La sciocca rabbia

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Camminavamo da diverse ore. Il sole stava sorgendo all'orizzonte e tingeva di bianco i campi di grano e frumento. Nei boschetti ai margini delle coltivazioni si svegliavano gli uccelli, gli scoiattoli e i ragni azzurri. Ovunque la vita, dai boccioli color ebano dei fiori autunnali alle splendide farfalle di giada, riprendeva il proprio corso. Noi - io e la ragazza - eravamo le uniche creature spaesate in quel mondo fatto di quiete e semplicità.
Stranamente non avevamo incontrato nessuno durante la nostra fuga, almeno fino a quel momento. Niente soldati a cavallo in allarme, niente messaggeri, niente contadini che inauguravano la giornata con la prima irrigazione. Niente orchi. Nonostante i cinguettii dei fringuelli, il frusciare delle spighe e il cicaleccio degli animali, il territorio pareva deserto, svuotato. I miei occhi saettavano a destra e a sinistra, tentando di ritrovare la strada che portava a Myr: nella frenesia dell'attacco a Merella avevo completamente perso l'orientamento.
« Tu sei il figlio di Raiber? » chiese improvvisamente la ragazza, che mi trottava di fianco come un agnellino. Era rimasta in silenzio per tutto il tempo.
La domanda, in compenso, mi aveva completamente spiazzato.
« Prego? »
« Tu sei il figlio di Raiber Chorster Uradel? »
« Come lo sai? »
Lei non rispose. Passammo accanto ad un piccolo ruscello che fungeva da spartiacque tra un frutteto e una piana erbosa. In lontananza s'intravedeva un castello, ma era troppo piccolo per essere Myr. Forse si trattava di Roghestend o di un altro feudo Cardoniano. Le mie speranze di ritrovare la direzione giusta si assottigliavano.
« Come fai a saperlo? » insistetti.
« I tuoi occhi. »
« I miei occhi? »
« Sì. Solo un Nordico ha gli occhi color ghiaccio. Non ci sono molti Cavalieri sulle Montagne Bianche e la maggior parte non si muove fino ai territori del Re. Sir Ghalavant non ha figli, la moglie di Sir Melphene ha dato alla luce due bambine. Quindi, per esclusione, tu sei il figlio di Sir Raiber. »
Rimasi di stucco dal ragionamento, corretto in ogni parola. Eppure c'era un dettaglio che palesemente non quadrava.
« Dove hai trovato queste informazioni? »
La ragazza fece un sorriso furbetto e aumentò l'andatura. Aveva gambe sottili e lucide.
« Faccio parte degli amanuensi di Borony III. Trascrivo codici, tra cui gli alberi genealogici delle famiglie vassalle. » disse con noncuranza.
« Tu... » mi fermai, sbattendo le palpebre indignato « ...tu lavori a Corte? »
« Esatto. »
La raggiunsi con ampie falcate e le bloccai la spalla con una mano. Strinsi con forza per scaricare la rabbia e la frustrazione. Lei emise un gemito sommesso e cadde in ginocchio per non opporre resistenza.
« Tu conosci la strada per Myr e non me l'hai detto? » sbottai « Dimmi che non è così! »
Si mise a piangere perché le mie dita affondavano sempre più nella scapola.
« C-chiedo perdono...t-ti prego, non f-farmi del male... »
« Perché non me l'hai detto subito? »
« G-gli orchi...se ci seguivano sarebbero giunti a Myr...mi fai male... »
Mollai la presa e mi voltai di scatto, ignorando il pianto della ragazza. Ero stato così sciocco da non pensare a quella eventualità. Sì, andare direttamente alla capitale del regno sarebbe stata un'idea stupida, ma potevamo fare un giro più lungo e stare attenti. Inoltre, da diverse ore nessuno ci seguiva.
« Andremo al castello di Myr, subito. Fai strada. »
Era un ordine.
La ragazza si alzò lentamente, tenendosi la spalla con le piccole mani. Il volto era rigato di lacrime e i suoi occhi palesavano terrore. Avanzò barcollando in mezzo alle spighe, in direzione opposta alla mia. La seguii a distanza.
Camminammo in silenzio per alcune ore. Lei aveva la testa china e si stringeva nella veste. Provai inizialmente piacere per la sua situazione, una sorta di vendetta nei confronti delle sue mancanze. Poi, lentamente, mi resi conto del mio errore e di quanto ero stato brutale. Vederla così, ferita e spaventata, mi fece tornare in mente l'incendio di Merella. Chissà quanti famigliari aveva perso, la casa, la vita di tutti i giorni, gli amici...forse di più.
Cosa mi stava succedendo? Un Cavaliere non si comportava in quel modo.
« Scusami per prima...ero arrabbiato. Non ho più l'armatura, sono stanco e perso. » che giustificazioni da idiota « Ho sbagliato, non dovevo prendermela con te. Hai solo fatto ciò che era giusto e sensato. »
Non ricevetti risposta, così non aggiunsi altro. La spada, dietro la schiena, continuava a sbatacchiare. Il sole si era levato nel cielo e cominciava a far caldo, sebbene fossimo quasi in Autunno.
Tentai, dopo alcuni minuti, un altro approccio.
« Non mi hai ancora detto il tuo nome. »
« Elizabeth. »
« Elizabeth... »
Un nome da aristocratica. Sapevo ancora poco sul suo conto. In compenso, lei conosceva già molto di me.
Il lato peggiore, almeno.

La Caduta di AlexanderWhere stories live. Discover now