fairly local

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Melanie si sveglió in una pozza di sudore e lacrime con il cuore in gola, il letto era disfatto, le coperte erano volate per terra e il materasso produceva un odore acre e pungente, aveva delle lacrime seccate sulle guance.
Guardò la forbice posata sul comodino e minacciò i suoi bulbi oculari.
Provateci a farlo di nuovo.
Le era successo di nuovo, aveva avuto di nuovo quell'incubo che da quando era piccola la perseguitava, lei in una grande casa che la teneva intrappolata al suo interno e poi lei saliva, saliva, saliva fino a diventare piccolissima, poi delle risate e il buio. Non sapeva perché quel sogno la terrorizzasse così tanto.
Tremante, accese la luce e afferrò il bicchiere d'acqua tra le mani, era ghiacciata, lasciò che le scese nell'esofago e che le calmasse la gola bollente come asfalto al sole d'agosto, calda e bruciante come una ferita aperta e completamente asciutta.
Chiuse gli occhi, strinse il cuscino, poi ebbe il coraggio di guardare la sveglia.

05.23 a.m.

Tanto valeva alzarsi. E poi sua madre non era a casa.
Scese al piano di sotto, cercando di non fare rumore, Melanie aveva imparato come non farsi sentire, bastava appoggiare la punta prima del tallone, non fece nessun tipo di rumore. Piccoli accorgimenti, passo silenzioso, persino aprire la porta di casa senza far rumore. Melanie non esisteva.
Dopo essersi vestita si infilò una felpa con la cerniera grigia appartenuta a suo padre, legò i capelli in una coda, e uscì di casa, prese il cellulare e scrisse un sms.

Da: Melanie
Per: Josh
Sei sveglio? Ci vediamo? Ho bisogno di te.

La risposta non tardò ad arrivare.

Da: Josh
Per: Melanie
Sì, dammi dieci minuti e aspettami da Lunes.

Melanie bloccò lo schermo del cellulare.
Mise le cuffiette.

little girl, little girl why are you crying?
inside your restless soul your heart is dying?

Strinse i denti e continuó a camminare.

run away
from the river to the street
and find yourself with face on the gutter
you're a stray for the salvation army
there's no place like home
when you ain't no place to go.

Cos'era una casa?
Melanie aveva una casa, ma era quella casa? O casa era un posto che ti faceva dimenticare quanto fossi distrutto? Continuò la canzone.

little girl you dirty liar

Spense la musica e spinse la porta del bar entrando dentro.

Il bar si chiamava Les Deux Lunes, era un bar all'antica, dietro il bancone c'era un signore brizzolato di mezza età che sembrava un vecchio lupo di mare, conosceva Melanie e le voleva bene, era come una figlia per lui e lei lo considerava un padre. C'era sempre quando aveva bisogno.
Si sedette in un tavolino vicino al suo quadro preferito Las Dos Fridas di Frida Kahlo.
Assonnata tirò fuori una sigaretta e la mise fra le labbra che avevano ancora il sapore di Ashley, sorrise al ricordo e poi accese la prima sigaretta.
Arrivó il caffè e Billie, il proprietario, le posó davanti il caffè e un muffin.
«Tieni, te lo regalo io.»
«Grazie Billie, è la il preferita.»
«Lo so, nighean.»
Il termine gaelico per dire figlia la fece sorridere e sentire protetta e al sicuro.
«Melanie Martinez, la prossima volta che ti viene voglia di svegliarmi a quest'ora, fottiti e tornatene a dormire.» era la voce rauca di Josh.
Melanie gli mandò un bacio volante ridendo. Josh sbuffò ma non potè fare a meno di sorriderle.
«Vaffanculo stronza.»
Josh si sedette, messi davanti così sembravano l'uno lo specchio dell'altra, Melanie aveva le braccia poggiate sul tavolo e mangiava la torta guardando distrattamente un punto indefinito alle spalle dell'altro e Josh beveva un caffè in tazza grande, entrambi avevano la stessa espressione.
Gli stessi occhi.
Gli stessi capelli fini.
Le stesse abitudini.
Erano un perfetto ingranaggio mal funzionante.
Finirono la colazione.

7.50 a.m.

Lo avrebbe fatto, Ashley avrebbe mollato Brendon, perché di abusi in vita sua ne aveva subiti abbastanza e voleva smetterla.

Voleva sapere come sarebbe potuta arrivare lì dove in pochi arrivano ed in tanti sperano. 

A vivere.

Non tanto essere felice. Quello era troppo per lei.

 Non se lo meritava.

Voleva soltanto poter vivere fuori. Fuori da se stessa. Senza muri, barriere. Vivere. Una vita fatta di respiri e sorrisi. Di occhi vivi, non stanchi.
Di musica, di allegria, e perché no, anche di tristezza.
Oggettivamente la felicità non è materiale. Lei non voleva la felicità.
Non se la sarebbe meritata.
Avrebbe allontanato anche quella.
E la felicità non torna indietro,
tu la mandi via, e lei se ne accorge.
E non torna. Non torna.
Perciò lei non voleva essere felice. Voleva vivere.
Raggiungere quella vita che ormai era diventata un'utopia.
Forse la più lontana.
Ma ci sperava. Davvero.
Perché infondo vivere non significa "avere", significa "essere".
Ma in un mondo in cui questi due termini sono considerati sinonimi, è difficile raggiungere l'obbiettivo più grande.
Difficile essere.
Difficile avere.
Difficile vivere.
Difficile morire.
Ashley arrancò ancora di qualche passo andando verso la via, imboccò Vicent Road.
Topi morti, un prato di siringhe, l'odore di carogna che moriva a faccia in giù in quella terra di nessuno. Niente cresceva, nessuna storia da raccontare, o almeno la sua non era da raccontare.
Vide un fiore e ne strappò la corolla facendola a pezzi finché non fu completamente distrutta e spiaccicata.
La puzza dei cassonetti, le bottiglie di birra, le persone buttate come animali all'angolo della strada. Benvenuti! Questa è la vita!
Ashley guardò la terra sotto i suoi piedi e scorse un pezzo di vetro.
Sarebbe bastato ficcarselo nella gola.

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⏰ Last updated: Aug 12, 2016 ⏰

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