Il senso della vita

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A passo svelto, Michael e Ashley seguivano il piccolo Farkas: era mattina, il sole tenue era appena sorto dall'orizzonte e con la sua pallida luce illuminava il loro dubbioso cammino.
Il piccolo correva e i due facevano fatica a stargli dietro.
"Chiedigli dove stiamo andando, stiamo camminando da dieci minuti ormai e ci stiamo allontanando" disse Michael, guardandosi alle spalle.
Lei gli cinse la vita con le braccia: "Dov'é finito il tuo spirito da avvenutirero?"
"Se ne é andato nel momento in cui ha realizzato che stiamo seguendo un bambino di otto anni nella savana. Strano no?" rispose, ironicamente.
Farkas si voltava ogni tanto e sorrideva, tenendo in mano un bastoncino che ogni tanto lanciava,per poi riprenderlo poco più in lá di corsa, come un cucciolo.
"Guarda come é felice. Non possiede nulla eppure sorride". Michael guardava Farkas in totale ammirazione: i bambini erano sempre stati un esempio di vita per lui, la loro natura incorrotta lo affascinava.
Dopo altri venti minuti di cammino, quando ormai anche Ashley iniziava a preoccuparsi, Farkas si fermò e le si rivolse nella sua lingua.
"Siamo arrivati. Ora vedrai"
Con un ultimo sforzo i tre scavalcarono un recinto di pietra bianca.
Michael e Ashley rimasero molto stupiti davanti allo spettacolo che gli si parò davanti: stagliate contro il cielo, centinaia di semplici lapidi polverose.
"Farkas... questo é un cimitero" gli disse Ashley, con le labbra dischiuse e una strana espressione del volto.
Ma Michael aveva giá capito le intenzioni di Farkas e sospirò, in apprensione.
Il bambino annuì: "Io vengo qui a giocare, lontano dal villaggio. Mi piace guardare i nomi sulle tombe, li conosco tutti ormai, e invento storie sulle persone sepolte qui. Ho ascoltato la tua ieri notte e posso aiutarti"

Ashley sentì la terra mancare sotto ai piedi. Dovette reggersi al braccio di Michael, che, anche se non aveva capito le parole di Farkas, le immaginava.
"Coraggio amore. Coraggio" le disse, stringendola per il fianco. Lei combatté per darsi un contegno e respirando lentamente disse: "Fammi vedere".
Fecero lo slalom tra alcune lapidi bianche: su ognuna, con un bastoncino, era stato inciso il nome e la data di morte di ogni defunto. Poi Farkas ne indicò una, un po' in disparte rispetto alle altre. Su di essa, non batteva ancora il sole. Ashley si avvicinò di corsa, col cuore che le martellava dentro il petto.

"Jen Ayara
15 marzo 1981"

Ashley si portò una mano sul petto.

Michael e Farkas si trovavano qualche metro dietro di lei e non osavano avvicinarsi. Sembrava che il tempo si fosse fermato, anch'egli incapace di proseguire il suo corso. Ashley mosse un passo verso la lapide e si sedette, mentre con la mano la ripuliva dalla terra, in silenzio.
M

ichael si sedette accanto a lei senza dire una parola: non era necessario parlare, voleva solo che lei sapesse che lui c'era, voleva che sentisse la sua presenza.
Povera Jen, non meritava di morire così presto, non in quel modo, lontano da tutti. Michael pensò che sotto quella terra, una ragazza identica alla sua Ashley giaceva morta e il pensiero gli percorse la schiena in un brivido di orrore. Istintivamente le prese la mano e la strinse a sé. Ashley piangeva lacrime calde e taciturne, senza fremere, senza singhiozzare. In quel luogo di riposo c'era lo stesso silenzio di quando ancora non vi erano entrati. Michael le scostò i capelli e, ponendole due dita sotto il mento, la costrinse a girare il volto e a guardarlo. Col pollice le asciugò una lacrime dolorosa che le trafiggeva la guancia come una lama.
"Era quello che volevi, trovarla. Ora sii felice amore mio, siete più vicine che mai"
Lei si lasciò andare, perdendo ogni freno. Gli gettò le braccia al collo e lui rimase lì a cullarla dolcemente, sotto lo sguardo imbarazzato di Farkas.
"Speravo che non fosse vero. Non avendo mai visto questa tomba, potevo ancora immaginarla viva" disse lei, tra i singhiozzi.
"Hai la fortuna di poterla vedere ogni volta che ti guardi allo specchio"
"Ed é questo che mi ammazza ogni giorno. Perché io devo vivere e lei no?
Se siamo così uguali potevo esserci io al suo posto"
Michael scosse la testa e con un abbraccio cercò di contenere i suo i fremiti: "Forse hai qualcosa di importante da compiere in questo mondo, hai una missione. Non é ancora il tuo momento, c'é un motivo se tu sei ancora qua"
Ashley alzò lo sguardo e Michael fu trafitto dalla luce che emanavano i suoi occhi ardenti. Una luce diversa, che mai avava scorto in essi.
Ashley si asciugò le lacrime col dorso della mano e con voce sicura disse: "Si, hai ragione. C'é un motivo e io lo scoprirò".
"Ora facciamo silenzio. Vieni qui, poggia la testa sulla mia spalla e non pensare più a nulla"
E cosí fece.
***
ASHLEY'S POV

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