16. The last tear

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Noah's pov.

Era come se Summer indossasse due maschere contemporaneamente: la prima era quella che la rendeva allegra e altruista, una maschera dotata di un sorriso spontaneo e leggero donatale da una vita formale e rigida, ma allo stesso tempo lineare e spensierata. La seconda invece era una maschera che rifletteva il suo sguardo perso nel vuoto, come se non si sentisse a proprio agio, come se cercasse qualcosa; era una maschera triste e vuota, quasi priva di significato.
In quel preciso istante era intenta a reggere sul proprio volto la prima maschera, anche se lo sforzo per non farla crollare la stava disgregando dall'interno, come un parassita intento a farla marcire, rubarle quella speranza dentro il suo cuore e lasciare soltando un enorme solco vuoto e infrangibile.
-Noah, perché quella faccia assorta?- domandò lei ridendo e reggendo tra le dita un cocktail. Era già il terzo che beveva, e non conoscendola affatto alla perfezione non ero sicuro che potesse reggerne ancora altri.
-Summer, perché non smetti di bere? Penso tu stia esagerando..- tentai di parlarle, ma lei continuava ad ignorarmi e a sorseggiare il liquido rinfrescante che le stava appiccicando le labbra rosee.
-Dove sono finiti gli altri?- corrugò le sopracciglia e continuò a ridacchiare senza motivo.
-Penso stiano ballando.. vuoi andare anche tu?- proposi, così lei accettò e la portai alla pista da ballo mano nella mano. Prima che potessi rendermi conto delle sue azioni, Summer circondò il mio collo con le sue braccia e si resse a me; sorrisi e cominciammo a muoverci in pista, senza alcun ritmo, solo per poterla farla rilassare e smaltire tutto l'alcol che le stava scorrendo nelle vene. Lei si era stretta a me, appoggiando il volto contro il mio petto, e solo dopo alcuni minuti mi accorsi della maglietta che si stava bagnando. -Summer..- le posai due dita sotto il suo mento per poterla guardare in viso, e sussultai quando vidi le lacrime intente a sbadirle il sorriso e la poca felicità e spensieratezza che si era aggiudicata quella sera. -Andiamo via da qui, okay?- le sorrisi rassicurante, prima di afferrarle la mano e condurla fuori dal locale per prendere una boccata d'aria. Fuori dal chiasso e dalla musica ad alto volume, sentii i suoi mugulii e il suo pianto che stava cercando di nascondere con le mani sulla bocca, senza però alcun successo. La lasciai sola per qualche istante, a pochi metri di distanza, fino a quando lei crollò a terra e corsi a reggerla. -Hey, Summer..- mi si incrinò la voce e cercai di farla tranquillizzare, ma lei era quasi incosciente, pensava solo a piangere e a soffocare i singhiozzi che le fuoriuscivano dalle labbra tremanti. -Senti, che ne dici se ti porto a casa?- lei scosse la testa e si strinse a me, cercando di sviare il mio sguardo. -Chiama Lily..- mormorò lei.
-È una tua amica?- quando annuì, cercai nella tasca della sua borsetta il suo cellulare e digitai il suo nome nella rubrica dei contatti. Rispose al terzo squillo.
-Pronto Summer?- la voce della ragazza risuonò nell'apparecchio, e potei percepire una nota di preoccupazione oltre alla sorpresa.
-Sei Lily, giusto?-
-Sì.. tu chi sei?-
-Mi chiamo Noah, e sono un amico di Summer.. senti, stasera siamo usciti con i nostri compagni di corso di kickboxing e.. be', Summer non si sente bene, continua a piangere e mi ha detto di chiamare te.. posso portarla a casa tua? Penso abbia bisogno di te..-
-Oh dio, certo che sì.. si è per caso ubriacata?-
-Era nel punto di farlo.. ma sembra più sconvolta che ubriaca..- le diedi un'occhiata, e sembrava essersi assopita tra le mie braccia.
Lily mi dettò il numero del suo indirizzo e staccai la chiamata, rimettendole il cellulare in tasca. -Summer..-
Lei mugugnò qualcosa, così io le accarezzai dolcemente i capelli e le scoccai un bacio sulla fronte. -Vieni, ti accompagno a casa di Lily..- così, senza pensarci due volte, la presi in braccio e la portai fino alla mia auto.
Salii anch'io sul posto del guidatore e inviai un veloce messaggio ai miei amici per avvisarli che non ci avrebbero trovati al locale, per poi accendere l'auto e il riscaldamento. Lanciai uno sguardo a Summer, la quale stava cercando un fazzoletto all'interno della sua minuscola borsetta nera.
-Stai meglio?-
Lei annuì, ancora poco sobria, e si soffiò il naso con le occhi rossi.
-Non sei sola- sussurrai io, prima di sbloccare il freno a mano e mettere la retromarcia.
Raggiungemmo la casa di Lily in una quindicina di minuti, trascorsi in un silenzio spezzato soltando dai singhiozzi soffocati di Summer e dal mio respiro affannato.
Scesi dall'auto e raggiunsi il suo lato per poterla aiutare, ma la ragazza sembrava convinta di riuscire a reggersi in piedi da sola e ignorò la mia mano tesa. -Non essere orgogliosa, su- sorrisi io prima di stringerla a me con un braccio e andare a bussare a casa dell'amica.
La ragazza aprì la porta di scatto e spalancò la bocca alla vista della sua amica in lacrime, e senza darle il tempo di spiegare si precipitò a stringela forte tra le sue braccia e a sussurrare qualcosa all'orecchio. Summer scoppiò a piangere più rumorosamente, così Lily ci invitò ad entrare per non disturbare i vicini.
-Siediti pure sul divano Noah, io arrivo subito- annunciò Lily accompagnando Summer al piano di sopra.
Incapace di sostare sul divano e rilassare i nervi, rimasi in piedi e mi presi qualche attimo per contemplare la piccola ma accogliente casa di Lily, con un soggiorno fine e privo di oggetti superflui e una cucina divisa da un elegante open space di marmo bianco.
-Eccomi- sobbalzai alla voce di Lily, e quando incontrai i suoi occhi intuii che quel crollo di Summer era già successo altre volte.
Chissà quante.

***

Summer's pov.

Era relativamente buono il sapore delle lacrime che lentamente si sovrastavano alla freschezza delle mie labbra; era un sapore né amaro né aspro, solo salato, e mi riportava alla memoria il sapore dell'acqua del mare blu e freddo nel quale avevo fatto il bagno con Luke.
Ma ormai le lacrime avevano smesso di scendere, e sulle guance rosse vi era solo rimasta una patina fresca e fastidiosa. Mi alzai lentamente dal letto e mi diressi nel bagno di Lily, posando le mani sul lavandino e alzando lo sguardo perso e freddo sullo specchio.
Quando mi vidi, non mi riconobbi.
Chi ero diventata? Cosa stavo cercando di fare?
Ero diventata un mostro, una macchina in grado di ferire gli altri e me stessa, ero diventata una lama a doppio taglio.
Ma non mi importava.
Abbassai lo sguardo, non in grado di continuare a fissare quella persona ignobile nella quale mi ero trasformata.
Afferrai fermamente le mani intorno alla materia fredda e dura del lavandino, cominciando ad annaspare.
Cosa ci faccio ancora qui?
Niente più lacrime, solo lo sguardo sbarrato e il respiro sempre più veloce contemporaneamente al battito cardiaco.
Sono davvero così debole? Così debole da dare la colpa agli altri per la mia stessa debolezza?
Ne ero capace eccome, era l'unica cosa che mi teneva ancorata a quel mondo: l'essere eternamente convinta di avere ragione, di essere migliore rispetto agli altri, di essere sempre un passo avanti al resto delle persone che mi circondavano.
Mi guardai un'altra volta nello specchio e avvicinai il mio viso al vetro, frugando nei miei occhi e cercando di trovare una risposta alle mie paure e alle mie incertezze.
Cercando di trovare un motivo, una spinta che avrebbe potuto permettermi di ritrovare la speranza.
Ma quella speranza era ormai diventata cenere, e quel dolore tanto vicino e soffocante mi stava pervadendo e strangolando.
Sorrisi appena.
Un sorriso pieno di rammarico e dolore, un sorriso ironico e perverso, un sorriso che mi fece sentire importante.
Niente più lacrime, niente più rabbia, solo un bellissimo sorriso.
-Su la maschera, Summer King- dissi, prima di uscire dal bagno e richiudermi la porta alle spalle.

Astronomy 2 {L.H.}Where stories live. Discover now