Capitolo 1. "Benvenuti nella mia vita"

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"Le persone sono fatte di luci e di ombre.
Finché non conosci le ombre non sai niente di una persona.
Cerca di vedere le ombre prima delle luci, altrimenti resti delusa."

Il mio nome è Jade, Jade Flores.

Inizio col dire che non sono la solita ragazza che si definisce perfetta, io sono ben diversa: non mi importa se mi si rompe un'unghia, se ho il trucco sbavato, se non sembro una Barbie o se non ho amici; non cerco di somigliare a nessuno. Certe volte mi definiscono: solitaria, depressa, arrogante, scontrosa, meschina e schietta.

Devo ammettere che sono d'accordo con loro.
Questi aggettivi riescono a descrivermi perfettamente.

Frequento il quinto liceo al Stuyvesant High School, una scuola privata, specializzata in matematica e scienza, non so a che cosa mi servirà nella vita, visto che non andrò al college. Forse l'avevo scelta solo perché l'avrebbe fatto mio fratello, forse l'avevo fatto per accontentare i miei genitori, sono loro che mi hanno fatta arrivare sino a qui, io non ho mai fatto niente per essere promossa.
Mia madre fa l'avvocato e mio padre il dottore, non hanno problemi nel gestire le persone, lo so che lo fanno.
Non sono orgogliosi di me, non fanno altro che dirmi che sono la loro delusione, ma a me non importa molto, io sono così e non posso cambiare per loro, non posso cambiare per nessuno.

Ho una dipendenza: la droga.
Non riesco a starne senza, è l'unica cosa che riesce a distrarmi da questo mondo.

E perché una ragazza di soli diciassette anni vuole distarsi dal mondo?
Perché quattro anni fa è scomparso mio fratello gemello e da quel giorno la mia vita non è più andata avanti.

Il posto dove sono adesso è il Teardrop Park.

Un grande parco pieno di rocce.
C'è una parte in cui sopra delle rocce si trova un enorme scivolo, dove di solito giocano i bambini. Io però non vado quasi mai lì, preferisco stare in mezzo al verde, dove ci sono tutti gli alberi e nessun moccioso. Un albero in particolare è il mio preferito, il tronco è abbastanza grande per far salire due persone e sedersi di sopra senza aver paura di cascare dal ramo. Qui poi non ci passa mai nessuno, o perlomeno, non si accorgono mai di me.
Venivo sempre qui con mio fratello Charles.

Accendo lo spinello, inspirando e sentendo l'aroma di erba che tanto mi piace.
Mio fratello sarebbe orgoglioso di me?
No.
L'avrebbe fatto anche lui?
Probabilmente.

Sento in lontananza il rumore delle risate dei bambini, guardo dietro le foglie e riesco a vederli mentre che giocano fra di loro.
Tiro su con il naso e con la manica della felpa asciugo una lacrima che mi è appena scesa dalla guancia.

Non devo piangere.

Non ho amici perché in molti mi sono stati solo per compassione, non perché ci tenessero davvero. Ai tempi avevo una migliore amica, poi si è trasferita e con il tempo abbiamo smesso di sentirci. Ogni tanto mi invia "come stai?", ma nulla di più.

Sono sola.

Per i miei genitori nemmeno esisto ormai, dopo la scomparsa di Charles si sono chiusi in loro stessi, evitano sempre il suo discorso e si tengono sempre impegnati per non pensare probabilmente.
Non lo so, non ne abbiamo più parlato dopo che tre anni fa i poliziotti hanno chiuso il caso.
Credo che sul suo fascicolo ci sia scritto: irrisolto.

Tiro un'altra volta su con il naso.
Nutro tantissima rabbia per quei piedi piatti, non sono riusciti a scoprire nulla, non l'hanno cercato abbastanza.

Missing #WATTYS2017Where stories live. Discover now