Capitolo 31

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Ho sempre odiato gli addii.

Non ho mai voluto ascoltare quel tipo di canzoni che ti fanno piangere ripensando all'ultimo saluto dato ad una persona, ho sempre spento la televisione prima che i protagonisti della commedia romantica si dicessero addio, ho sempre alzato gli occhi al cielo quando vedevo le coppiette baciarsi per darsi l'addio in stazione.
Non mi sono mai piaciuti, portano solo tristezza e dolore, fa male guardare per l'ultima volta gli occhi di qualcuno a cui tieni o dover memorizzare l'abbraccio di una persona per poterlo ricordare a lungo, forse è per questo che ho cercato di dire addio a meno persone possibili all'istituto, forse è per questo motivo che ho evitato di salutare per l'ultima volta Luke, per evitare di soffrire ancora.

Una cosa che però ho sempre amato sono i ritorni.

Ovviamente non intendo quel tipo di ritorni da film romantico dove la ragazza correndo scende dal treno per poter riabbracciare il suo amore o quei ritorni commuoventi di qualche parente che fanno sempre piangere e commuovere i deboli di cuore, no, io intendo i finali da diva, quelli sono i migliori.
Quei ritorni a sorpresa che nessuno si aspetta ma che arrivano sempre, quel momento in cui la peggiore stronza fa il suo ritorno in scena con un bell'abito firmato e i capelli piastrati alla perfezione, quei ritorni che lasciano tutti a bocca aperta, quei ritorni che si concludono con una frase tipo; sono tornata stronzi.

Ed ovviamente una diva come me non può che aspirare ad un ritorno del genere, giusto?

Ecco perché sono ferma immobile davanti alla porta di casa mia, con le valigie accanto a me e la mano sospesa accanto al legno bianco del portone d'ingresso, non so cosa mi sta frenando dal bussare o dal suonare il campanello, non credo sia paura, non c'è niente che mi spaventa lì dentro, però allo stesso tempo so che non appena ritornerò in casa una parte di quel che ho vissuto si cancellerà, non entrerò nella mia stanza spoglia che tanto odiavo all'istituto, non sentirò più le risate dei ragazzi che trovavo così irritanti, e probabilmente non sarò più la Rebecca che ero in quel luogo e tornerò la vecchia me stessa.

Ma non posso essere triste giusto? Ho sempre amato questa vita, i miei genitori sicuramente faranno i salti di gioia nel rivedermi, proprio come il mio fratellino e tutti gli altri.

Finalmente riesco a bussare alla porta e dondolo sui miei tacchi mentre attendo in silenzio una risposta dall'interno che non tarda ad arrivare infatti dopo neanche trenta secondi la porta si apre rivelando il maggiordomo che mi osserva per qualche istante prima di alzare il sopracciglio confuso e sorridermi cortesemente.
"Hey" Dico alzando la mano in un saluto e lui si risveglia subito e senza guardarmi negli occhi si affretta a prendere le mie valigie impaurito e portarle dentro casa lasciandomi fuori dalla porta con la mano ancora in aria.

Okay, del resto l'unico tipo di conversazione che ho mai avuto con lui era limitata ad ordini e rimproveri, non posso di certo essergli mancata.

"Chi era alla porta Freud?" Riconosco subito la voce di mia madre che arriva in salotto con il suo vestito verde smeraldo attillato e con i suoi tacchi alti che mettono in evidenza le sue gambe pallide e toniche per la sua età, la osservo in silenzio mentre si sistema i capelli corti .e  chiari dietro le orecchie abbellite con orecchini di diamanti prima che il suo sguardo si posi su di me e tutto si immobilizzi per qualche istante.
Le sorrido dolcemente e lei rimane con gli occhi spalancati per qualche secondo prima di rilassare il volto e guardarmi con un sopracciglio alzato.
"Sei già tornata dal centro di bellezza?" Chiede ed io corruccio lo sguardo confusa.
"Centro di bellezza?" Chiedo e lei annuisce.
"Non sei andata li per questo mese? Allora come è andata? Non credo bene visto che ti noto leggermente ingrassata sui fianchi" Dice lei lanciando una lunga occhiata al mio corpo ed io annuisco prendendo la sua idea come scusa plausibile.

UNCOVER// LUKE HEMMINGSWhere stories live. Discover now