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Cara Amelia Earhart,

ricordo che, quando ti sentii nominare per la prima volta, durante la lezione di scienze sociali alle scuole medie, fui quasi gelosa di te. So che non è esattamente quello che si dovrebbe provare nei confronti di una persona scomparsa in circostanze  tragiche, ma a rendermi gelosa non fu tanto la tua morte, quanto l' idea di volare, di sparire. E anche il modo in cui vedevi la terra dall'alto. Non avevi paura di perderti. Decollavi, e basta.

Stamattina ho deciso che mi serve almeno un briciolo del tuo coraggio, perché ho cominciato le superiori tre settimane fa, e non posso continuare a starmene da sola vicino al recinto della scuola. Così, dopo aver passato in rassegna i miei vecchi vestiti - tutti orribili, per quanto mi sforzi di scegliere quelli che danno meno nell'occhio - sono andata ad aprire l'armadio di May, pieno di cose vivaci, forti. La mattina usciva di casa con lo zaino su una spalla, e sembrava che ogni cosa fuori dalla nostra porta dovesse correrle incontro per salutarla. Ho preso la roba che si era messa il primo giorno di scuola, il maglione di cachemire rosa con una toppa dei Nirvana e la minigonna a pieghe. Me li sono infilati. Questa volta non mi sono guardata allo specchio, perché sapevo che sarei inorridita e mi sarei tolta tutto. Ho prestato attenzione solo al fruscio della gonna contro le mie gambe nude, e ho pensato a ciò che doveva provare lei, quando la indossava.

Mentre papà mi accompagnava a scuola, in macchina, mi sono accorta che mi osservava. Alla fine, quando ha accostato per farmi scendere, mi ha detto, cauto: <<Sei carina, oggi>>.

Sapevo che aveva riconosciuto i vestiti di mia sorella.

<<Grazie, papà>>, ho risposto, nient'altro. Poi ho accennato un sorriso e sono saltata giù.

A pranzo, ho attraversato la mensa fino ai tavoli fuori e ho guardato gli altri ragazzi che si muovevano tutti insieme, felici, come se recitassero nello stesso film. Natalie, che è con me a inglese, era con una dai capelli rosso fuoco. Si sono sedute a un tavolo in mezzo alla folla di studenti. Tutt'e due hanno preso un succo di frutta, niente cibo. Sembrava che il sole fosse atterrato di proposito sui i loro capelli. Natalie aveva le treccine e i tatuaggi disegnati, e indossava una maglietta di Batman che le stringeva sul petto. La rossa portava una gonna nera a tutù e una sciarpa rosso acceso, come il rossetto. Non erano vestite come le ragazze più popolari della scuola, che sembravano uscite da una rivista di moda. Ma per me erano stupende, come se appartenessero a una loro costellazione privata. Una di cui forse potrei far parte anch'io. A vederle, avrebbero potuto essere amiche di May. Hanno scacciato i ragazzi  della squadra di calcio, che ronzavano intorno alla rossa.

Volevo disperatamente andare a sedermi con loro;

era un desiderio quasi fisico. Ho mosso qualche passo in quella direzione, pensando che magari Natalie mi avrebbe notato. Ma poi ho cominciato ad agitarmi e sono tornata a sedermi accanto al recinto.  Mi sono alzata e mi sono seduta di nuovo.

Mi è tornata in mente una tua frase:<< Nella vita non si deve essere semplici passeggeri>>. Ho pensato a te mentre solcavi i cieli. E a May , quando usciva di corsa la mattina. Ho accarezzato il suo maglione. E mi sono incamminata... di nuovo. A un paio di metri dal tavolo, mi sono fermata. Loro erano sedute vicine, si stavano scambiando i succhi di frutta per assaggiarli; appena si sono accorte che c'era qualcuno, hanno alzato lo sguardo. Probabilmente hanno immaginato che fosse un altro giocatore, e all'inizio Natalie sembrava seccata. Invece quando ha visto che ero io è stata carina. Mi sono sforzata di pensare a qualcosa da dire, ma non ci sono riuscita. Sentivo le voci che mi sfrecciavano intorno , e all'improvviso la mia mente era una tabula rasa.

In quel momento, però ho sentito Natalie dire << Ehi. Tu sei con me a inglese>>.

<<Sì.>> Ho deciso di rischiare, e mi sono seduta all' estremità della panchina.

<<Io sono Natalie. Lei è Hannah.>>

<<Hannah ha alzato gli occhi dal suo succo di frutto.

<<Laurel? E' il nome più figo che abbia ma sentito>>.

Natalie ha cominciato a parlare degli idioti che ci sono in classe con noi, e io ho fatto del mio meglio per ascoltarla, ma in realtà ero troppo felice per concentrarmi si quello che stava dicendo.

Alla fine del pranzo si erano innamorate della mia gonna, e di tutto il completo, e mi hanno domandato se volevo andare con loro alla fiera, dopo la scuola. Non riuscivo a crederci. Ho chiamato papà con il cellulare nuovo, che dovrebbe servire solo per le emergenze ( anche se già so che non sarà così). Gli ho detto che delle ragazze mi avevano chiesto di uscire con loro alla fine delle lezioni, e di non preoccuparsi se non mi avesse trovato a casa al ritorno del lavoro, perché avrei preso l'autobus come al solito. Ho parlato così in fretta da non dargli tempo da obiettare.

Adesso c'è algebra, e io non vedo l'ora che suoni la campanella. I numeri sulla lavagna non hanno senso, perché per la  prima volta in tutta la mia vita ho un posto dove andare.

                                                                                                                                                         Con affetto,

                                                                                                                                                            Laurel

Noi siamo grandi come la vitaWhere stories live. Discover now