Prologo

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Ero arrivata in Canada da meno di tre ore e mi trovavo in centro a Toronto con mio cugino Mike, per una serata tra amici. Non avrei mai pensato che mi sarei sentita così a mio agio in mezzo a dei parenti che conoscevo solo grazie a delle vecchie foto di famiglia o ai commenti sui social.

Una quindicenne come me, che non aveva un particolare dono per le lingue, si sentiva completamente smarrita in un paese straniero. Certo, ero lì con i miei genitori, ma le novità mi mettevano sempre una certa soggezione.

Appena scesi dall'aereo eravamo stati stretti in abbracci affettuosi da Angie e John, i genitori di Mike. Angie era la cugina di mio padre, figlia del fratello di mia nonna, ed era nata in Canada. Spesso mi ero ritrovata a pensare con un po' d'invidia al fratello e alle sorelle di mia nonna, che avevano scelto di trasferirsi in Canada quasi quarant'anni prima, mentre i miei erano rimasti in Italia, ad abitare in un piccolo paesino non troppo lontano da Milano. Almeno, la vicinanza con quella città era provvidenziale, se avessi avuto voglia di fare dello shopping con le amiche. Avevo la testa sulle spalle e sapevo come evitare di cacciarmi nei guai, quindi i miei mi concedevano il permesso di fare quasi tutto, purché promettessi che non avrei combinato danni.

Così, quella sera di metà agosto, ero salita per la prima volta su un pick up enorme, come se ne vedono raramente in Italia, e John ci aveva accompagnati nel centro di Toronto, dove avevamo appuntamento con gli altri amici di Mike.
Ero emozionata e incerta della mia mise, dei semplici pantaloncini corti di jeans e una canottiera rosa, non troppo scollata. Più che altro mi preoccupava la faccia che dovevo avere, dopo il volo in aereo di oltre otto ore; era stato il primo viaggio così lungo per me. Eppure era sabato sera e non mi andava di starmene a casa con i grandi, avevo sonnecchiato un pochino durante il volo e mi reggevo ancora bene in piedi.

Sognavo di visitare Toronto da anni e scalpitavo per vedere dal vivo la CN Tower. In quell'occasione non sarebbe stato possibile salirci, ma Angie e John ci avevano già illustrato un programma perfetto per le settimane seguenti. Mio padre mi aveva accennato del fatto che ci avrebbero viziati e trattati con il massimo riguardo, erano persone di una generosità infinita, sia loro, che gli altri nostri parenti lì in Canada.

Scesi dal pick up di John con un balzo e Mike mi imitò, poi mi si rivolse, parlando lentamente in inglese: «Tutto bene?»
Annuii e lo seguii dall'altra parte della strada. Ci dirigemmo verso Starbucks, dove avevamo appuntamento con i suoi amici. Spalancai gli occhi, per non perdermi niente di quella città così diversa da quelle italiane a cui ero abituata. Grattacieli altissimi, pick up, auto e locali che da noi vedevamo solo nelle serie TV.
Mike mi indicò un punto e io rimasi con la bocca aperta.
«Quella è la CN Tower. La conosci?»
«Certo. È stupenda, tutta illuminata!» esclamai, poi mi bloccai perché un paio di ragazzi ci stavano venendo incontro.

Dissero qualcosa a Mike e mi indicarono, ma parlavano troppo in fretta e non riuscii a capire cosa stessero dicendo. Sperai che non continuassero così tutta la sera, o mi sarei sentita esclusa.
A un certo punto mio cugino si accorse del mio imbarazzo, perché mi presentò i suoi amici, un ragazzo e una ragazza, scandendo bene le parole a mio beneficio.
«Loro sono Steve e Mandy. E quello che sta arrivando di corsa è Shawn!» esclamò infine, con una risata.
Mi voltai a guardare il nuovo arrivato, che si bloccò a un metro da noi per riprendere fiato.

Capii poco di ciò che disse, probabilmente si stava scusando per il ritardo o qualcosa del genere. Già non avevo una buona comprensione dell'inglese, soprattutto dell'accento canadese che era diverso da quello che studiavo a scuola, in più ero distratta dagli occhi e dal sorriso stupendi dello sconosciuto.
Mi fissò incuriosito a sua volta e io mi sentii avvampare. Per fortuna anche gli altri sembravano vestiti in maniera casual e non dovevo vergognarmi del mio look.
«Questa è Margherita, una mia cugina che è venuta dall'Italia per trascorrere qui le vacanze. Capisce piuttosto bene l'inglese, se parlate lentamente.»
«Ciao, benvenuta!» esclamò Mandy e mi strinse in un breve abbraccio, che ricambiai. Diedi la mano a Steve, il ragazzo di Mandy e infine a Shawn, che mi sorrise lasciandomi senza parole. Poi ripeté il mio nome, per accertarsi di averlo capito bene.
«Margherita, come la pizza» disse, mangiandosi un po' la e e ammorbidendo di molto la t, alla maniera tipica degli anglofoni. Fu come se il mio cuore avesse saltato un battito, nessuno aveva mai pronunciato il mio nome in quella maniera così sbagliata eppure adorabile. Non ebbi cuore di correggerlo.

Da quell'estate || Shawn MendesWhere stories live. Discover now