazioni. Si chinò versò di Annie e la guardò dritta negli occhi.
-Anche io non ho più la mia mamma e ho perso tanti amici, ma la vita continua e loro non se ne sono andati. Sono in cielo. Loro ci vedono e stanno sempre con noi, solo che noi non li vediamo. La tua mamma ti protegge e ti ama anche da lassù. Per questo ti ha mandato Quinn, per salvarti da quel posto.
Annie sembrò calmarsi un po'.
-Davvero?
-Certamente.
Justin le accarezzò una guancia e le sue dita le coprirono l'intera guancia, Annie afferrò la sua mano. Il suo palmo era piccolissimo rispetto a quello del ragazzo, non pensavo che Justin sarebbe potuto sembrare così "umano". Mi chiesi se Justin si comportasse in modo così premuroso perché ci tenesse davvero o perché credesse che io stessi piangendo per Annie e quindi voleva fare un favore solo a me.
-Grazie.
Disse lei abbassando il capo, poco dopo si girò verso di me che intanto, attratta dalla personalità nascosta di Justin, mi ero ripresa.
-Fai bene ad avere un fidanzato come lui. Lui è bravo. Anche io da grande ne avrò uno come lui.
Non feci in tempo a rispondere che Stivie porse una mano alla bambina.
-Adesso andiamo a nanna, ti va? Così domanai partiamo e ci lasceremo tutto questo alle spalle.
Mi rivolse un'occhiata d'intendimento, come se intendesse dire che tutto ciò che c'era stato tra di noi, malintesi e non, lo avremmo anche noi lasciato al passato. Dovevamo cominciare a guardare al futuro e ricostruire la società. Solo tutti insieme e uniti l'avremmo potuto fare.
Annie si voltò di nuovo verso Justin.
-Che c'è? Non vuoi venire a dormire? Ti sei innamorata di lui? Guarda che non è un tipo raccomandabile.
Stivie si inginocchiò e indicò Justin, il quale sbuffò annoiato da quella ironia nei suoi confronti. Annie sorrise e scosse la testa.
-Se proprio vuoi un fidanzato devi allargare i tuoi confronti, lui è brutto.
Stivie rise ed Annie lo abbracciò senza difficoltà, visto che erano alla stessa altezza.
-Vuoi essere tu il mio fidanzato?
Chiese. Stivie si alzò e la prese in braccio.
-Certo principessa, ne sarei onorato, però adesso si va a nanna.
Annie annuì e poggiò la testa sulla spalla di Stivie, che intanto la teneva stretta e stava raggiungendo una porta alle nostre spalle. Solo allora mi accorsi che dietro di noi non c'era un muro chiuso, bensì due porte. Stivie entrò in quella a sinistra e ipotizzai che per accedere alla stanza mia e di Justin bisognasse usare la porta di destra. Mi disturbava il fatto di dover lasciare Annie per la notte.
-Non ti preoccupare, è in buone mani.
Fu come se Justin mi avesse letto nel pensiero. Senza neanche pensarci mi avvicinai a lui sul divano e poggiai la testa sulle sue gambe, lui cominciò ad accarezzarmi la testa con delicatezza. Finalmente un momento tutto per noi, l'avrei assaporato fino alla fine, perché ormai avevo capito che bisognava cogliere il presente, visto che non si poteva sapere mai cosa riservava il futuro.
Finalmente avrei potuto parlare con lui e ricevere delle risposte, dei chiarimenti. Ma per ora volevo solo riposare accanto a lui. Afferrai una sua mano, la portai alle mie labbra, gli schioccai un bacio e la tenni stretta nella mia, finché non mi addormentai.



MadhouseWhere stories live. Discover now