Lysandros, capitolo 18.

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Ermete ci accompagnò nelle rispettive stanze dicendo che avrebbe detto alla serva di raggiungermi per medicarmi le ferite.

La serva giovane entrò poco dopo nella camera raggiante ma, non appena vide in che condizioni ero ridotta, il suo viso mutò in un'espressione quasi disgustata – Santo cielo principessa! Cosa avete fatto al vostro viso e alle vostre gambe? – sembrava incredibilmente allarmata e cominciò ad armeggiare con batuffoli di cotone e bende per poter ripulire le ferite – Siete fortunata, se qualche scheggia di vetro si fosse conficcata nella carne avreste rischiato grosso. – commentò mentre mi ripuliva dal mio stesso sangue – Quando ho sentito il boato mi sono rintanata nelle cucine finché Ermete non è venuto a chiamarmi, che spavento mi son presa! – continuò. Io le sorridevo anche se sentivo non poco dolore e pensavo che stesse stringendo troppo le bende, ma in fondo era lei l'esperta e di certo io non ero affatto capace in materia, quindi mi limitai a sorridere o ad irrigidirmi quando il dolore diventava troppo acuto – Ecco fatto. – sorrise una volta terminato il suo lavoro, il suo sorriso sbilenco mi confuse per un attimo ma dato che mi ero appena schiantata al suolo in seguito al crollo di un candelabro, credetti normale sentirsi frastornati – Il letto è già stato preparato prima che arrivaste, se volete posso darvi una mano a cambiarvi. – il suo sorriso sembrava non voler andare via – Vi ringrazio ma preferirei essere lasciata sola. – lei in silenzio si inchinò in segno di congedo ed andò via.

- Principessa non avreste dovuto bendarvi da sola. – disse la serva più anziana piombando nella mia camera qualche minuto dopo, trovandomi già in vestaglia e quasi sotto le coperte – Non l'ho fatto infatti, mi ha aiutata l'altra serva. – la donna rise guardandomi come se fossi pazza – Dovete aver preso una bella botta in testa, guardate che taglio. – disse medicando nuovamente la ferita alla tempia – E come avete stretto le bende! Volevate per caso atrofizzare entrambe le gambe? – rise della sua battuta, quella donna doveva essere davvero molto anziana per non ricordarsi dell'altra serva. – Perdonate, principessa, ma a causa della memoria malmessa non ricordo il vostro nome. -
- Corin. – risposi io convinta di aver dato la giusta risposta ai miei dubbi – Corin, riposate questa notte e domani cambieremo le bende, aspettate che arrivi io e non fate da sola. – sistemò le bende usate e tutto il necessario per la medicazione in una cesta di vimini e, dopo avermi augurato la buonanotte, andò via.

Nel buio della mia stanza ogni fruscio o minimo rumore mi faceva accapponare la pelle, le gambe bruciavano e la ferita alla tempia pulsava continuamente. Sapendo che per quella notte non avrei chiuso occhio, decisi di scendere nelle cucine per procurarmi un bicchiere d'acqua e magari rilassarmi un po'.
Con una lanterna accesa mi lasciai la camera da letto alle spalle e mi avviai per i bui corridoi, resi ancor più tetri dalla luce sbilenca e tremolante debolmente sprigionata dal piccolo lanternino che portavo con me.

Le cucine erano immerse nel buio e pensai dovesse essere davvero tardi, erano tutti andati a dormire.
Posai la lanterna su un tavolo in legno per illuminare la piccola stanza e prendendo una brocca poco più in là riempii generosamente un bicchiere d'acqua fresca, sperando mi facesse star meglio.

Avevo la piccola lanterna difronte a me e la guardai per qualche istante senza pensare a nulla in particolare, poi avvicinai il bicchiere alle labbra. Prima che potessi bere però, notai delle strane impronte sul bordo.

Le mie mani erano pulite, perciò quelle impronte non potevano essere le mie.

Allontanai il bicchiere e lo posizionai controluce per osservarlo meglio quando notai che anche nel liquido qualcosa non andava: sul fondo c'era una specie di strana polvere quasi invisibile, la stessa che stava affondando come pulviscolo nella brocca poco più in là. Indecisa sul da farsi udii il becco di un piccolo uccellino fuori dalla finestra che mi fece prendere una decisione, sperando che le mie preoccupazioni non fossero esatte.
Mi avvicinai al piccolo esserino pieno di piume e dagli occhi vispi che mi osservava curioso e gli offrii il mio bicchiere, l'animale ci affondò dentro il becco felice mentre io lo fissavo attenta. Non passò molto tempo che l'uccellino tornò a fissarmi e con occhi strabuzzati stramazzò al suolo esanime.

Feci un profondo respiro per ricompormi e mi allontanai silenziosa dalle cucine, avviandomi verso l'unico posto dove sapevo di trovare qualcuno ancora sveglio.

- Lysandros, posso entrare? – chiesi aprendo piano la porta – L'avete già fatto. – constatò lui. Era seduto sul letto e fissava la sua finestra che lo illuminava a sprazzi – Anche voi non riuscite a dormire? – chiesi cauta, non sapevo come dirgli ciò che avevo appena visto senza allarmarlo ulteriormente – Cos'è successo Corin? Non sareste mai entrata nella mia stanza se non fosse successo qualcosa di grave. – si voltò e mi guardò intensamente, mentirgli sarebbe stato inutile – Qualcuno voleva avvelenarmi. – lui sospirò, sapendo già a chi si riferisse quel "Qualcuno" – Spiegatevi meglio, come è successo? – cercava di mantenere un tono calmo e distaccato, probabilmente non volendo gettarmi ancor di più nello sconforto, ma una piccola ruga sulla fronte tradiva la sua tranquillità apparente.

Raccontai l'accaduto da quando ero andata nelle cucine fino ad allora nei minimi particolari, attenta a non tralasciare nemmeno la cosa per me più insignificante – Sapeva ciò che avresti fatto, ma non riesco a spiegarmi come. – rifletté un attimo – Manipolazione mentale. – risposi io – La maga del castello è terrorizzata dagli esseri che, se disturbati, possono essere molto vendicativi. Non ci avevo mai creduto e la credevo pazza quando urlava per i corridoi dicendo che le ninfe manipolano i nostri cervelli come se fossimo elastici o gomma. -

Restammo in silenzio per qualche istante, soppesando i pericoli che ci avrebbero atteso e considerando i poteri di chi ci voleva morti, poi lui alzò lo sguardò per guardarmi – So che potrebbe essere fraintesa questa mia richiesta, ma vi prego di credere che non succederà assolutamente nulla, ve lo prometto: vi va di restare qui questa notte? Non mi sento tranquillo nel sapere che quell'arpia lì fuori tenta in continuazione di uccidervi. – sorrisi ed annuii, il mio cuore ne sembrò sollevato.

Probabilmente attendeva quella richiesta da tutta la notte.

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