Un incontro inaspettato

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Hazel

Avete presente quando vi svegliate la mattina e vi sentite riposati e pieni di energia? Beh, per la prima volta in quasi 21 anni vita, ho provato questa sensazione.
Era il primo giorno d'estate quando accadde e, se non fosse stato proprio per quel sabato, ora non sarei qui a raccontarvi la buffa storia di come io, Hazel Scott, abbia dovuto recuperare il prezioso martello di Thor, Mjöllnir.

Come ho già anticipato, tutto accadde quel sabato. Come di consueto, mi alzai presto, mi feci una doccia fredda, feci colazione e presi l'autobus verso il British Museum. Il British, che posto! È magnifico, reperti di ogni civiltà ed epoca, così ricchi di storia! Lavorare lì è il sogno di ogni appassionato di storia antica che si rispetti e io avevo questo privilegio. Arrivai con dieci minuti di anticipo e decisi di sedermi sulle scalinate in attesa che il portinaio, John, mi aprisse la porta.
«Hey, sei in anticipo oggi!», mi salutò non appena mi vide.
«Ansia pre guida.», risposi con un mezzo sorriso, togliendomi la giacca.
Quel giorno sarebbe stato la prima volta che, al posto di ammirare tutti quei bei reperti, avrei dovuto fare da guida. Avrei preferito di gran lunga rintanarmi in qualche stanzino a leggere i miei amati libri di mitologia oppure a studiare qualche manufatto, ma, si sa, non si può avere tutto ciò che si desidera. Mi rifugiai in bagno e, dopo essermi data una sistemata, mi misi al collo il cartellino con il mio nome, poi, con un finto sorriso, uscii e mi diressi all'entrata, dove mi aspettava un gruppo di persone di mezza età.
«Buongiorno a tutti e benvenuti al British Museum! Io sono Hazel e sarò la vostra guida per oggi, prego seguitemi da questa parte!», esordii sorridendo e incamminandomi verso la prima sala.

Dopo aver spiegato ogni singolo artefatto presente nel museo, mi sentii confortata quando vidi la Stanza 41, dove sono esposti i reperti rinvenuti nella nave funeraria di Sutton Hoo.
Non è stato male come mi aspettavo: i visitatori erano molto curiosi, facevano un sacco di domande a cui sono riuscita a rispondere in maniera soddisfacente. Inizialmente ho detto che il gruppo era composto da persone sulla cinquantina, beh mi sbagliavo. C'era un uomo in mezzo a loro, che aveva, probabilmente, qualche anno più di me. Era alto, sul metro e novanta, con i capelli ramati e occhi azzurro cielo. Più che alla mostra, sembrava interessato ad altro, aveva passato quasi tutta la mattinata a osservare ogni ragazza che gli passasse vicino, come se stesse cercando qualcuno di importante.
Nel frattempo i turisti se ne erano andati, chi verso l'uscita e chi verso il bagno. Stavo giusto per andarmene, quando notai lo strano tipo che se ne stava davanti ad una delle vetrine ad osservare i reperti con aria malinconica.
«Ottima spiegazione, Hazel.», mi disse, capendo che lo stavo fissando con aria interrogativa.
Risposi con un semplice e timido grazie, nessuno mi aveva mai fatto un complimento prima di allora e le conversazioni non erano il mio forte. Lui doveva averlo capito, perché si limitò a guardarmi e a sorridermi, poi si diresse pure lui verso l'uscita. Notai che aveva nove piccoli fori sulle labbra, anzi, non fori, erano delle piccole X, come se qualcuno gli avesse cucito la bocca con ago e filo.
Rimasi a fissare il vuoto per cinque minuti, pensando a chi, di mia conoscenza, avesse delle cicatrici simili nello stesso punto. Dopo essere ritornata alla realtà, mi diressi verso l'atrio del museo, dove Angie, una delle mie più care amiche, mi aspettava per il solito caffè.
«Hazel!», mi salutò con uno dei suoi mega sorrisi a 32 denti.
«Ciao Angie», risposi sorridendo e cercando di non pensare allo strano tipo.
Mi porse la giacca e, prendendomi sottobraccio, ci incamminammo verso lo Starbucks più vicino.

Quando rientrammo dalla pausa caffè, mi diressi verso le scale, o, almeno, cercai, perché qualcuno mi  prese il braccio.
«Hazel», disse una voce maschile.
Mi voltai, era solo Nicho, un arzillo vecchietto, con cui ho passato la mia infanzia e che si spacciava per mio nonno.
«Mjöllnir è sparito.» mi bisbigliò, poi mi lasciò il braccio e se ne andò così come era venuto.
"Mjöllnir? Il martello di Thor?", pensai, "ma che vuol dire?"
Passai tutto il resto della giornata a pensare che cosa volesse dire quella frase, ma, nemmeno dopo ore, riuscii ad interpretare quella frase.

Quando aprii la porta principale, ero talmente tanto presa a cercare un significato logico a quella frase, che per poco non mi scontrai con qualcuno.
«Oh Hazel, eccoti qui. Ti stavo giusto cercando.»
Riconobbi subito la voce, era lui, lo strano tipo che avevo incontrato quella mattina. Lo guardai con le sopracciglia inarcate, ero ancora tutta presa dal decifrare quelle parole, non avevo tempo per fare conversazione.
«È già successo, lo ritroverà. Ha solo bisogno di un aiutino.»
Lo guardai sconcerta.
«Come scusa?»
«Ho detto che lo ritroverà, ha solo bisogno di una mano.», mi ripeté con un sorriso dolce.
Evidentemente feci una faccia strana, perché lui si mise a ridere.
«Credo di non essermi ancora presentato. Io sono Loki.»

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