L'orario del telefono mi comunica che sono le nove meno un quarto del mattino e tra poco arriverà Max a prendermi.
Sono agitatissima e stanotte non ho chiuso occhio.
Per non parlare dell'ansia che ho avuto in questi ultimi tre giorni, ma menomale che la musica di Rocco Hunt e la dolcezza di Max riuscivano a calmarmi.
Invece con Marco è tutta un'altra storia: non mi cerca dal giorno di Natale e da per scontato che io lo cerco io per prima, ma se lo può anche scordare.
Ho altro a cui pensare.
Mi guardo allo specchio e devo dire che il mio outfit è perfetto, infatti è stato scelto con cura dai giorni scorsi: maglione bianco, jeans, stivali neri per poi concludersi con un trucco semplice composto da mascara e poco rossetto.
Spero tanto di essere carina agli occhi di Max.
Mi arriva un messaggio su Whatsapp.
"Sto per arrivare piccola...♥"
Mi scrive così Max e io sono felicissima.
Mentre aspetto quei pochi minuti, mi ascolto "L'ammore overo". Mi soffermo sul testo di quella canzone così sentimentale e ogni frase che Rocco canta, la dedico al mio Max.
Il pensiero di passare qualche ora con Max, mi fa scoppiare il cuore di gioia.
Sento ancora la vibrazione di un messaggio di Whatsapp. È Max.
"Sono sotto casa, scendi."
Mi viene l'ansia.
Mi guardo per l'ennesima volta allo specchio per vedere se è tutto apposto e poi esco di casa, canticchiando.
Per fortuna che in casa non c'è nessuno oggi: mia madre è uscita, mio padre è al lavoro e Ale è fuori città con Luisa.
Metto via il mio iPod nella tasca del capotto e alzo lo sguardo verso Max, che mi aspetta in macchina.
Salgo in macchina e vedendolo da vicino, mi sento stringere lo stomaco.
È bellissimo: si è vestito elegantemente con poca barbetta al viso e indossa un profumo maschile molto buono.
«Ciao piccola...» mi saluta con un grande sorriso, per poi abbracciarmi.
Sono senza fiato e mi sta venendo una terribile voglia di baciarlo. Devo resistere, voglio vedere se lo fa lui.
«Ti sono mancato, eh?» chiede.
E mi chiedi pure se sei mancato? Sì, mi sei mancato troppo come quando manca l'aria ai polmoni.
Io continuo a restare in silenzio, godendomi ogni secondo tra le sue braccia.
«Sappi che mi sei mancata anche tu e non poco» aggiunge con la stessa tonalità dolce che ha usato nel salutarmi.
Ci stacchiamo lentamente, per poi fissarci teneramente.
«Andiamo?» domanda, mentre mette in moto la sua Fiat 500.
Io annuisco.
«Comunque, sei bellissima oggi» afferma Max.
«Anche tu» ribatto, essendo rossa come un pomodoro.
Durante il viaggio, ci ascoltiamo il disco "SignorHunt" e cantiamo a squarciagola tutte le canzoni.
Stiamo esplodendo insieme di felicità e osservo Max, mentre giuda con un raggio di sole che penetra il suo viso.
Mi si scoppia il cuore da quanto è stupendo.
Pochi minuti dopo, raggiungiamo la casa di Max ed entrando, rimango stupita.
È una casa molto umile: arredamento antico e quadretti di Napoli ovunque.
Mi fa ricordare molto la casa di mia nonna che viveva in centro Vietri sul Mare
«Ti piace la casa?» mi chiede Max.
«Se mi piace? È magnifica!» ribatto, essendo entusiasta.
Mi fa accomodare sul divano e mi raggiunge, abbracciandomi.
Afferra il telecomando e facciamo zapping in TV, prendendo in giro delle pubblicità.
Alla fine non è importante fare grandi cose, ma stare bene insieme ed essere felici con pochissimo.
«Ed ecco qua il pranzo» annuncia Max sorridente, mentre mi serve un bel piatto di pizza margherita.
Ha un bell'aspetto e anche un ottimo profumino. Ho l'acquolina in bocca, ma voglio aspettare Max per iniziare a mangiare.
Quando si serve la sua pizza a tavola, lui rimane stupefatto.
«Che hai? Non hai fame?»
«Sì, certo. Aspettavo te per mangiare»
«Ora sono qui con te. Adesso mangia, altrimenti si raffredda»
Taglio la pizza a spicchi, ne prendo una fetta e la assaggio.
Mamma mia, che bontà: è morbida deliziosa, proprio come la fanno giù a Napoli.
«Che ne pensi?» chiede Max.
«E' veramente ottima... Ma che marca di pizze surgelate è?» commento, mentre ho ancora il pezzo di pizza in bocca.
«Nessuna marca»
«Non riesco a capire, spiegati meglio» ribatto, essendo sconcertata.
«L'ho fatta io con le mie mani»
«Davvero?»
Max annuisce.
«Allora devo farti i miei complimenti: è squisita. Dove hai imparato?»
«In pizzeria di mio zio che si trova in centro Pompei»
«Cioè, facevi il pizzaiolo?»
«Non proprio, lo aiutavo negli impasti. È stata una breve esperienza estiva di lavoro che aggiungerò sul mio futuro curriculum. Sai con questa crisi, bisogna imparare un mestiere»
«E lo dici a me? Mio fratello, che ha ventiquattro anni, si sta disperando per un misero lavoro, ma lui non molla»
«Fa bene...»
Mentre chiacchieriamo, mi accorgo che lui mi guarda con una bellissima luce negli suoi occhi e ne sono compiaciuta di tutto ciò.
Ancora non riesco a capire come faccio a piacergli.
Lo capirei se fossi magra con un bel sedere e un seno da Pamela Anderson, ma siccome non ho nulla di tutto ciò, io non lo capisco.
Giuro che se continua a guardarmi in quel modo, ribalto il tavolo e lo bacio tutto il giorno.
«Dunque, mi hai detto di essere salernitana, giusto?» domanda Max, mentre addenta un pezzo di pizza.
«Sì»
«Salerno città?»
«No, provincia. Vietri Sul Mare, conosci?»
«Sì. Ne ho sentito parlare, ma non ci sono mai stato. Ti manca, vero?»
«Uh, non ne hai idea...»
«E ora perché sei qui a Torino?»
«Perché mio padre ha avuto la brillante idea di fondare una ditta qui»
«Caspita, posso immaginare cosa hai provato quando ti sei trasferita...»
«Sono stata malissimo, ma non ci voglio pensare. Ora tocca a te, raccontami di te...»
«Beh, i miei genitori si sono conosciuti agli scavi di Pompei. Mio padre, a quei tempi, faceva il bigliettaio, mentre mia madre era una studentessa liceale in gita»
«Wow! E poi?»
«In quei giorni di gita, si sono conosciuti e innamorati...»
«Ma tua madre dove viveva a quei tempi?»
«A Catania, in Sicilia.»
«Oh, quindi era un amore a distanza?»
«Esattamente. Mio padre faceva di tutto per andare a trovare mia madre in Sicilia e quando lei ha finito la scuola, si è trasferita a Pompei. Hanno convissuto un anno, finché mia madre è rimasta incinta di mia sorella...»
Il racconto delle origini di Max è davvero molto interessante e lo ascolterei per ore.
«...Poi si sono sposati e si sono trasferiti qui a Grugliasco per garantire una situazione economica sicura. Nove mesi dopo, è nata mia sorella Letizia e sette anni dopo, sono nato io...» continua a raccontare Max
«Tua sorella vive con voi?»
«No, lei vive a Francoforte. Era partita per andare a fare un Erasmus universitario e ha incontrato Peter, il suo compagno e dal loro amore, sono diventato zio di un nipote stupendo...»
Max tira fuori il cellulare e mi mostra una foto di un bambino con i capelli color biondo platino, gli occhi azzurri e con un bellissimo sorriso.
Guardo la foto con grande dolcezza.
«Si chiama Friedrich e ha appena compiuto due anni. Non è un amore?» mi domanda Max orgogliosamente.
Io acconsento sorridendogli.
Immagino quanto sarebbe bello diventare zia, ma con la situazione difficile che abbiamo in casa, non è proprio possibile.
Finiamo di mangiare la pizza, raccontandoci tante altre cose: cosa faremo dopo il liceo, di Rocco Hunt, dei professori, insomma, di tutto.
Ci siamo accorgendo di avere molto in comune e la cosa mi fa molto piacere.
Dopo mangiato, Max mi propone di vederci un film insieme e io accetto.
Ame va bene tutto, basta che sia fatto con Max.
Appena entro nella camera di Max, non posso credere a quello che vedo: è completamente tappezzata dai poster di Rocco Hunt.
Noto in modo particolare che c’è una mensola, dove ci sono tutti i dischi di Rocco Hunt da "A Music è Speranz", un disco che aveva fatto da giovanissimo e infatti si chiamava Hunt Mc, all'ultimo disco "SignorHunt".
Vedo anche la collana "RH", l'anello e la foto scattata al firma copie, incorniciata con un quadretto color rosso.
«C'è qualcosa che ti ha colpito?» chiede Max, abbracciandomi da dietro.
Sento i brividi che mi attraversano lungo la schiena.
«Sì, questa mensola mi fa capire quanto ci tieni ad essere un suo fan...» rispondo.
Ecco, è ritornata quella voglia di baciarlo.
Mi volto verso di lui e sprofondo dolcemente nei suoi occhi. Lui si avvicina a me lentamente e anch'io faccio lo stesso.
Chiudiamogli occhi e adesso, niente e nessuno ci impedirà.
Ancora pochi centimetri e sfiorerò le sue labbra, finché una simpatica suoneria del cellulare ci interrompe.
Non è il mio cellulare per fortuna, è quello di Max.
Lui corre a rispondere, mentre io rimango disorientata. È la stessa situazione che era successa a Superga.
Cavolo, ma prima o poi bacerò quelle labbra... no?
Max è ritorna subito dopo.
«Scusami, erano i miei genitori che volevano sapere se era tutto apposto...»
«Immaginavo...»
«Che ne dici di vederci un film?»
Io annuisco.
«Dimmi solo una cosa: ti piace Alessandro Siani?»
«Se mi piace? Io lo adoro!»
«Bene, allora guardiamo "Il Principe Abusivo"»
«Fantastico!» Rispondo entusiasta.
Max mette il disco nel lettore DVD e un attimo dopo ci ritroviamo nel suo letto, abbracciati come due innamorati.
La verità è che io sto per innamorarmi di lui e chissà se è lo stesso.
Il film è molto divertente con le battute di Siani che mi fanno morire dal ridere.
Sentire parlare in napoletano, aver mangiato la pizza a pranzo ed essere in un casa che ricorda che ricorda la mia terra, mi fa sentire a casa.
Che bella sensazione.
Ad un certo punto, essendo al calduccio e al sicuro tra le sue braccia, chiudo gli occhi e mi addormento.
Mi sveglio un po' spaventata, visto che non sono abituata a dormire in luoghi estranei.
Poco dopo ricordo di trovarmi in camera di Max e che mi ero semplicemente addormentata.
Mi giro, ma non vedo Max.
Mi domando dove sia andato.
«Ben svegliata, piccola...» sussurra dolcemente.
Questo è stato il risveglio più bello e più dolce della mia vita.
Guardo la finestra e realizzo che si è fatto buio.
«Che ore sono, Max?»
«Le cinque e mezza»
LE CINQUE E MEZZA?
Tra un'ora devo essere da Marco e a Max non gli ho detto ancora niente.
Mi alzo di scatto dal letto e lui mi guarda confuso.
«Max, devo andare»
«Dove vai?»
«Devo andare a cena da una mia amica»
« Dove vive?»
« A Borgaro Torinese»
« Vuoi che ti ci porto?»
« Ti ringrazio, ma preferisco prendere il treno»
«Fuori è buio, fa freddissimo e ha iniziato a piovere. Dai piccola, non voglio che ti accade nulla di brutto: lascia che ti accompagno»
In effetti, non ha tutti i torti.
«Va bene Max, accompagnami alla stazione di Borgaro. La mia amica vive a pochissimi metri da lì...»
Lui acconsente e io vado un attimo in bagno.
Mi sistemo leggermente il trucco e sono pronta.
La voglia di andare a conoscere gli zii di Marco è paria zero, ma sono costretta a farlo.
In macchina io e Max cantiamo "Tengo Voglia e Sunnà", una delle migliori canzoni che Rocco Hunt abbia mai fatto.
Amo molto il testo: parla dei suoi sacrifici che ha sempre fatto nella sua vita e di come è sempre rimasto umile, anche se è diventato famoso.
Infatti lo si nota davvero, a differenza di altri cantanti che hanno fatto tanto per farsi notare e per avere più scoop.
Le persone che non lo sopportano pensano che Rocco dicono che è un venduto, che è un’analfabeta e che punta verso l'obiettivo di avere molti soldi, ma sapete cosa penso? Che non possono capire niente, che non possono capire che cosa mi trasmette Rocco Hunt.
Mi trasmette tutto, tranne che odio e schifo.
E' speciale e lo sappiamo solo io e gli altri fan che lo amiamo.
Venti minuti dopo, arriviamo alla stazione di Borgaro Torinese e mi sento sprofondare dalla tristezza. Max lo nota subito.
«Va tutto bene, piccola?» chiede in tono amorevole.
«Sì, sì. Sono solo un po' stanca...»
Bugia.
Non ho voglia di andare da Marco e ho voglia di restare con te.
«Ci sentiremo, vero?» gli chiedo.
«Sì certo, parto per Londra dopodomani mattina, ma non temere. Prenderò una scheda telefonica inglese, così ti chiamo anche quando sono in Inghilterra...»
Sono commossa da quello che mi dice Max. Lo abbraccio forte e vorrei che questo momento durasse per sempre.
« Non rattristarti, ci sentiamo dopo piccola...» mi rassicura, dandomi un bacio in fronte.
«Va bene»
Mi stanco da quell'abbraccio e mi fa malissimo.
Scendo dall'auto e lui continua a sorridermi.
Io ricambio ma si sa che la bocca sa mentire molto bene.
Quando Max si allontana, sfogo la mia tristezza in lacrime mentre m'incammino verso la casa di Marco di cui mi aveva dato l'indirizzo.
Sono davanti alla porta della casa di Marco e vorrei già andarmene. Ormai ho promesso di esserci, faccio un sospiro e mi faccio coraggio.
Suono il campanello e sono un po' impaurita, lo ammetto.
Subito dopo mi apre Marco, mi da un bacio a stampo molto freddo e continuo a non sentire nessun tipo di emozione.
Appena entro in casa, mi porta in sala dove ci sono due persone di mezza età e sono seduti sul divano.
Deduco che siano i suoi zii.
«Loro sono i miei zii: zia Renata e zio Giovanni...» mi afferma Marco, indicandoli.
Si alzano per stringermi la mano e io cerco di essere il più naturale possibile.
Dalle loro facce non si direbbe che sono molto entusiasti di fare la mia conoscenza, come del resto non lo sono nemmeno io, ma cerco di fare uno sforzo.
Mi fanno accomodare sul divano e iniziano a farmi una serie di domande: da dove vengo, che cosa voglio fare dopo liceo, com'è la mia famiglia e io sono tranquilla nel rispondere.
Alla fine mi chiedo cosa sia di male a provenire dal Sud Italia? Magari per loro è un male.
Noto che, con molto dispiacere, Marco è attaccato al cellulare e sembra essere molto interessante a giudicare dalla sua faccia.
Successivamente lo vedo alzarsi e non si sa dove va, facendomi rimanere sola con i suoi zii.
Sono in completo imbarazzo.
Lo zio legge il giornale, intravedendo ogni tanto la televisione accesa, e la zia è in cucina che ogni volta che passa insala, mi squadra male.
Sembra che ha paura che le rubo qualcosa.
Ho come l'impressione di non essere gradita in questa casa.
«Comunque è un piacere di averti a cena, vero Giovanni?» domanda al marito.
Lui annuisce.
Prego solo che questa cena non vada male.
La zia ritorna in cucina e io guardo la televisione.
La mia testa è fra le nuvole e non faccio altro che pensare al pomeriggio che ho passato con Max.
Così meravigliosamente bello…
Mi chiedo se ci saranno ancora giornate come queste.
Poco dopo mi scappa la pipì e chiedo allo zio di Marco dove posso trovare il bagno, indicandomi le direzioni.
Entro in bagno e sento dei rumori da fuori.
Riesco a intravedere tramite dal buco della serratura e vedo la zia di Marco che entra in una stanza, chiudendo la porta alle spalle.
Chissà che cosa c'è là dentro.
Esco dal bagno lentamente e mi avvicino piano, piano alla serratura.
Vedo che ci sono la zia e Marco, messi uno di fronte all'altro.
«Marco, comunque devo dirtelo: a me quella ragazza non piace, neanche un po’» predica la zia.
Lo sapevo e, infatti, non ne rimango stupita, anche se non riesco a capire il motivo.
« Neanche a me piace zia...» ribatte Marco.
Che traditore!
Che fosse maligno lo sapevo, ma non pensavo a questi livelli.
« È una davvero ignorante, come tutti i terroni ovviamente...» commenta la zia.
Sto provando una grandissima rabbia, ma meglio che faccio finta di niente.
«Sì lo so, è un ignorante allo stato puro...» replica Marco.
Non posso credere a quello che ho appena sentito.
Se, per Marco, sono così come mi ha considerata, perché perde ancora tempo con me?
«Secondo me, dovresti lasciarla...»
«Sto pensando di farlo a breve»
Sono davvero disgustata da tutto questo e non voglio perdere altro tempo in questa casa.
Ritorno in bagno, tiro lo sciacquone e me ne esco con un'idea geniale per andarmene via da questa casa abitata da persone false senza cuore.
Arrivo in sala, prendo in mano il cellulare e fingo di aver ricevuto un messaggio da Ale, simulando una falsa emergenza.
«Signora Renata, chiedo perdono ma non posso più rimanere a cena...»
«Che succede?» chiede lei, fingendosi preoccupata.
«Mio fratello mi ha detto che devo ritornare a casa urgentemente. Mi dispiace.»
In realtà non mi dispiace, neanche un po'!
Indosso la giacca, saluto tra tutti tranne Marco frettolosamente e finalmente esco da quella casa.
M'incammino verso la stazione di Borgaro, essendo infuriata, e ripenso tutto quello che ho sentito.
Non posso credere che si è rivelato in questo modo.
Due anni di finta relazione buttati così!
Se mi dovesse lasciare, ne sarei felice ea pensare di quante volte mi sono sentita in colpa, anche quando gli rispondevo leggermente male.
Marco, mi fai schifo e oggi ne ho avuto la conferma.

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Forte Come Una Tigre (#wattys2016)
Teen Fiction" Assunta, quasi diciannovenne, è insoddisfatta della vita che conduce: vive in un paesino del torinese e ha nostalgia della sua terra di origine, una madre che abusa di alcool, un padre assente dal troppo lavoro, il fratello maggiore in crisi, un i...