Remus odiava le sciarpe, specialmente quei serpentoni di lana ruvida che irritavano la sua pelle soprattutto nei giorni subito successivi al plenilunio; in quel periodo diventava estremamente sensibile, bastava davvero un nonnulla per renderla scarlatta.
Se poi Sirius, quel cagnaccio pulcioso che malauguratamente era il suo ragazzo, si metteva a mordicchiargli il collo durante la notte, accoccolato accanto a lui nella sala comune ovviamente vuota, il giorno successivo la sua pelle diventava tendente al violaceo ed era costretto a coprirla per non far circolare scomodi pettegolezzi.
Con aria stizzita, si grattò il collo nascosto sotto la lana ruvida, fulminando Sirius che, seduto di fronte a lui per l’ora di Erbologia, lo osservava con un sorrisetto ironico e colpevole sul volto.
Con tutta la calma che riuscì a racimolare, Remus scrisse poche e semplici parole sull'angolo della pergamena che aveva davanti a sé, allungandola poi al compagno.
Mentre osservava l'espressione di Sirius, che da sghignazzante diventava atterrita, si sistemò con due dita la sciarpa, che indossava suo malgrado, annuendo con sicurezza.
Sirius non ebbe la possibilità di rispondergli, perché la professoressa fece levitare davanti a ciascun studente un grosso vaso colmo di uno strano terriccio arancione da cui provenivano rumori sinistri, raccomandandosi di fare attenzione.
Solo quando fu sicuro di non essere più nel campo visivo dell'altro, Remus si lasciò andare ad un sorriso; quando, alla fine della lezione, incrociò gli occhi afflitti dell'altro, si sentì quantomeno soddisfatto della sua idea.
Minacciare Sirius di lasciarlo in astinenza per un tempo indeterminato era stata un'idea geniale!