Capitolo 10. Cresci.

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Erano giorni che non vedevo Michael.
Evitavo di rispondere ai suoi messaggi e alle sue telefonate, non volevo assolutamente incontratrlo e non avevo voglia di parlargli.
Dopo quella sera alla Camera 483, avevo promesso a me stessa che non l'avrei più cercato.
Mi ero sentita umiliata e avevo capito che quando ci sono in gioco i sentimenti non si può far finta che non ci siano.
Mi aveva chiesto troppo Michael, lui per me non era un capriccio e non potevo sopportare che condividesse il letto con un'altra donna.
Per la prima volta desiderai di avere l'esclusiva e se non potevo essere l'unica tanto valeva condurre la mia vita di sempre.
Ero stata abituata a vivere come volevo, senza dar conto a nessuno nel migliore dei modi o nel peggiore, non aveva importanza e se proprio doveva cambiare qualcosa, almeno avrei voluto raggiungere un po' si tranquillità senza nascondermi dagli altri.
Sapevo già cosa dire a Michael, semmai l'avessi incontrato:

"É stata una bella scopata, possiamo continuare a farlo se vuoi, ma senza impegni."

Sapevo anche quale sarebbe stata la sua reazione, si sarebbe infuriato, ma a me non piaceva essere coinvolta emotivamente, soprattutto se sapevo che non poteva nascere nulla di più. Già avevo rischiato parecchio e non mi andava di sembrare vulnerabile ai suoi occhi.
Il mio egocentrismo e il mio egoismo mi portava a desiderare un uomo che fosse ai miei piedi e che rispondesse solo a me e a nessun altra.

"Quindi é finita Michael, non può funzionare..." Continuai a pensare guardandomi allo specchio nuda coi capelli gocciolanti.

Certo, mi stavo comportando da vigliacca, questo lo sapevo.
Nel mio cuore provavo un sentimento molto forte per lui ed avevo paura di uscire allo scoperto.
Il mio punto debole era non riuscire a fare a meno di lui.
"Ok Trouble, adesso tu gli mandi un messaggio..." presi il telefono e scrissi:
TI DEVO PARLARE...
"No, no. Sa di minaccia!! Cancella..."
HO BISOGNO DI PARLARTI...
"Invio."

Quando inviai il messaggio il cuore batteva all'impazzata.
Mi buttai sul letto e sprofondai con la testa nel cuscino.
Prima che postessi incominciare a fantasticare su una sua plausibile risposta, il mio telefono vibrò:
ALLE SETTE E UN QUARTO SONO DA TE.

Perfetto, ora dovevo solo aspettare e poi con calma riflettere sulle cose che avevo da dirgli.

Non volevo troppo dare nell'occhio, ma nel mio armadio non c'era un abito composto nemmeno a pagarlo.
Vestitini, minigonne, pantaloncini, jeans strappati e top succinti.
Amavo quei capi, ma quella sera proprio non sapevo cosa mettermi.
Il naso era sgonfio ed era rimasta solo un brutto livido ancora molto scuro sul viso.
Optai per un vestitino nero semplice con la gonna un po' a palloncino, i tacchi  ed un cappottino corto, che gentilmente mi aveva prestato Sam, che si abbinava al vestito.
Ero agitata, come se dovessi uscire per la prima volta con un ragazzo.
Andavo avanti ed indietro aspettando che l'orologio segnasse le sette ed un quarto, poi arrivò un messaggio:
"SCENDI!"
Aprii la porta salutai di fretta e furia Sam ed il piccolo Billy, ormai rassegnato all'idea che io non ci fossi mai, e scesi correndo le scale.
Prima di entrare in macchina, mi assicurai che Mery non fosse affacciata alla finestra e sgattaiolai come una lepre nell'auto.
<Hey, ciao!> mi disse Michael divertito dalla mia faccia sconvolta dalla fretta.
<Ciao, andiamo via di qui...> risposi al suo saluto con ancora il fiatone.
Mise in moto e sfrecciò.
Non sapevo cosa dire, quella sera era più bello del solito.
Quella camicia bianca sbottonata evidenziava ogni linea perfetta del suo corpo: le braccia e le spalle muscolose, gli addominali scolpiti ed i pettorali in evidenza.
Quel ragazzo riusciva a farmi bollire il sangue nelle vene, mi metteva gli ormoni in subbuglio e non riuscivo a pensare altro che a noi avvinghiati a fare l'amore.
<Allora che mi dovevi dire?> Michael interruppe i miei pensieri tutt'altro che innocenti.
<Ehm, fermiamoci in un posto tranquillo.> risposi imbarazzata e sentii le guance infuocarsi.
Accostò in un vicoletto di fronte al parco e restammo nascosti tra i palazzi al buio. La fievole luce del lampione illuminava appena il suo viso, era un vantaggio per me: se non l'avessi guardato negli occhi sarei riuscita a dirgli quello che pensavo.
Il silenzio era sovrano tra di noi, sentivo il suo respiro entrare ed uscire dal naso.
Lui prese una sigaretta e se l'accese, era serio tremendamente serio ed in quel momento avrei voluto sapere a cosa stesse pensando.
<Allora Michael io...>
<Io lo so a cosa stai pensando...>
M'interruppe lui.
" No, non lo sai. Ti mangerei vivo in questo momento." Pensai tra me e me.
Avevo una voglia matta di lui.
Lui si girò verso di me e si passò una mano tra i ricci neri, poi si posò la sigaretta tra le labbra in un modo così sensuale da farmi desiderare di essere quella cicca.
Non potevo più resistere, come una furia saltai a cavalcioni su di lui gli afferrai i capelli e lo baciai.
Un bacio passionale, avevo così voglia di lui che non persi tempo.
Iniziai a spogliarlo, le sue mani erano da per tutto e la sua bocca mi sfiorava i seni.
Ero pazza di lui e non potei fare a meno di baciare e mordere ogni singola parte del suo corpo.
Ad un certo punto, mentre era quasi entrato dentro di me, il suo telefono squillò.
<Che fai, non rispondi?> dissi ansimando.
<É Jess...> replicò continuando a baciarmi il collo.
<Non rispondere allora...> aggiungi sfilandogli il telefono tra le dita posando avidamente la mia bocca sulla sua.
<Scusami Trouble, ma devo.>
Si riprese il telefono e rispose.
Quell'atteggiamento m'indispettì tanto, poteva anche fare a meno di rispondere ad una telefonata, dopotutto aveva un alibi.
< Hey, amore!>'rispose con una voce da ebete.
Ero così infastidita da quella situazione che decisi di fargliela pagare. Salii di nuovo a cavalcioni su di lui e presi a cavalcare su di lui baciandogli il collo.
Lui iniziò ad ansimare, voleva abbandonarsi alla passione, ma Jess dall'altro lato del telefono aveva iniziato a fargli mille domande.
<Sii, tu-tutto bene Ah-a-more, sono in mAh-acchina sto aspettando George!>
Non riusciva a non lasciarsi scappare qualche gridolino.
<Sto bene Jess, ti chiamo dopo.> e staccò velocemente la chiamata.
Non appena ebbe finito, lui cominciò di nuovo a mettermi le mani da per tutto, ma io non avevo più voglia.
Lo spinsi contro il sediolino togliendomelo di dosso e ritornai sul mio posto, lasciandolo spaesato e con una voglia innata di scoparmi.
<Voglio andare a casa, subito!> dissi infuriata.
<Ma perché ci stavamo divertendo!> mi rispose con.un sorrisetto malizioso.
<Cazzo ridi! Ho detto che torno a casa, tu sarai anche bello ed affascinante, ma non hai le palle!!>
<Come sarebbe a dire?> mi domandò adirato come non mai.
<Sarebbe a dire che io odio i cagnolini lecca palle come te. Jess ti comanda, ti controlla, tu dici che la usi ed intanto é lei che usa te. Portami via, é finita.>
<Dai Trouble,  aspetta parliamone. Ti giuro che è ancora per poco e la lascio.> disse Michael con l'espressione da cane bastonato. Non riuscivo più a sentire quelle parole, che erano diventate una cantilena per le mie orecchie.
<Ok, vado a casa a piedi. Vaffanculo!>
Scesi dall'auto, mi tolsi le scarpe e mi avviai verso la via di casa.
Lui mise in moto ed iniziò a seguirmi passo passo.
<Dai almeno ti accompagno... Trouble!!> Gridò con la testa fuori dal finestrino.
Combattuta salii in macchina di nuovo ed in silenzio mi portò a casa.
Quamdo arrivammo, velocemente stavo per andarmene, ma lui mi afferrò per un braccio e mi tirò verso di lui.
<È vero che parti per Las Vegas?> mi domandò con gli occhi lucidi come se volesse piangere.
< Si é vero!> risposi fredda senza guardarlo in faccia, indifferente.
<E poi? Quando ti rivedrò?>
<Se lasci Jess non ci vado!> buttai lì quella frase uscita non so da dove.
Lui mi lasciò andare come se avesse preso una scossa, distolse lo sguardo e si ammutolì.
<Come non detto. Cresci Michael, stammi bene!>
Uscii dall'auto sbattendo la porta.
Mi aveva deluso, era tanto bello e tanto coglione.
Quella sera capii che per lui ero soltanto un gioco, uno sfizio!!
Lui aveva la sua bella vita, una fidanzata ricca ed un suocero che realizzava tutti i suoi desideri.
Io ero solo la scopatina proibita ed eccitante, ero la seconda scelta, la troietta a cui regalare un paio d'ore di sesso, niente di più.
Adesso era chiaro ed avevo chiuso il libro prima che si scrivesse.
É vero forse provavo qualcosa per lui e la rottura mi lasciò un vuoto nel cuore, ma ero sopravvissuta a molto peggio e di certo d'amore non si muore.

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