Parte prima: "l'andata" - 1

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Dopo una notte di birra e sigarette, Giacomo si sveglia da solo nel letto che per sette anni ha diviso con Gaya. Oggi sarebbe stato il loro anniversario, e pensare che c'è chi dice che non vale la regola del settimo anno. Dall'ultima litigata sono trascorsi dodici giorni. E appena dodici ore da quando ha deciso di mettere fine a una situazione che da troppo tempo oramai non funzionava più.

Malgrado Gaya non ci sia, però, la stanza, o il bunker, come la chiama lui, è impregnata del suo odore. Si gira verso l'interno del letto e il cuscino rosa, morbido come le sue tette, è ancora lì.

Ho deciso io di finirla, e allora perché non capisco cosa sia successo davvero?

Squilla il cellulare. Lo afferra a tastoni e risponde. Sono gli amici dello sballo. Sì, sì, okay. Dopo cena appuntamento dall'egocentrica del gruppo. Sicuro che, all inclusive, ci rimedia anche una notte di sesso con la padrona di casa.

Chiusa la conversazione lancia tutto per aria — cuscini, lenzuola, piumone — e si dirige verso il bagno per farsi una doccia e togliersi di dosso l'ultima traccia di una notte senza senso con shampoo e bagnoschiuma in mano, entra in piedi nella vasca e rimane lì, nudo e fermo, a guardarsi intorno. Ovunque ci sono cose di Gaya: le sue boccette, i suoi profumi, ciuffi di capelli incastrati nello scarico, un pacco di assorbenti aperto e lasciato in bella vista. Ma soprattutto la cosa che gli ha sempre dato sui nervi: la piastra attaccata alla presa che penzola da una parte nel lavandino.

Un modo subdolo di farmi fuori, ci scommetto.

Con uno slancio esce dalla vasca, afferra tutto quello che c'è e lo scaraventa in un sacchetto della spesa.

A questo punto, vuoi per lo sfogo, vuoi per la sigaretta appena fumata, sente l'esigenza di sedersi sulla tazza e lasciarsi andare. Di corsa finisce di defecare, di pulirsi, di lavarsi e rientra in camera dimenticandosi del caos che lo attende.

Oggi, primo maggio 2013, ore dieci del mattino, alla radio nazionale lo speaker passa in rassegna i cantanti che si esibiranno al concertone in piazza San Giovanni. Come di consueto, prima gli artisti meno "artisti", poi tutti gli altri, fino a concludere la serata con il grande ospite internazionale. Si adopera a fare dello zapping radiofonico sintonizzato su una frequenza che trasmette solo musica rock.

Alle tre e dieci del pomeriggio i pacchi di Gaya sono sistemati, il concerto è iniziato da qualche minuto e il pranzo è stato assaporato con lo stesso godimento con cui si gusta una preda rubata dalla trappola di un felino. Prende lo scooter e pensa che gli piacerebbe fare un giro al mare, prima di andare verso Trastevere. Casco in testa, documenti nel giubbotto e chiavi in mano, si appresta ad accomodarsi sulla sella nera e morbida del suo vecchio ciclomotore. Oggi la città è un parapiglia incredibile, metropolitana e mezzi pubblici di superficie vanno a rilento e la canicola amplifica i disagi. Ma a Giacomo non importa, vuole arrivare lì il prima possibile e, mentre sfreccia tra le vie del centro, gli scorrono dinanzi immagini lampo del suo passato e la ragione che l'ha condotto a lasciare Gaya.

Ma dai, in fondo ci amiamo, tutto passerà. È ancora possibile chiamarla e sistemare tutto.

O forse no. Stavolta non funziona così, vuole andare fino in fondo alla sua scelta. Senza quasi accorgersene si trova già in via del Mare. Come ogni anno da quando vive a Roma, il Primo Maggio lui deve andare a Ostia. Oggi viene aperta ufficialmente la stagione turistica: lidi, spiagge private e pubbliche, discoteche e un milione di abusivi riprendono a lavorare a pieno ritmo in un mondo dove non ci riesce nemmeno chi ha conseguito tre lauree, dottorato alla Regina o specializzazione alle Nazioni Unite. Loro, gli innominati, sono pronti, per ogni monetina non data, a lasciare l'autografo sulla fiancata della tua auto. Giacomo, invece, si beffa di tutti e al mare ci va sulle due ruote.

Due corpi una sola menteWhere stories live. Discover now