Capitolo 4

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Lo seguo a debita distanza per non farmi scoprire fino a quando entra nella palestra.
Mi fermo davanti alla porta e mi prendo un attimo per riflettere.

Gli farebbe piacere se qualcuno l'avesse seguito?
Direi proprio di no.
Si metterebbe sulla difensiva?
Certo, soprattutto perché starà, di sicuro, esprimendo una qualche emozione e penserebbe che io sia una spia del Governo.
Sazierebbe la mia curiosità?
Ovvio.

Prendo un bel respiro e spingo la porta per entrare, facendo attenzione a non fare rumore.

La palestra è gigantesca.
Il pavimento il parquet è tirato a lucido e rende la camminata piuttosto difficile, gli spalti in legno giacciono abbandonati sul lato lungo della palestra alla mia destra.
Non si sente alcun rumore, se non quello del mio respiro.

"Dove si è cacciato?" penso, mentre attraverso il campo.

Sento un piccolo rumore provenire dalla parte della palestra in cui ci sono tutte le varie attrezzature, più precisamente sento il rumore di un sacco da box che viene ripetutamente colpito da qualcuno.

Mi avvicino sempre di più, fino ad entrare in quella parte.

Lo stesso ragazzo di prima sta prendendo a pugni quel povero sacco e alcune gocce di sudore imperlano il suo corpo.
I suoi muscoli si contraggono ad ogni colpo e non posso smettere di fissarlo rapita.
Sembrerebbe un ragazzo dolcissimo, se visto in condizioni "normali", ma adesso...

《Che ci fai qui?》mi chiede.
Non mi sono accorta che ha fermato il sacco ed ora mi sta guardando con i suoi grandi occhi azzurri.

Noto che non ha più quel fuoco dentro di sé e mi sto domandando il perché.

《Ero solo curiosa.》ammetto, con un'alzata di spalle.
《Ora che ho sfamati la tua curiosità, puoi anche andartene.》conclude, freddo, indicando la porta.
Sento uno strano calore invadermi il corpo e non è una sensazione che mi piace.《Volevo solo vedere che cos'era, ma siccome sei uno stronzo e con te non si riesce a parlare civilmente che ricevo spallate che mi fanno volare per te, ho capito cos'è quella sensazione, perché ora sta logorando anche me!》sputo le parole come se fossero veleno.

"Ma che mi prende?" penso.

Il ragazzo mi guarda per un attimo perplesso e poi scoppia a ridere. 《Quella si chiama rabbia tesoro.》
《Non mi chiamarmi tesoro, ho un nome sai?》incrocio le braccia, stizzita.

Questo ragazzo inizia a darmi fastidio.

《E qual'è? Sentiamo.》chiede, divertito.
《Sarah.》rispondo.
《Joshua.》si presenta. 《Come hai fatto a riconoscerla?》
《Cosa?》
《La rabbia.》

Si è fatto improvvisamente serio ed io non so che rispondere.
Ad un certo punto, me lo ritrovo a un palmo dal naso e sento, fin sulle ossa, la sua rabbia mista alla paura.

《Sri una spia per caso? Se lo sei, non uscirai viva da qui.》sibila.

La sua minaccia mi fa rabbrividire.
Non riesco a sostenere il suo sguardo, così abbasso la testa e la scuoto, in segno di disapprovazione.

《E allora come fai a riconoscerle?》mi stringe per un braccio e il suo tono non si addolcisce.
《Io...io riesco a riconoscere le emozioni degli altri, sono nata così.》sussurro, un po' impaurita.
Lui molla la presa dal mio braccio, istintivamente metto la mano dove prima c'era la sua e domanda, sorpreso:《Com'è possibile?》
《Non lo so...》rispondo, facendo un passo indietro per allontanarmi un po' da lui.《So solo che le sento dentro di me e il mio inconscio mi spinge verso le altre persone, ad avere rapporti con loro, ad aiutarle. So che devo fare qualcosa ma non so cosa.》
Ora sento la sua preoccupazione.《Non devi dirlo a nessuno, nessuno deve saperlo.》
Alzo lo sguardo e domando, confusa:《Perché?》
Joshua si guarda intorno per poi rispondermi:《Non adesso, non ora. Ora va via e ricorda: io e te non abbiamo mai avuto questa conversazione.》

Non so perché ma gli dò retta e mi allontano da lui, andando verso il parcheggio.

Quella conversazione mi ha lasciato troppo perplessa.

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