Capitolo 10 - La rosa tea 🌹

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"Ogni tanto vi erano dei fossi per buttare le immondizie e ho visto questo biscotto, avevo una fame! Sono andata dentro e l'ho preso. Come sono uscita la capa SS del campo di sterminio aveva un manganello di gomma e con quello bastonava ed è corsa dietro a un'ebrea che non so che cosa ha fatto. Disgraziatamente sono arrivata davanti ai suoi piedi, mi ha dato uno di questo sulla schiena e sono caduta per terra con un dolore pazzesco, le mie compaesane mi hanno tirata su e mi hanno fatto sedere e mi hanno calmato. E' stato terribile!"

Testimonianza di Maria Komel, sopravvissuta ad
Auschwitz, Ravensbrück e Neustadt-Glewe

Il mattino seguente, dopo l'appello, Dana prelevò Tea dalla sua baracca per accompagnarla alla villa del comandante così come le era stato ordinato di fare

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Il mattino seguente, dopo l'appello, Dana prelevò Tea dalla sua baracca per accompagnarla alla villa del comandante così come le era stato ordinato di fare. Uscirono in fila indiana dal cancello principale, scortate da due soldati armati. Camminarono per qualche minuto, in silenzio, e ad ogni passo il grigio e il fumo che aleggiavano intorno ad Auschwitz sembravano scomparire lasciando spazio al verde di un prato e all'azzurro di un cielo non contaminato dalla fuliggine. Per Tea quella fu la cosa più bella che avesse visto nell'ultimo mese.

«Siamo arrivati.» Annunciò improvvisamente Dana. Tea, a malincuore, distolse il suo sguardo da una nuvola dalla forma curiosa per posarlo sulla casa che si stagliava davanti a loro. La residenza del comandante era una villa a due piani piu mansarda con il tetto spiovente e un giardino curato sul davanti.
Alla porta d'ingresso erano presenti altre due SS e quando Dana bussò, aprì una donna di mezza età dall'aria stanca, con un grembiule legato in vita. Senza dire una sola parola, Dana lasciò lì Tea e ritornò al suo lavoro nel campo insieme alla scorta. La giovane ebrea fu invitata da quella donna ad entrare in casa e così la seguì in un ampio corridoio scrutando l'ambiente. I pavimenti erano di legno, i muri di un bianco anonimo abbelliti solo da qualche piccolo quadro raffigurante nature o animali. In un angolino di quel corridoio quasi spoglio, giaceva un solo vaso, di uno splendido blu, con dentro dei fiori freschi. Inoltre, Tea aveva fatto caso che in quel lungo corridoio che stavano percorrendo, vi erano molte porte e tutte chiuse. Solo quella in fondo era aperta ed era proprio lì che si stavano dirigendo. Quando entrarono Tea apprezzò molto la stanza: non era grandissima, ma al centro di essa ospitava un grazioso tavolo di legno con un cestino di frutta sopra, mentre le finestre erano ornate con delle tendine verdi a pois bianchi. Ma quello che apprezzò piu di tutti, fu sicuramente la morbidezza dell'enorme tappeto posto al di sotto del tavolo e su cui, inevitabilmente, affondò i piedi.


«E' arrivata, Her Kommandant.» Solo quando la donna pronunciò quella frase, Tea si accorse della figura alla sua sinistra. Il comandante dava loro le spalle e se ne stava in piedi con le mani dietro la schiena ad osservare fuori da una finestra. Postura ritta, uniforme impeccabile e l'immancabile pistola alla cintura.


Mark si voltò lentamente e Tea, per la prima volta, lo vide senza cappello della divisa. Si passò una mano tra i corti capelli biondi, fece cenno alla donna di andare e si sedette sull'unico divanetto della stanza.

La rosa di AuschwitzWhere stories live. Discover now