1. 1991

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Harry si guardava intorno mentre la puzza di ospedale gli invadeva le narici, odiava quel posto. Lo aveva sempre odiato.

«Haz, tutto okay?» Gli domandò Anne che aveva salda nella mano destra il borsone con i vari vestiti del ragazzo riccio. Harry annuì sorridendo leggermente.

Stava bene.

Sì.

La donna sospirò pesantemente mentre continuavano la strada verso la stanza 1991 nel reparto di oncologia, ella aveva un'espressione malinconica che le adornava il volto mentre le occhiaie ben visibili fungevano da testimone del suo poco riposo.

Harry, invece, osservava interessato il pavimento lucido che calpestava con i suoi stivaletti di camoscio, era bianco ed immacolato. Il diciassettenne non aveva intenzione di alzare lo sguardo da lì e, solo una volta arrivati davanti a quella porta bianca con sopra una targhetta con il numero "1991", alzò lo sguardo notando quanto fosse priva di personalità.

Anne bussò leggermente non ricevendo alcuna risposta, così i due entrarono notando quanto fosse spaziosa quella stanza.

La debole luce del sole di settembre filtrava dalla finestra che affacciava sul mare costeggiato da tanto verde. Se non si fosse trovato in quella situazione, Harry, probabilmente sarebbe corso lì senza indugiare.

Ma non poteva.

Anne posò mutamente il borsone sul letto libero ed Harry posò lo sguardo sul lettino posto sotto la finestra che dava sul corridoio ospedaliero; delle lenzuola bianche immacolate erano sistemate in modo adeguato mentre, su di esso, vi era una coperta di pile verde chiaro che ricordava vagamente il colore dei suoi occhi. Il muro, dal canto suo, era imbrattato da vari graffiti ed Harry si chiese come avesse fatto il ragazzo con il quale condivideva la stanza a non ricevere nessuna lavata di testa dagli infermieri.

I vari spruzzi di vernice erano colorati e, al ragazzo dai capelli ricci, misero un po' di serenità in quel posto orribile.

In seguito, fece vagare lo sguardo e vide una targhetta appesa disordinatamente sul muro, essa indicava molto probabilmente il nome del ragazzo della stanza 1991.

Louis.

Era questo il suo nome.

Harry si risvegliò dai suoi pensieri quando sua madre, preoccupata, posò una mano sulla spalla destra di suo figlio.

«Harry, non preoccuparti okay?» disse dolcemente abbracciando da dietro una delle due ragioni della sua vita «Ne uscirai, puoi farcela leoncino.»

Anne aveva sempre chiamato Harry così a causa dei suoi folti capelli ricci che, spesso -quando erano scombinati-, gli davano l'aria buffa di un vero leone.

Il diciassettenne sentì le lacrime materne bagnargli la schiena che era coperta dalla solita felpa XXL, udì i singhiozzi di sua madre e gli si strinse il cuore, infatti si girò ed intrappolò Anne in un abbraccio stretto; così stretto che temette di poterla rompere.

«Scusate l'interruzione..» una voce si fece largo nella camera facendo staccare Harry dalla donna «Il primario vorrebbe parlare con la signora Styles.»

Disse il tirocinante, Harry annuì lentamente lasciando andare sua madre che lo salutò con un bacio sulla guancia.

«Harry, giusto?» Chiese il ragazzo sconosciuto, il riccio annuì silenziosamente alzando lo sguardo.

Il camice bianco si adagiava sul suo corpo snello mentre i capelli biondi -sicuramente tinti- si sposavano perfettamente con la sua pelle chiara, gli occhi azzurri come il cielo erano vispi ed il sorriso rassicurante fece rilassare Harry.

«Sono Niall..» sorrise marcando il suo accento irlandese «Non preoccuparti Harry. Sarai come a casa»

Il riccio annuì rifiutandosi di spiccicare parola, in quel momento voleva solo accovacciarsi tra le coperte e scomparire per sempre.

Per sempre.

Gli sarebbe piaciuto così tanto.

«Il gatto ti ha mangiato la lingua?» Continuò il tirocinante senza l'intenzione di andare via. «Fa schifo questo posto, lo so, è normale che tu la prenda così.» Concluse avvicinandosi ad Harry e posandogli una mano sulla spalla.

«Sì, okay..» sospirò Harry parlando per la prima volta rendendo la sua voce più roca del solito.

«Tra poco arriverà Louis.» Lo avvertì Niall «Non è un tipo amichevole, cerca di andarci d'accordo. Ha bisogno di un amico qui dentro, proprio come te.» concluse sorridendo lievemente.

Il diciassettenne annuì mentre l'irlandese sparì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle. Fu lì che Harry, accovacciandosi sul suo lettino spoglio posto sotto la finestra che proiettava il lontano skyline londinese, crollò.

Lasciò che le lacrime gli rigassero le gote perché in quel momento fu inevitabile, le asciugò con la sua felpa facendo dei sospiri profondi e tossendo in seguito.

Odiava ogni istante che passava in quell'orribile luogo.

1991 || L.S.Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu