~Cinque~

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Gabriel

Finalmente un giorno libero.
Oggi non mi tocca andare in giro sotto il sole a cercare e sgridare ragazzini ribelli.
Non vedo l'ora che questo periodo di prova finisca.
O quantomeno, di saltare ad un livello superiore.
Decido di passare la giornata di riposo con Riley, prima che mi accusi di averlo abbandonato.
Dopo pranzo andiamo al mare. Ci sono onde fantastiche e ne approfittiamo per allenarci sulla tavola da surf.
Usciamo dall'acqua piacevolmente calda con la pelle più rugosa di un ottantenne, ma ne è senza dubbio valsa la pena.
Un mare così vale sempre la pena.
Sono tentato di tornare subito a casa per togliermi la sabbia e il sale di dosso, ma Riley mi dice categorico di non pensarci neanche.
<<È giugno amico, siamo a San Diego e tu hai la pelle tanto bianca da poter essere illegale in un posto del genere. Posa un asciugamano sulla sabbia, stenditi e vedi di abbronzarti un po'. E raccontami come ti vanno le cose in questo periodo>>
Faccio come dice, riconoscendo che sono praticamente rimasto l'unico con il viso ancora bianco in città.
E ricordandomi di quanto sia piacevole il sole che ti scalda la pelle. E riposare sulla sabbia dopo essersi stancati in mare.
Amo l'estate.
<<Non c'è nulla da raccontare. La vita da poliziotto finora non è stata poi così entusiasmante. Ah questa ti farà ridere, mi sono lasciato sfuggire una ragazza da sotto il naso. Stava facendo un murales, avrei dovuto portarla in centrale>>
<<Be' di questo voglio i dettagli>>
È proprio interessato, perché interrompe il gioco di sguardi e ammiccamenti con una biondina per concentrarsi su di me.
Lo accontento, e gli fornisco un resoconto dettagliato di quel pomeriggio.
Come previsto, si fa una bella risata.
<<Deve essere un gran bel tipo. A occhio e croce, è uno di quei rarissimi esemplari di donne con le palle>>
<<Era solo una ragazzina>> preciso, prima che si faccia strane idee.
<<Allora, diciamo che è sulla buona strada per diventarlo. Sai, dovresti tenerla d'occhio, è una che sa tenerti testa. Di solito le donne sbavano su di te -su di noi- e basta. Io mi accontento anche di sguardi maliziosi e gesti audaci eh, ma visto che invece non fanno al caso tuo...>>
<<Idiota>> lo zittisco.
<<Oh non mi dire che la tipa che è riuscita a fregarti, non ha stuzzicato il tuo interesse>>
<<È una bambina>> ripeto, lanciandogli un'occhiata di ammonimento. <<E perché cavolo ne stiamo ancora parlando? Chi la rivede più>>

Ho giusto il tempo di farmi una doccia e infilarmi un jeans e una maglietta puliti prima che Riley mi porti in qualche nuovo locale a bere una birra.
Mi ha dato appena venti minuti, perciò i miei capelli restano umidi e più mossi e ribelli che mai.
Arriviamo al pub all'ora di punta, l'aria è già irrespirabile per quanto è pieno.
La musica alta fa scatenare la maggior parte dei ragazzi e noi dobbiamo farci strada fra i corpi sudati per raggiungere il bancone della zona bar.
Questa è senz'altro la parte che detesto. Sentirmi addosso l'odore degli altri.
Tiro un sospiro irritato quando riesco a sedermi sullo sgabello, Riley se la ride perché mi conosce benissimo.
<<Il solito?>> mi chiede.
Annuisco e lascio che ordini due Martini freddi, mentre mi guardo intorno. Dietro il bancone ci sono due ragazzi e tre ragazze che si danno da fare per servire la folla impaziente.
Un uomo più adulto si occupa di segnare le ordinazioni.
Nell'attesa di ricevere il mio, tiro fuori il cellulare dai pantaloni e controllo l'email con i nuovi turni della settimana che mi hanno assegnato.
Appena un bicchiere da cocktail entra nel mio raggio visivo alzo gli occhi per ringraziare la ragazza, come sono abituato a fare ogni volta.
E le parole mi muoiono in gola.
Alex.

Non so bene perché resto paralizzato sul posto per almeno venti secondi buoni.
Anzi no, non direi paralizzato.
Restiamo a fissarci, quasi sconvolti di ritrovarci una seconda volta così vicini.
O di ritrovarci una seconda volta e basta.
Io perché sul serio credevo di non rivederla più.
E lei probabilmente per paura che provi ad arrestarla adesso.
<<Tu>> dice alla fine, con un sorrisetto più divertito che spaventato.
Non deve essere una che ne prova facilmente di paura.
Spinge il bicchiere verso di me e incrocia le braccia sotto al seno, facendolo risaltare ancora più di quanto non faccia quella divisa di sicuro troppo corta e scollata per una minorenne.
Si è pure truccata gli occhi con una matita nera. E ha due lunghe piume bianche per orecchini, che le sfiorano il collo.
Ma la treccia è sempre lì.
<<Non sei in servizio vero?>> mi chiede, cominciando ad indietreggiare.
<<Noi poliziotti siamo sempre in servizio. Perché lavori in questo posto e a quest'ora per giunta?>>
L'uomo con le ordinazioni le piazza un foglio davanti e lei mi lancia un'occhiata di avvertimento.
Lei lancia un'occhiata di avvertimento a me.
Non so se ridere per la comicità della cosa o incazzarmi di brutto.
<<Non crearmi problemi al lavoro>> mi intima seria, pronta ad allontanarsi.
Prima che lo faccia la fermo per un braccio, costringendola a voltarsi.
<<Hai finito il murales>>
Il suo viso si riapre in un sorriso impertinente.
<<E ti piace?>>
Poi strattona il polso per farmi mollare la presa, e va a riempire un boccale di birra.
Riley mi trascina verso un tavolo libero in un angolo che non sono ancora tornato del tutto in me.
<<Dimmi che non è chi penso che sia>> domanda su di giri.
<<È lei>> ammetto riluttante, bevendo mezzo Martini in un colpo solo. <<Non dire altro>>
Alza le mani in segno di resa
<<Soltanto una parola. A me piace eccome quella ragazzina lì>>
Sì becca un'occhiataccia ma se ne frega altamente. Ha già adocchiato qualcuna con cui iniziare il suo famoso gioco di sguardi.
Scuoto la testa rassegnato, e mi godo il resto del Martini.

Un quarto d'ora dopo un urlo si fa strada fra il rumore del locale.
Si ferma tutto, e io una volta individuata la provenienza, mi precipito verso la zona bar.
L'uomo delle ordinazioni sta prendendo a pugni un ragazzo, c'è un coltellino insanguinato a terra vicino a lui. Alzo gli occhi e noto Alex poggiata al bancone, che si stringe la parte alta del braccio con uno straccio insanguinato.
Quel bastardo l'ha ferita.
Dovrei occuparmi di lui ma è già circondato dai dipendenti incazzati neri, e sento qualcuno chiamare la polizia.
La mia attenzione comunque è tutta concentrata su Alex.
<<Che cazzo è successo?>> urlo sopra il casino che si é creato, mentre le sfioro le spalle e il viso per controllare se ha altri tagli.
<<Quel tipo ci provava con me, gli ho risposto male e ha tirato fuori quel coltello dai jeans...>>
Di nuovo. Niente paura nella sua voce. È solo furiosa.
<<Fammi vedere>>
Mi chino sul suo braccio e le prendo la benda improvvisata dalle mani per controllare la profondità della ferita.
Sento il suo respiro sul viso.
<<Non è grave. Ti ha squarciato la pelle ma non è profonda>>
<<Lo so>> conferma.
Stringo lo straccio con un nodo sul taglio per fermare il sangue e mi giro a vedere che fine ha fatto il bastardo.
È mezzo svenuto per terra e sento già le sirene della polizia sulla strada.
Alex si irrigidisce, lo avverto subito.
<<Ehi, lo arresterranno per questo ma tu devi andare con i poliziotti che stanno arrivando così che possano verbalizzare cosa è successo>>
<<No>> ribatte categorica, e adesso una sfumatura di paura la sento.
Indietreggia.
<<Ferma Alex. Devi solo raccontare ciò che ti ha fatto, lasciare una deposizione. Poi andrai via. Non sanno del murales e io non parlerò. Non ti faranno nulla ma devi aiutarci a farla pagare a quell'uomo>>
<<Non andrò con loro>> ribadisce, indicando i due agenti che lo stanno ammanettando.
<<Perché no?>> esplodo frustrato. Poi mi ricordo che è pur sempre una ragazza di quindici o forse sedici anni.
<<E se ti ci porto io?>> provo a tranquillizzarla. <<Non ti incastrerò per quella storia, te lo prometto>>
<<Non è per quello>> ammette con uno sguardo di supplica verso di me.
È la prima volta che la vedo realmente indifesa.
<<Cosa ti fa paura allora?>>
Apre la bocca un paio di volte ma alla fine sembra rinunciare.
<<Ok. Vengo. Con te però>>
<<Va bene. Ti porto io, sta tranquilla>>
<<Fammi prendere la borsa, è in magazzino>> sparisce dietro una porta oltre il bancone e neppure un minuto dopo mi rendo conto che non avrei dovuto lasciarla andare.
<<Ehi, quel magazzino ha una porta che da all'esterno?>> chiedo al primo ragazzo del bar che vedo.
<<Sì, perché?>>
Stringo le labbra e cerco il distintivo che mi porto sempre dietro. Glielo mostro e gli chiedo di farmi entrare.
È vuoto.
Non c'è più.
È scappata un'altra volta.

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