Alexa

362 18 1
                                    




       

Faceva male guardare il suo viso.

Santo cielo, ero innamorata di lui e lo capii nell'istante in cui i suoi occhi verde ambrato si posarono su di me per la prima volta.
Ryan non era mai stato il tipo d'uomo che una ragazza come me avrebbe guardato, eppure era successo. Sotto quella barba scura si nascondevano un viso dolce e un sorriso raro che però stavo lasciando, anche se lui era troppo orgoglioso per ammetterlo, e quella sua inflessibilità non faceva che aumentare la mia collera.
Non eravamo una coppia. Quell'uomo bellissimo era entrato nella mia vita proprio quando ne avevo più bisogno e lo aveva fatto senza chiedermi alcun permesso. Solo dopo avevo scoperto che per lui ero solo un compito - della durata di una vita intera - da portare a termine, e sapere come stavano realmente le cose tra noi faceva più male di una pugnalata alle spalle.

«Non riesco a gestire questa situazione, Ryan» iniziai. «Non era nelle mie intenzioni essere un peso per te» aggiunsi. Non era mia intenzione innamorarmi di te, pensai amara. «Toglierò il disturbo, non dovrai più preoccuparti né occuparti di me» conclusi.

Ryan mi guardò severo e tuonò, puntandomi il dito contro: «L'ho promesso a tuo padre.»

«Maledizione, Ryan!» dissi furiosa. «Non sono un cucciolo abbandonato!» aggiunsi imprecando.

Era tipico di Ryan ignorare il vero problema nelle situazioni. Il suo cuore era protetto da un'armatura che nessuna donna era mai riuscita a togliere. Era il miglior giocatore che mio padre avesse mai avuto nella sua squadra di football e sul campo, esattamente come per i suoi sentimenti, non ammetteva debolezze da se stesso.

Conoscevo già Ryan ancor prima di incontrarlo grazie alle storie che mio padre mi aveva raccontato per telefono - quando riuscivamo a sentirci - da quando avevo vent'anni. Ryan ne aveva pochi in più di me quando mio padre lo aveva preso sotto la sua ala protettiva, ospitandolo a casa sua fino a quando non era riuscito a guadagnare abbastanza soldi da potersi mantenere da solo. A ventidue anni Ryan era un ragazzo solo, senza una vera famiglia, abbandonato da tutti. Per mio padre, però, Lui era il figlio che non aveva mai avuto. Gli aveva insegnato tutti i segreti del football - anche se sembrava che quel ragazzo avesse un talento naturale per quello sport - e, in parte, anche quelli della vita.

In campo Ryan si muoveva come un'aquila che volava alta nel cielo, con grazia e determinazione. Peccato che nei rapporti umani fosse freddo e distante. Odiavo con tutta me stessa le persone che lo avevano ridotto a diventare quel tipo di uomo, a partire dai suoi genitori biologici fino ad arrivare a quelli affidatari.

«Mio padre è morto da un anno, la tua promessa è spirata insieme a lui. Hai fatto abbastanza, ora puoi ritenerti un uomo libero, Ice Man» dissi guardandolo in faccia e il suo viso si contorse in una smorfia furiosa. Era la prima volta che lo chiamavo con il soprannome che i suoi compagni di squadra gli avevano affibbiato e dovevo ammettere che quell'etichetta gli si addiceva, anche se una parte di me credeva di essere riuscita in qualche modo a scalfirla.

«Siamo amici, Alexa, buoni amici» disse, e io scossi la testa e gli voltai le spalle del tutto. Amici... Per lui eravamo solo quello. Con quelle parole Ryan mi stava confermando ciò che il mio cuore aveva già capito da tempo. «Non ti correrò dietro, e se pensi che lo farò, ti sbagli.»

Non avevo mai chiesto nulla a Ryan se non il permesso di sciogliere il ghiaccio che ingabbiava il suo cuore perciò, dopo aver preso atto del mio fallimento, feci un respiro profondo e uscii da casa sua senza voltarmi indietro.
Non gli avrei mai permesso di vedere le lacrime scorrere sul mio viso, non volevo più essere compatita.
Volevo essere amata.

Sarà perchè sei tuWhere stories live. Discover now