Prima di cadere

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Capitolo 02

È come un vento forte che ti colpisce, come la sensazione di venir strappato via da qualcosa a cui ti eri aggrappato e non importa quanta forza ci metti, questa sarà sempre più forte e ti trascinerà lontano. Arriva ed è come uno strappo che parte dallo stomaco fino alla gola e ti senti squarciato, con il cuore che ancora batte troppo forte e la prima reazione che hai non è di aprire gli occhi, quanto quella di contrastare questa sensazione, ancora prima di svegliarti. Perché esistono degli istanti che procedono la veglia, secondi preziosi che hanno il compito di proteggerti al passaggio, che se accelerato sarebbe troppo intenso da sopportare. Come fanno gli incubi, ma non è questo il caso, perché appena i miei occhi si aprono ne incontro altri di un rosso così intenso che sembra essere stato dipinto col sangue.

Rimango in attesa, fermo in quello sguardo che ad ogni secondo scava sempre più affondo da quanto fa male, come il cuore che non ha ancora smesso di correre e che cerco di frenare con una mano che viene bruscamente afferrata e bloccata contro il materasso. «Dove?» mi ringhia sfoderando anche le zanne.

«Cosa?» chiedo perplesso, non capendo di cosa stia parlando. Ho la testa confusa, pesante e sono certo di non aver dormito più di un'ora o due, tanta è la stanchezza che sento ancora addosso.

«Dove. È. Il. Problema?» scandisce a denti stretti e incredibilmente lunghi, ma troppo vicini al mio viso, come il suo respiro che si infrange pesante sul mio mento come quello di uno che ha appena corso. «Stiles»

Pronuncia il mio nome e riprendo inspiegabilmente il respiro che non sapevo di trattenere, insieme al ricordo del motivo per cui l'ho contattato, ed è sufficiente a togliermi l'aria di nuovo. Per essere sostituita da un senso di rabbia, che brucia nel petto. «Non hai da dirmi niente?» gli chiedo duro e il suo sguardo si apre, sorpreso. Per riflettere poi il mio.

«Che cosa dovrei dirti Stilinski?» replica, ma non si fa da parte anche solo per riuscire a sedermi, preferendo stringere la presa sulla mia spalla. Provo a spingerlo via, ma non si smuove di un solo centimetro. «Stiles

«Vuoi smetterla?! Vuoi smetterla di ripetere il mio nome? So come mi chiamo, non c'è bisogno che lo ripeta» aumenta la stressa e gemo per il dolore, mentre i suoi occhi scintillano di rosso e le sue labbra rilasciano un sottile ringhio. «Lasciami» gli ordino e poso la mano sulla sua, ma non molla la presa.

«Prima dimmi che cosa dovrei dirti» stringo le labbra arrabbiato con me stesso, con lui. Possibile che lui non sappia del video? Possibile che sia all'oscuro di tutto?! «Parla. Ora» mi sfugge un lamento al contatto con le sue unghie che premono, ma non incidono. Lo odio.

«S-sul computer!» rispondo esasperato e dolorante, non appena libera la spalla dalla presa. Sempre il solito esagerato. Me la massaggio a lungo e cerco di tirarmi a sedere, mentre lui si avvicina veloce al computer, che squadra come se lo avesse offeso personalmente. Giusto, dimenticavo la sua intolleranza alla tecnologia...

«Stai scherzando?!» mi urla contro, lanciando uno sguardo al mio computer apparentemente spento. «Mi hai mandato un messaggio dicendomi di venire, soloper un problema al tuo computer?» continua ad urlarmi contro e minaccioso si avvicina, ma velocemente mi alzo e mi allontano dal letto. Poso le mani al mobile dietro di me e conto che ho solo due o tre soprammobili da potergli tirare contro, giusto per guadagnare tempo se le cose si mettessero male. Ma poi perché le cose dovrebbero mettersi male? Io ho tutti i motivi e le ragioni per essere arrabbiato con lui, anche se non è stato lui è sicuramente colpa sua. Se lui mi avesse lasciato in pace e avesse tenuto le mani a posto, non saremmo mai arrivati a questa situazione.

HomemadeWhere stories live. Discover now