Capitolo 3 (Parte 2) - Le Ragazze nel Muro

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Febbraio 1500, Alnwick

«Hai intenzione di ucciderci tutti, ragazzino?!»

Il volto di Thomas Grey era a così poca distanza dal suo che Ambrose poteva venire colpito da schizzetti di saliva. L'alito dell'uomo era rancido, i suoi denti quasi completamente marciti e legati gli uni agli altri da bava bianchiccia, che si raggrumava ai lati della bocca.

Per errore, sentendosi molto più sicuro di quanto avrebbe dovuto, aveva rivelato dell'angelo, di dio, del piano per togliere Henry dal trono. Non riusciva a comprendere se fosse stato il vino che aveva bevuto o l'eccessiva euforia che provava da quando erano arrivati i suoi ospiti a fargli dire più del dovuto, ma l'aveva fatto e ora se ne pentiva terribilmente.

Ambrose desiderò mandare indietro il tempo, desiderò farsi piccolo fino a raggiungere le dimensioni di una pulce per scappare via dal salotto e nascondersi per sempre.

Nessuno dei due desideri si esaurì: rimase della sua statura e rimase in piedi davanti a un furioso - quanto sputacchiante - Thomas Grey.

Sentiva le guance rosse, la gola stretta in un nodo, le mani sudaticce. Tutti quelli attorno a loro - ogni suo ospite e servitore - sembravano godersi l'immagine. Un vecchio nobile imparentato direttamente con la corona che strillava sulla faccia di un conte che aveva un quarto del suo potere e un terzo della sua età.

Chinò il capo e strofinò nervosamente le mani sulle calzabrache. Sapeva che i suoi atteggiamenti erano pari a quelli di un bambino scoperto mentre rubava, ma non poteva fermarli. Improvvisamente, aveva smesso di sentirsi come il potente prescelto da dio e più come un povero stupido che si era fatto illudere da un sogno un po' troppo realistico.

Fece vagare lo sguardo in direzione di Catherine, che era seduta accanto al caminetto insieme a Cecily, la quale le aveva diligentemente letto i tarocchi prima che suo marito esplodesse in tutta la sua furia. Il volto di Catherine non tradiva alcuna emozione: i suoi occhi grigi non lasciavano trasparire nulla e le sue guance erano pallide come sempre. Ambrose sapeva che, non appena Grey avesse smesso di urlargli in faccia, Catherine avrebbe scelto la fazione con cui stare in base a quella che avesse ricevuto più favoritismi. Ma cosa si sarebbe dovuto aspettare? Gliel'aveva detto sin dal primo istante che Henry Tudor, per lei, sarebbe stato l'unico re legittimo e che non avrebbe fatto nulla che l'avrebbe potuta portare al patibolo.

Tornò a guardare l'uomo che ancora urlava insulti sul suo volto. Ormai gli schizzetti di saliva avevano preso a colargli sulle guance.

Represse il disgusto ma non poté fare lo stesso con le lacrime: sentì gli occhi gonfiarsi e bruciare, così chinò ulteriormente il capo prima che qualcuno potesse vedere che era sul punto di piangere.

Concentrò lo sguardo sulla fibbia d'oro della cinta di Grey, scintillante alla luce delle fiamme del caminetto e di quelle delle candele sparse per tutta la stanza. A causa delle lacrime trattenute, presto smise di vederla con chiarezza e sembrò ricoprirsi di diamanti che brillavano come sotto il sole di luglio.

«Dunque?»

Alzò lo sguardo e prese una boccata d'aria, facendosi coraggio. «Dio mi ha scelto». La sua voce era così debole che, se non fosse stato sicuro che la sua lingua si fosse mossa, avrebbe pensato di non aver mai parlato.

Grey, però, sentì.

Il suo volto parve gonfiarsi e diventò completamente rosso, dal collo alle radici dei capelli. Le orecchie si tinsero di color vinaccia.

In un delirio dovuto alla vergogna che l'uomo gli aveva fatto provare, si domandò se, quando il suo volto fosse esploso perché tutto il sangue si era concentrato lì, sarebbe stato come guardare un fuoco d'artificio scoppiare nel cielo notturno.

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