3- Landon

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E' davvero difficile alzarmi da questo letto con questa fasciatura, ho un dolore che mi lacera, ma taccio pur di tornare a casa e non rimanere ancora un altro millesimo di secondo quì dentro. Odio gli ospedali, c'è troppa puzza di medicinali e vedere molte persone che pur di essere serviti preferiscono stare male... a volte ne approfittano della comodità ospedaliera. Sarò senza cuore, ma io sto bene, la mia sorellina pure... Del resto non mi interessa di nessuno! A differenza di questa ragazza, Katie, che sembra essere cordiale con tutti... chi è amico di tutti non è amico di nessuno!

La guardo accarezzare la guancia di quel bambino ancora a letto, da quando la dottoressa l'ha chiamata sembra essere più preoccupata: avrà da dirle qualche brutta notizia che riguarda questo Leo? Vede che la osservo e mi volto subito, salgo su questa specie di carrozzella e mi incammino, con Flam al mio fianco, verso la porta di uscita dove mi attendono i miei "magnifici" genitori.

<< Landon! >> Urla mia madre con le lacrime agli occhi, precipitandosi verso di me tentando un abbraccio, ma la devio. << Ma che hai fatto? Non ti sei mai ridotto così a pezzi! >> Mi squadra dalla testa ai piedi notando qualche ferita e porta le mani in bocca, propensa a piangere.

<< Non cominciare, mamma! Per favore eh! Sto bene, portatemi a casa e basta! >>

Mio padre rimane appoggiato alla macchina guardando la scena in silenzio.

<< Dagli una mano a salire in macchina, no?! >> Gli suggerisce mia madre quasi piagnucolando. Lui si avvicina a me, ma faccio in tempo a fermalo alzando il braccio in segno di disapprovazione. << No grazie, faccio da solo! >>

<< Ma come l'hai concepito 'sto ragazzo?? E' proprio un figlio di... >>

<< ... di? Avanti dì la parola! Mezzo uomo, dilla!! >> Risponde minacciosa lei avvicinandosi verso mio padre. << Sei solo un uomo di merda, non hai alcun diritto di giudicare nessuno, non riesci a portare i pantaloni! >>

<< Oh!! Levati di qua!! >> La la spinge aggressivamente e urlando.

Stanno ancora litigando, non smettono mai...

Guardo Flam che si ottura le orecchie e chiude gli occhi per non vivere tutto questo schifo, per l'ennesima volta. Non posso fare nulla, non posso nemmeno guidare per portarla via da quì. Ma mi rendo conto che l'ospedale è vicino casa. Abito in un piccolo paesino e per fortuna tutti i luoghi sono vicini tra loro.

<< Flam! >> La chiamo quasi urlando per farmi sentire e per coprire le voci dei miei. << Flam! >> Ripeto. L'angioletto apre gli occhi e mi guarda. Faccio segno con la mano per farla avvicinare. << Andiamo al parco? >> Le giunge un sorriso inavvertitamente.

<< Mi ci porti davvero? Ma... devo ancora farmi i compiti. >>

<< Li faremo dopo, andiamo! >>

<< Ma sei con la sedia a rotelle! >> Mi guarda e ride. E' così dolce...

<< Vuol dire che andremo più veloce! Monta su! >> La incito, lei si avvicina saltellando e si siede sulle mie gambe.

<< Pronta? >>

<< Viiiiaaaa! >> Esclama, gridando di gioia.

Così andiamo davvero via, lontano dagli adulti che non fanno altro che portare rancore dentro il cuore di noi giovani, ma soprattutto nel cuore di una povera innocente succube di questi disastri famigliari.

Una volta arrivati al parco mi adagio sotto un albero, all'ombra, mentre Flam corre da un giostra all'altra. Qualche volta urla il mio nome per farsi guardare ed io puntualmente le sorrido. Nonostante il dolore alla tibia e alle costole sono felice di essere quì con mia sorella: la tengo lontano dal casino dei miei e mi rallegro quando la vedo ridere di gusto.

Ho vissuto davveroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora