Capitolo 10

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 " Non esiste scelta che non comporti una perdita."

Jeanette Winterson


MICAH

Ernest Hemingway scriveva "Quella eccitantissima perversione di vita: la necessità di compiere qualcosa in un tempo minore di quanto in realtà ne occorrerebbe."
Parlava della fretta, ed io ne avevo molta. Avevo una terribile fretta di stare con lei, di rubarla al resto del mondo il prima possibile, dopo tutto, quando sei conscio dell'inesistenza dell'eternità, non hai più motivo di attendere.
Liv chiuse l'armadietto con un tonfo e per poco non urlò quando vide la mia faccia lì, giusto a qualche centimetro dalla sua.
- Micah, le tue entrate in scena sono sempre più spettrali! -
- Mi piace stupire! - ribattei, puntando i miei occhi nei suoi. Sapevo che anche lei in quell'istante stava ricordando gli ultimi avvenimenti di cui eravamo stati protagonisti, lo sapevo e quando abbassò lo sguardo sulle scarpe non fece altro che confermarlo. - Imbarazzata? -
Liv scosse la testa e mi fissò, truce. - Perché dovrei? -
- Forse per la nostra piccola fuga romantica sulla scogliera, culminata in quello che doveva essere il bac... - improvvisamente mi ritrovai la sua dolce manina sulla bocca, così stretta che non riuscii più a proseguire.
- Non qui, Micah. Non qui. - mi fulminò con lo sguardo, la sua mano però era ancora sulla mia bocca, così approfittai per baciarla lievemente. Liv la ritrasse e mi pestò il piede con tutte le sue forze.
- Liv, Cristo, comportati bene. Stai spezzando il cuoricino di questo povero ragazzo. - commentai, dedicandole la mia migliore espressione disperata. Quella sbuffò e mi superò. Improvvisamente si diresse oltre la porta d'ingresso, fuori nel cortile sul retro.
- Quello è il piede, non il cuore. Fai schifo anche in anatomia? -
- Sì, sono pessimo. Fare schifo è quasi un complimento, ti dirò di più. Ho proprio bisogno di lezioni private da parte della migliore studentessa della Woodland, come minimo. -
Liv sgranò i suoi fantastici occhi verdi e aumentò il passo, ovviamente non sarebbe mai riuscita a seminarmi. - Sognatelo, Micah. Mi ammazzeranno! -
- Chi? -
- Mio padre, James ... Blake. -
- Cosa? Per delle semplici, quanto innocenti lezioni? Mio Dio, lo faccio per il mio rendimento scolastico! - dissi improvvisamente serio. Liv mi fissò con attenzione, poi sollevò un sopracciglio.
- Tu sei il diavolo sotto mentite spoglie e io non credo ad una sola parola. -
- Non crederai a me, ma alla mia pagella disastrosa sì. Andiamo, cos'ho fatto di male? -
- Sei intelligente, non hai bisogno di me. -
- Non è vero, sono stupido. E posso provartelo! Guarda un po', mi trovo a chiedere lezioni alla figlia di Pierce! Quel fottuto figlio di puttana di Pierce ... e oh no, adesso sto sputtanando il mio professore davanti a sua figlia! Sua figlia impegnata da un secolo con un giocatore di football alto due metri e grosso il doppio che se sapesse quello che ho fatto con lei di recente, beh ... mi manderebbe al creatore con una sola testata.-
- Basta così! Va bene, accetto, ok? Ma ti prego, sta' zitto adesso. - Liv sollevò gli occhi e si fermò, sembrava pensierosa. - Non possiamo stare a casa mia ovviamente ... -
- Davvero? Ed io che credevo di piacere a tuo padre sotto sotto ... - commentai, sarcastico. Liv rise, ed era così bella, più radiosa che mai. - Sai, anch'io ho un posto in cui vivo. Possiamo usare quello. - dissi un attimo dopo.
- Bene, ma non farti venire idee in testa, Micah. Io ho sbagliato, lo so ... quella sera ero ubriaca e confusa e ... -
- Nah, cazzate. - commentai, con il cuore in gola. Non capiva, come poteva non vedere qualcosa di così chiaro? Quella scintilla che era scoppiata nel momento in cui i nostri sguardi si erano incrociati per la prima volta, proprio all'ingresso di quella dannata scuola.
- Non succederà niente, lezioni a parte, ok? -
La guardai, intensamente. - Perché no? - chiesi in un sussurro.
Liv scosse la testa, cercava risposte, una sola motivazione plausibile. Eppure ne aveva miliardi. - Perché sono impegnata. -
- Lascialo. - ribattei, seccamente.
- E mio padre ti odia. - rincarò la dose.
- Non sono affari nostri. - continuai, ostinato.
- E tu non sei fatto per me. -
- Invece sono proprio quello che hai sempre cercato. - dissi con tono sfrontato. Liv scosse la testa e sospirò. - Tu sei sposato alla calamità. L'afflizione s'è innamorata della tua persona, e tu ti sei sposata la sventura.
- Al diavolo Romeo e Giulietta. Io non sono lui. - dissi seccamente, poi mi portai una mano al viso e mi costrinsi a calmarmi.
Non voleva capire ... bene, questo poteva voler dire una sola cosa, cioè : sarei dovuto passare al piano B.
- Beh, dimmi che orari ti stanno bene. - buttai lì, adesso freddo e annoiato. Liv mi fissò confusa.
- Tutto bene? -
- Già ... ci si vede! -
- Allora ciao ... -
Sentivo il suo sguardo sulle mie spalle, mentre mi allontanavo da lei con un sorriso perfido sul volto. Giulietta non avrebbe mai dovuto mettere in discussione un Montecchi, non quando questo Montecchi era così pieno di iniziative. Poi mi voltai un attimo indietro, pervaso adesso da una strana sensazione, mi sentivo parecchio osservato. Sollevai lo sguardo sull'edificio, poi lungo le finestre della scuola e svelato il mistero! Gli occhi gelidi di Pierce erano puntati su di me, aveva presumibilmente visto l'intera scenetta, lì dalla postazione sopraelevata del suo ufficio. Gli feci un cenno con la mano, gioviale e mi preparai ad un'altra settimana di interrogazioni quotidiane. Avrebbe dovuto far molto di più per scoraggiarmi dal ronzare intorno a Liv, molto di più.

THOSE BAD ANGELSWhere stories live. Discover now