Parte 18 Anno 2015 Erika

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ERIKA

"Jay abbiamo solo un materasso libero. Tu e la tua amica avete problemi a dormire assieme?"

Resto col fiato sospeso per qualche secondo, col cuore che mi batte a più non posso, in ansia per quale sarà la sua risposta. Finché lo sento dire:

"Per me non ti devi preoccupare, il materasso dallo a lei".

Nella mia mente lo ringrazio e cerco il suo sguardo per fargli un cenno di riconoscenza. Ma lui continua a parlare con Ranza, ignorandomi.

Che ne è stato del ragazzo tanto carino e premuroso di oggi pomeriggio?

"Ti dispiace se io vado a dormire ora? Mi fa male la testa e mi sento molto stanca", dico rivolta a Ranza.

"Non vuoi bere qualcosa? Abbiamo birra e vodka. Scaccomatto ha anche portato delle brioche calde. Ne vuoi?"

"Ti ringrazio, ma non mi va nulla ora. Vorrei solo chiudere un po' gli occhi"

Ora è Jay a fissare me, posso percepire la sua disapprovazione anche senza guardarlo.

"Puoi andare sul materasso vicino alla finestra. Quello senza nulla sopra. Mi spiace, ma le coperte le abbiamo finite".

"Nessun problema. Buonanotte".

Mi dirigo verso il materasso continuando a ignorare Jay che mi segue con gli occhi fino a destinazione, per poi sparire dietro al suo amico.

Devono essere le dieci e mezza, ma mi sento spossata come se fosse notte fonda. Accendo il telefono per controllare l'ora e trovo nuovi messaggi di mia madre.

"Ti prego, dimmi almeno che stai bene"

"Mi dispiace tanto. Non avrei mai voluto farti soffrire"

"Per favore torna a casa"

Mi viene il magone. Sono ancora arrabbiata con lei, ma leggere le sue parole fa male al cuore. Non avevo intenzione di farla stare tanto in pensiero. Decido di scriverle un messaggio, ma mentre digito le prime parole inizia a squillare il telefono facendo scomparire le lettere. Numero sconosciuto. Titubante premo il tasto verde, più per farlo smettere di suonare che per altro. Dall'altra parte sento una voce maschile, agitata:

"Erika! Erika! Rispondi Erika! Dove sei?"

Riconosco la voce di Stefano. D'istinto interrompo la chiamata e spengo di nuovo il telefono.

Come un fiume in piena mi investono i ricordi di oggi pomeriggio. Il nostro incontro dopo cinque anni di silenzio. La verità nascosta per tanti anni, improvvisamente spiattellata in malo modo. La mia delusione nel realizzare che non mi era corso dietro.

Mi gira la testa. Ho l'amaro in bocca. Chiudo gli occhi stordita dai troppi pensieri e mi addormento con le guance rigate dalle lacrime.

Nella notte sento una mano che mi accarezza i capelli. Sto ancora sognando:
"Mamma, sei tu?"
Poi all'improvviso ricordo dove sono, scatto in piedi di soprassalto, pronta a lanciare un urlo, ma la mano mi tappa la bocca e una voce sul mio orecchio sussurra: "Vieni con me".

I miei occhi non ancora abituati al buio non riescono a identificare chi mi abbia svegliato. Mi sento guidare fuori dalla stanza da braccia prepotenti e poco delicate fino al cortile, dove al bagliore di qualche lampione riesco finalmente a riconoscere Ranza.

"Si può sapere che ti prende?" - gli dico io scrollandomi le sue braccia di dosso.

"Che caratterino... Sono venuto a riscuotere il debito!"

"Di che debito stai parlando?"

"Non penserai di poter dormire al riparo senza pagare nulla, vero?"

"Pensavo che fossi amico di Jay"

"Esatto di Jay, non tuo"

"Bé allora dimmi quanto vuoi che ti pago e me ne torno a dormire"

Scoppia a ridere. Poi prendendomi di spalle, mi intrappola tra le sue braccia stringendomi più del necessario.

"Ahi. Lasciami. Mi fai male".

"Shshh, non vorrai che qualcuno si svegli". Mi ritappa la bocca mentre con un tono di voce che mette i brividi, mi dice: "Non sono i tuoi soldi che voglio". Le sue mani su di me, mi danno il ribrezzo. Sento l'odore di alcol nel suo respiro affannato. Si struscia sul mio corpo mentre io mi dimeno per liberarmi dalla sua morsa. Sento il suo sesso indurirsi contro la mia schiena. Resto pietrificata. Non riesco a credere a quello che sta succedendo.

Gli do un morso alla mano e approfitto dell'attimo in cui allenta la presa per divincolarmi. Scappo. Cerco disperatamente la porta di uscita. E' sbarrata. Grido: "Aiuto!", ma questo è un quartiere disabitato e gli altri ragazzi della casa sono chiusi nelle stanze. Nessuno mi può sentire. Non riesco ad aprire la porta. Lui si sta riavvicinando furioso, deciso a farmela pagare.

Mi raggiunge, mi dà un ceffone e mi sbatte per terra. Mentre con un piede sul mio sterno, mi tiene giù, si slaccia i pantaloni. Io inizio a singhiozzare: "Ti prego, no!". Ho paura. Piango disperatamente. Ma lui sembra essere in preda a un raptus. Non mi vede neanche. Temo il peggio quando una voce, mi riporta speranza.

"Che diamine stai facendo Ranza! Sei impazzito?!"

"Jay, vieni. Divertiamoci insieme"

"Stronzo! Lasciala!". Gli si scaraventa addosso come un toro impazzito, facendolo cadere a terra.

Iniziano a fare a pugni. Jay lo stende. Torna da me, ora accucciata contro al muro.

Mi si avvicina e stringendomi, con voce strozzata, mi dice:

"Mi dispiace! Non avrei mai dovuto lasciarti sola! Ti ha fatto del male?"

Ancora sotto shock, faccio segno di no con la testa e abbracciandolo forte inizio a piangere con il viso sul suo petto, incapace di pronunciare altra parola.

"Tranquilla. Va tutto bene ora. Ci sono qui io adesso. Andiamocene via da questo posto".

Mi prende sotto braccio e mi porta via.

Un desiderio dentro al cuoreWhere stories live. Discover now