Forse ancora una possibilità

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Capitolo 8 – Forse ancora una possibilità

Tic toc. Tic toc. Tic toc.
Il ticchettio di un orologio appeso alla parete era l'unico suono che sembrava rimbombare in quella stanza bianca e fredda, un suono continuo e senza interruzione alcuna, un lento scorrere del tempo.
La stanza era talmente silenziosa che anche quel leggero rumore sembrava essere assordante e il tutto era ancora maggiormente amplificato nella testa di Blaine.
Erano le cinque del pomeriggio e quel ragazzo era solo mezz'ora che se ne stava seduto solo nella sala d'attesa della clinica, ma a lui sembrava essere passata più di un'ora e mezza.
Stava aspettando che Kurt avesse fatto la tac necessaria, ci sarebbe dovuto volere poco, ma il moro non riusciva a percepire lo scorrere del tempo, era come se tutto si fosse di colpo fermato.
Aveva la testa bassa, stretta tra le mani, sentiva che stava pulsando in maniera vergognosa e le tempie sembrava che gli dovessero scoppiare da un momento all'altro.
Tremava in maniera visibile, sentiva le gambe che non riuscivano a stare ferme e una voglia incontrollabile di alzarsi e prendere a calci qualcosa, ma doveva contenersi, lo doveva fare per Kurt.
La cosa più struggente, però, era la colata di lacrime che gli scendeva dalle guance, ustionando la pelle leggermente olivastra: non riusciva a smettere di piangere, non trovava pace alcuna.
Cercava almeno di non singhiozzare, ma era difficile, molto difficile.
Blaine aveva paura, una paura immensa: non era crollato davanti a Kurt poco prima, aveva fatto quello forte, ma in quel momento, da solo, non riusciva più a controllarsi.
Non poteva sopportare l'idea che Kurt, il suo amato Kurt, potesse rischiare la propria vita, non voleva neanche immaginare di perderlo, era tutta la sua vita.
Adesso era solo e poteva sfogare tutti i suoi timore, ma sapeva che davanti a suo marito, comunque sarebbe andata, sarebbe dovuto essere forte per tutti e due. Kurt voleva sempre apparire quello forte, ma sapeva in cuor suo che il ragazzo stava soffrendo in maniera immensa e almeno lui doveva sostenerlo e dargli forza, ma Blaine aveva anche la paura di non riuscire ad essere forte come voleva, temeva di crollare prima del mezzo soprano.
"Cazzo."
Una leggera imprecazione uscì dalle labbra del moro, mentre stringeva le mani alla testa e teneva a freno l'impulso di irrompere nella sala dell'esame per sapere che diamine stava succedendo: perchè ci stava mettendo così tanto? Non doveva essere un esame veloce?
Un nuovo terrore si impossessò di lui: e se avessero trovato qualcosa? E se i timori del medico si fossero tramutati in una orrenda realtà? Kurt stava male?
Puntò velocemente e ripetutamente i suoi occhi dal colore indecifrabile verso la piccola porta bianca per vedere quando si fosse aperta, con una stretta al cuore.
Doveva stare calmo, non doveva dare di matto, dentro stava andando tutto bene.
Una manciata di minuti e, finalmente, la porta si aprì.
Kurt uscì dalla stanza, accompagnato dal medico e Blaine, velocemente, si alzò dalla sedia dove era seduto da tempo per quasi correre in contro a suo marito per sapere che cosa era uscito dalla tac.
Il castano strinse la mano del moro e gli rivolse un leggero sorriso spento, prima che il medico prendesse la parola.
"La tac ha mostrato qualcosa all'altezza del petto, ma si vede poco, dovremmo fare una risonanza più specifica per vedere cosa è quella strana massa. Per ora non voglio sbilanciarmi, anche perchè è molto piccola e potrebbe benissimo essere un errore della macchina. Comunque abbiamo fissato una risonanza magnetica all'addome tra quattro giorno. Abbiamo anche ignettato nel corpo del ragazzo un liquido per far in modo che poi il giorno dell'esame il tutto venga più pulito e chiaro, senza bisogno di troppo contrasto, che alle volte può avere degli effetti collaterali."
"Grazie dottore, davvero."
I due coniugi strinsero la mano del medico e si avviarono all'uscita, in silenzio, stringendosi le mani.
La macchina non era abituata a tutto quel silenzio da parte dei due, ma nessuno aveva il coraggio di parlare, nessuno dei due aveva il coraggio di fare quella domanda e, in quel momento, forse, quel silenzio valeva più di mille parole.
C'era un aria di paura, di tormento, di domande, di voglia di sapere, di voglia di sperare in qualcosa.
Blaine guidava, con le mani strette al volante, tanto da far diventare bianche le nocche; Kurt fissava le proprie gambe, con gli occhi che cercavano di reprimere le lacrime. Non voleva piangere, doveva essere forte, doveva far vedere che lui era Kurt Hummel e non aveva paura di niente e di nessuno; eppure il timore lo stava sottomettendo, la paura di essere come una bomba ad orologeria lo faceva impazzire e pensare che gli avevano appena dato una presunta notizia di possibile cancro.
"Kurt io..."
Blaine aveva parlato, una voce tremante, appena udibile.
Kurt alzò lentamente lo sguardo e andò a posarlo su quello del suo compagno, guardandolo appena.
"Dimmi..."
"Come stai?"
Il castano sospirò, forse non sapeva neanche lui la risposta.
"Non lo so, non voglio crederci..."
Blaine annuì piano piano, tornando a concentrarsi sulla strada, anche se praticamente erano arrivati sotto il loro palazzo.
"Vuoi prenderti una pausa da lavoro, Kurt?"
"Prima voglio sapere la diagnosi, poi deciderò, adesso però ho bisogno di concentrarmi il più possibile su altro."
Scesero di macchina e, insieme, salirono nel loro Loft, cercando per quella sera di pensare ad altro, anche se sapevano bene entrambi che sarebbe stato molto difficile.


"Blaine in salta trucco, Kurt invece dalla costumista, forza ragazzi!"
La giornata era appena iniziata e già il regista impartiva ordini a destra e a manca, indirizzando ogni attore al proprio posto.
I coniugi Hummel-Anderson avevano passato una notte quasi del tutto insonne e si poteva benissimo vedere dai solchi neri sotto i loro occhi.
Kurt era il peggiore tra i due, aveva rifiutato di cenare e di fare colazione, non si riusciva bene a capire come riuscisse a stare in piedi da solo.
Si avviò verso la sala della costumista, con gli occhi persi nel vuoto, mentre camminava come un manichino nel lungo corridoio.
Nel suo volto non si poteva leggere alcuna emozione, solo un volto tirato e pallido; arrivò silenzioso nella sala e iniziò a provare uno alla volta gli abiti si scena, mentre la ragazza controllava che tutto fosse apposto e che i vestiti gli calzassero a pennello.
"Stai bene Kurt, ti vedo più pallido del solito."
Il moro la guardò, gli occhi glaciali che diventavano sempre più chiari, sempre più...assenti.
Fu solo questione di un attimo: la stanza iniziò a girare, fino poi a fermarsi di colpo e poi più niente, l'oscurità si impadronì del piccolo mondo di Kurt, che cadde a terra privo di sensi.


Note dell'autrice:
Buonasera ragazzi!
E finalmente ecco anche questo ottavo capitolo di questa Cosa (?) che non so se si può chiamare Fanfiction xD
Non ho molto da dire in effetti, sempre le stesse cose (?)
Spero che vi piaccia il capitolo, mi piacerebbe sapere che ne pensate.
Un bacione a tutti e alla prossima.
PS: se volete sono anche su Twitter oltre che su Facebook ;)
Giulia Pierucci

Courage, it will be OkayWhere stories live. Discover now