La mia stanza

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Appena entro in casa, vedo l'infinità di polvere posata sui mobili. Mi viene da ridere, perché so che toccherà a me ripulire tutto quanto. Poggio a terra alcuni scatole che avevo precedentemente preso, e gironzolo per casa finché non trovo la mia stanza in cima alle scale. É molto buia benché siano ancora le cinque di pomeriggio. C'è un letto in ferro bianco, semplicissimo. Cerco di togliere il materasso sudicio standomi attenta ad alcune molle ribelli, che escono fuori. Mi accorgo che c'è un panno con qualcosa dentro, lo prendo e lo poggio sulla scrivania di legno. Cerco di trascinare il materasso per la camera, ma fatico. Così, mi viene la brillante idea di buttarlo dalla finestra. La apro, è abbastanza larga da poterlo passare attraverso. Ci infilo la testa sotto, e cerco ti centrare la finestra, faccio un paio di passi prima di sentire un tonfo.
<< Anna, ma cosa diamine combini?! Ti è saltato il cervello>>, <<Poteva esserci qualcuno sotto, te ne rendi conto?>>
<<Mamma, sono quasi le sei, qui le persone si chiudono in casa per la paura, non c'è anima viva, al massimo avrei ucciso un ladro>>. Scoppio a ridere e lei sorride, sa benissimo che ho ragione, in fondo anche lei non voleva vivere qui in periferia.
Scendo giù a spostare dell'entrata il materasso e lo trascino sul bordo della strada, sperando quanto prima che un netturbino lo prelevi.
<< Anna, hai voglia di uno spuntino, mi racconti qualcosa?>>
Rispondo seccata: << Sai che non ho più 7 anni, non farmi sembrare una bambina>>.
<<Scherzavo, non prendertela. per un momento potresti mettere da parte il tuo nervosismo? >>
<< Comunque se vuoi proprio, puoi prepararmi un sandwich. Portalo in camera se puoi>>. Mentre lo dico traspare il mio orgoglio nel sentirmi grande.
Salgo nel mia stanza, cerco di dare una sistemata e poi inizio a gonfiare un materasso ad aria. A me piace un sacco, lo trovo molto più alla mia portata. Poi, siamo poveri non possiamo permetterci un materasso vero ogni volta che ci trasferiamo. Sul materasso c'è una scritta in pennarello bianco "resterai il mio domani", me ne ero dimenticata, eppure mi ha generato grande fatica adesso ricordarla.
Entra la mamma senza bussare alla porta << Fatto, ecco a te>>.
Non faccio in tempo a ringraziarla, non é abituata ai miei grazie, che mi chiede perché ancora non l'abbia cancellata quella scritta.
Le rispondo seccata << E' difficile separarsi dai ricordi soprattutto da quelli che diventano spiacevoli, finiamo per coprirli e quando ritornano succede che riviviamo nuovamente tutto nella nostra testa. >>
Le si irrigidisce il viso << Se hai voglia di parlare sono giù>>.
<< Okay>>.

Non so se voglio parlare, ma qualcosa mi esplode dentro.
Così finisco per sistemare le mie cose a caso, perché la mente é su qualche costellazione di sofferenza.
Mi stendo sul letto, e fisso il soffitto. É umido, c'è muffa. Mi mette ancora più tristezza. Perché tutto tende a logorarsi?
Meglio non pensarci, altrimenti finisco in un vortice di non risposte.
Sono le 20:36, almeno é quello che indica la sveglia.
Vado aiutare la mamma a cucinare, magari riesce a farmi calmare.
Cercherò di non raccontarle tutto, non può soffrire anche lei.

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⏰ Last updated: Apr 12, 2017 ⏰

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THE URBAN LOVE- Quando l'amore può colmare le nostre crepeWhere stories live. Discover now