Cap 58: Better days Goo Goo Dolls

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Nicolas

E come in tutte le cose che si vivono come una corsa in cui dare il meglio di sé.
Come nelle fatiche, quelle vissute.
Arriva l'immobilità.
Il calmo stare fermo su un corpo che non è il mio.
E con una donna, bisogna saperci stare, dopo averla avuta.
Il non farsi bastare un fisiologico piacere fisico.
E sentire il suo respiro riprendersi su di me.
Guardarla ancora, anche dopo aver avuto quello che volevo.
Sentire il suo sudore scendere piano, risultato umido di cui, in certi momenti, neanche ci si accorge.
L'ho attaccata alla parete Anna.
Insieme a tutti i miei fogli.
Ritaglio di un attimo di vita.
E se domani non ci sarà.
Sarà qui comunque.
Mai si dimentica l'unione di due corpi.
Mai.
Anche senza sentimento è una condivisione impareggiabile.
Si nascondono i volti.
Si appannano appena.
Ma poi tornano.
Riflessi incondizionati di una vita che viviamo sempre.
È sulla parete Anna.
Assieme a tutti i pezzi di me che non ho dimenticato.
Vicina alle foto in bianco e nero di mia madre.
Ad un soffio dal biglietto del mio primo concerto.
Cinque centimetri dal pletro di Richard, quello in plastica scura, ormai inutilizzabile.
È sulla parete Anna.
Umida e stanca.
Accanto all'etichetta della mia prima birra bevuta.
È sugli spartiti che non abbandono.
Sulle frasi che ho ingoiato.
Quelle parole che mi hanno reso possibile.
Anna.
Che mi ha baciato.
Sfiorato.
Anna che mi ha stretto.
Spinto.
E si è mossa, su di me.
Si è spogliata, per prendersele, le mie emozioni.
Si è presa gioco di me parlando con il corpo.
"Non dimenticarmi" il mio braccio teso sulla parete a cedere un poco.
La mia spinta su di lei a farsi morbida.
L'amore che si appoggia sul sesso.
Su quell'atto naturale di cui tutti abbiamo bisogno.
E con una donna, bisogna saperci stare, dopo averla avuta.
"Potrei mai farlo?" le sue dita a toccare le labbra che ha stretto sino a poco fa.
Un sorriso a tenderle appena, la pelle a sentire il caldo di un'estremità avvolgente.
"No. Non puoi" la guardo.
La guardo Anna appesa alla parete.
Appesa a me.
"Sono stato dentro di te. Ci sono stato davvero. Il percorso che cambia ad ogni soffio. Mi hai visto. E non mi hai visto più. Mi hai perso. E avuto ancora. Ed ora? Ora sei sui fogli che scrivo. Sei su ricordi vissuti. Sei in me. E non puoi dimenticarmi" e quando i miei occhi si dilatano un poco è perché sento. Sento a fondo.
E quando si socchiudono è perché ci sono. Ci sono davvero.
"Non posso. Non voglio. Dimenticare è un addio che con te non conosco" la sua gamba appesa a me a scendere appena.
Scomoda nel suo posto più bello.
Osservo la pelle tesa scivolare sulla parete liscia.
"Non puoi" dico afferrandola di nuovo.
Il gesto deciso di chi non vuole lasciarla andare.
E le mie dita ad arrivare al ginocchio, ad accompagnarlo di nuovo sui miei fianchi.
"Non puoi" continuo abbassando lo sguardo su quello che di noi è rimasto una cosa sola.
"Non puoi" e torno a muovermi piano.
La mia fronte appoggiata alla sua bocca.
"Non puoi" e il passo ad affrettarsi ancora verso un nuova corsa.
E con lei, saprò starci, dopo averla avuta ancora.
La mascella a tendersi.
I muscoli a muoversi.
Ancora.
Ancora.
E Anna è attaccata alla parete.
Insieme a tutti i miei fogli.
Ritaglio di un attimo di vita.
E se domani non ci sarà.
Sarà qui comunque.
Senza dimenticarmi.

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