Numero sconosciuto

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Non ricordava da quanto tempo andasse avanti così.

L'aveva detto a Marco, oh, se gliel'aveva detto: tirava fuori l'argomento praticamente tutti i giorni.

Quante volte si era sentita rispondere: «Ma se ti fa così paura, perché non vai dalla polizia?»

No, di fare questo si rifiutava. Non riusciva a capacitarsi del fatto che qualcuno avrebbe potuto risolvere quella situazione, che aveva assunto proporzioni titaniche per lei e che sarebbe stata insignificante per Il resto del mondo.

A mala pena importava a Marco, un po', e Marco era più preoccupato dal fatto che lei non riuscisse a pensare ad altro che dal problema in sé.

Ormai quasi non camminava più normalmente per la strada: si voltava di continuo con l'occhio che saettava verso il suo angolo, come se volesse rifugiarsi lì e allo stesso tempo sorprendere qualcuno che la stesse seguendo.

Ecco, suonava di nuovo.

La gola le si chiuse, mentre allungava la mano e afferrava il telefono sul tavolo.

Questa volta, forse questa volta...

«Pronto?» gracchiò nel telefono, la voce arrochita da quel paio di sigarette che fumava ogni giorno.

Silenzio. Ancora una volta lo stesso vuoto dall'altra parte che le faceva venire voglia di vomitare e di andare a dormire per più tempo possibile.

Il braccio le scivolò lungo il fianco, pesante, mentre premeva il pulsante di fine chiamata.

Nel suo petto c'era voglia di urlare nelle sue gambe in tutto il suo corpo la voglia di rovesciare quella sedia e andare via via via, ma non si mosse.

Non chiese aiuto neppure allo specchio che la guardava dall'altra parte della stanza.

Era così facile stare fermi col cuore che batteva ad un ritmo diverso dal solito, rimanere ad ascoltarlo cercando di misurare l'entità del proprio panico.

C'era qualcosa di dolce nell'annegare nel proprio terrore senza provare a salvarsi.




La ragazzina chiuse la comunicazione con uno sbuffo: «Ho di nuovo sbagliato numero.»

«Ma come fai a ciccare il numero di tua madre?» fece la sua amica, ridacchiando.

«Eh, è che quando scrivo il numero veloce premo sempre il quattro prima del tre...» rimise il cellulare nella borsa e accordò il suo passo con quello dell'amica.

«Boh, chissenefrega.»

Storie sparse [Completa]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora