Sconfiggo la brutta copia di C-3PO

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Hazel

Pessima idea, pessima idea offrirmi come campionessa. L'armatura era grossa e leggermente larga, rendendomi pensante e riducendo ancora di più la mia scarsa agilità. Ma, nonostante tutto, ero determinata. Avrei fatto sfigurare Brokk e Eitri, vendicando così anche Loki.
Quando quella cosa si mosse verso di me, brandendo l'ascia, saltai il più velocemente possibile verso la mia destra. Era veloce, terribilmente veloce. Continuò a menare fendenti che cercai di parare e di schivare. Notai un cumulo di macerie e ci salii sopra. L'automa venne verso di me e sferrò un colpo, ma io fui più veloce e, con un rapido sgualembro dritto, gli staccai il braccio metallico di netto. I nani sobbalzarono e borbottarono qualcosa, Loki alzi i pollici in segno di approvazione e il fantoccio, guardandomi con sguardo vacuo, tentò di colpirmi con un ridoppio dritto, ma, fortunatamente per il mio povero ginocchio sinistro, riuscì a schivarlo. Saltai giù dalla montagnola e cercai di colpire una delle giunture delle gambe, ma non fui abbastanza veloce. Con un rapido calcio mi buttò a terra e mi puntò l'ascia alla gola.
"Non finirà così" pensai, "non può finire così."
Guardai prima Loki e poi i due fratelli, il primo mi guardò con determinazione, gli altri due si stavano complimentando a vicenda, guardando con soddisfazione un piccolo oggetto nero. Guardai Loki e gli feci un piccolo cenno per fargli notare Brokk e Eitri, poi tornai a concentrarmi su quella lattina mutilata. Tentai varie volte di disarmarlo senza successo, ma, almeno, riuscii ad allontanare l'ascia da me. Avevo le braccia indolenzite e iniziavano a mancarmi le forze.
«Non finirà così» borbottai.
La macchina mi guardava con lo stesso sguardo maligno di Brokk. Ma, ad un tratto, questo si alzò leggermente e lasciò cadere l'ascia. Ne approfittai per allontanarlo da me e tagliargli la testa. Quando l'automa cadde all'indietro, senza testa, tornai a respirare. Mi alzai e rimisi la spada nel fodero e, come ultimo gesto di sfregio verso i due, calciai la testa della loro creazione.
Loki corse verso di me sorridendo a trentadue denti. Mi abbracciò e mi diede una pacca sulla schiena.
«Sei viva, dannatamente viva.» disse in un sussurro, «ora è meglio andare a ritirare il nostro premio.»
Si staccò da me e andammo verso i due nani.
«Bene bene, Brokk. Abbiamo vinto, ora dacci ciò che ci spetta.»
Brokk, paonazzo dalla rabbia, estrasse dalla tasca una piccola scatolina in oro.
«Ecco, ora andatevene e non fatevi più vedere, prima che cambi idea e vi uccida.» ringhiò, passandomi la preziosa scatola.
Loki schioccò le dita e ci ritrovammo di nuovo sull'albero del mondo. 

«Ecco Freyja, quello che hai chiesto.» disse Loki con voce piatta.
La dea aprì la scatolina tutta euforica e indossò la collana che si trovava al suo interno. Era una specie di collare in oro, tempestato di diamanti, lapislazzuli, rubini e altre pietre preziose. Le stava bene, ma, secondo Loki, sembrava più cagna di quanto non lo fosse già. Risi sottovoce e gli tirai un pugno leggero sul braccio.
«Grazie a questo servigio, esaudirò un vostro desiderio.» disse.
Avrei potuto avere oro, fama e chissà cos'altro, ma, improvvisamente, mi ricordai del gatto nero.
«Desidero che il gatto nero, che stavi cercando di allontanare da me, torni a casa in forma umana.»
La dea impallidì e cercò di farmi cambiare idea.
«Donna, fa quello che ti ha chiesto, se questo è ciò che vuole non cambierà idea, sa essere più testarda di te.» intervenì Loki.
La dea lo guardò con odio, ma lo ascoltò e fece quanto chiesto. Poi ordinò che ci fosse dato un alloggio e lasciò la stanza.
Ci portarono in una specie di quartiere residenziale, dove la casa più piccola era grande quanto Buckingham Palace.
Mi lasciarono davanti ad una casa dello stesso colore del mare. Il cancello dorato si aprì non appena lo toccai, facendomi entrare in un maestoso giardino mediterraneo. Salii i gradini di marmo bianco e aprii l'enorme portone di quercia. Misi in un piede sul parquet dell'entrata e le luci si accesero automaticamente. Rimasi a bocca aperta. Il soggiorno si estendeva davanti a me nella sua perfezione e ordine. Il pavimento, come ho già detto, era completamente di parquet e, ogni tanto, un tappeto persiano, di lussuosa fattura, copriva il legno sotto i tavolini antichi che si trovavano vicino ai divani; le pareti erano ricoperte di scaffali e mobili pieni zeppi di libri di ogni genere, grandezza, lunghezza e colore; sotto le finestre c'erano delle panche ricoperte di sontuosi e morbidi cuscini. La cucina si raggiungeva tramite una porta bianca sulla destra, così vi entrai e notai subito il gigantesco frigorifero che dominava la stanza. Mi avvicinai e lo aprii, al suo interno c'erano quantità industriali dei miei cibi preferiti e il mio stomaco cominciò a brontolare. Prima di abbuffarmi, decisi di togliermi l'armatura e farmi un bagno caldo.

Ar DânWhere stories live. Discover now